Sede di numerosi stati post-sovietici e definita per anni come il “cortile di casa della Russia”, l’Asia Centrale rappresenta lo scenario operativo ideale attraverso cui è possibile controllare e influenzare ciò che accade a ridosso di due continenti. Tra i paesi emersi dall’ombra del dominio sovietico, il Kazakhstan è sicuramente la nazione cardine della regione. Complice anche l’invasione russa dell’Ucraina, il gigante euroasiatico ha assunto nel tempo un ruolo sempre più importante come fornitore di energia verso l’Europa, accrescendo contestualmente la sua importanza nel commercio Est-Ovest sino a diventare un attore rilevante in grado di vantare una propria autonomia geopolitica.
Dopo essere stata a lungo considerata come il “cortile di casa della Russia” e un territorio geopoliticamente inerte, l’Asia Centrale è tornata prepotentemente al centro di un rinnovato interesse internazionale, anche e soprattutto in virtù della sua posizione strategica che la rende un ponte tra Europa e Asia.
Con la dissoluzione dell’Unione sovietica e di fronte alla necessità di costruire da zero identità nazionali autonome, riconvertendo contestualmente gli obsoleti sistemi economici di impostazione sovietica per adeguarsi alle esigenze di un mondo sempre più globalizzato, le ormai ex repubbliche sovietiche della regione hanno intrapreso negli ultimi vent’anni un percorso obbligato verso un consolidamento della propria sovranità. Ma è soltanto in tempi recentissimi, complice anche l’inesorabile assottigliamento dell’influenza del Cremlino nella regione, accelerato dall’invasione russa dell’Ucraina iniziata nel 2022, che la posizione sul piano geopolitico di alcuni paesi dell’Asia centrale si è consolidata in modo sempre più esplicito. Uno degli esempi più fulgidi in tal senso è il Kazakhstan, diventato il player principale nella regione, conteso da grandi potenze (Cina, Russia, Turchia) desiderose di portare Astana nella propria sfera d’influenza.
Negli ultimi anni, il gigante euroasiatico ha compiuto progressi significativi nel campo delle nuove tecnologie, implementando l’intelligenza artificiale, il 5G e la tecnologia Smart City per promuovere la ricerca e lo sviluppo, l’e-commerce, il finanziamento del rischio e lo sviluppo fintech. Nel 2018, il Kazakhstan ha creato un polo di innovazione finanziaria e tecnologica, l’Astana International Financial Centre, che grazie alla sua posizione punta ad attrarre investimenti da parte di paesi provenienti dall’Asia centrale, dal Caucaso, dall’Unione Economica Eurasiatica (EAEU), dal Medio Oriente, dalla Cina occidentale, dalla Mongolia e dall’Europa.
Direttrici e orientamenti del Kazakhstan dopo l’indipendenza
Subito dopo l’indipendenza, dichiarata il 16 dicembre 1991, il primo presidente del Kazakhstan, Nursultan Nazarbayev, si è impegnato nel rilanciare lo sviluppo dell’ex repubblica sovietica istituendo nuove riforme giudiziarie per affrontare la corruzione e attuando vari programmi come la strategia “Kazakistan 2050”, che mirava a rendere il gigante euroasiatico uno dei trenta stati più sviluppati del pianeta entro la metà del secolo.
Per raggiungere il definitivo superamento della pianificazione centralizzata in favore di modelli “aperti” sempre più orientati al mercato, Nazarbayev applicò alla lettera l’adagio secondo cui “viene prima l’economia, dopo la politica”. Sulla spinta di questa trasformazione neoliberale, il paese iniziò ad attirare investitori stranieri nel settore degli idrocarburi, e in quello estrattivo grazie alle enormi riserve di uranio e carbone. Nel 1992 la neocostituita compagnia nazionale Kazakh Oil accolse il gigante statunitense Chevron nella joint venture Tengizchevroil, la prima società a capitale misto del Kazakhstan, sottoscritta da Nazarbayev in persona.
Ma ben presto i nodi e le storture della modernizzazione neoliberale vennero al pettine. Nel corso degli anni Novanta e nel primo decennio del 21° secolo, le dinamiche economiche, politiche e sociali alla base della trasformazione del Kazakhstan hanno escluso sistematicamente dal benessere gran parte della popolazione, la cui insoddisfazione si è manifestata ciclicamente nel tempo, fino all’epilogo della grave crisi scoppiata nel gennaio 2022.
La scelta di Nazarbayev di costruire la spina dorsale del paese su un sistema neo-patrimoniale, al cui vertice risedeva una ristretta classe dirigente garantita nelle sue funzioni di comando dai paradisi offshore occidentali, si è rivelata nel tempo inadeguata. I grandi cambiamenti nell’economia politica globale verificatisi nell’ultimo decennio hanno costretto il gigante euroasiatico a rivedere la propria strategia d’azione e a intervenire in profondità anche nella sfera politica.
Le riforme politiche sotto la presidenza Toqaev
Durante la presidenza di Nazarbayev, il Kazakhstan rivestì il ruolo di appendice fornitrice di materie prime per conto del sistema capitalista mondiale, ricevendone in cambio sostegno politico e risorse finanziarie. Ma nel 2019 dopo le dimissioni di Nazarbayev, la necessità di operare una diversificazione dell’economia del paese divenne una questione non più procrastinabile. E per quanto alcuni progetti di riforma sul piano politico e costituzionali fossero già stati avviati durante l’ultimo periodo della presidenza dello storico leader kazako, è con l’elezione Kassym-Jomart Toqaev che l’agenda delle riforme si concentra esplicitamente e simultaneamente sulla trasformazione dei settori politico ed economico.
L’azione riformatrice di Toqaev si è concentrata sulla creazione di nuove istituzioni con funzione di controllo, come il Consiglio nazionale della fiducia pubblica, che riunisce funzionari governativi e membri rispettati della società civile. Sotto la presidenza Toqaev il paese ha fatto importanti passi in avanti sul piano della tutela e del riconoscimento dei diritti umani. Tra le riforme più importanti, la ridefinizione del ruolo delle forze dell’ordine nella società kazaka, demolendo il modello dell’era sovietica in cui la polizia era pensata come strumento dello Stato, a favore di una moderna forza di sicurezza pubblica che fornisce servizi ai cittadini; la trasformazione del sistema giudiziario, con la separazione dei pubblici ministeri dai giudici, il rafforzamento dei poteri e delle prerogative del parlamento e l’espansione delle procedure democratiche a livello locale.
A rendere ancor più decisivi gli sforzi promossi da Toqaev per combattere la corruzione, aumentando la pluralità e la competitività nella vita politica della popolazione kazaka, è il contesto di riferimento nel quale queste trasformazioni avvengono. Astana si è infatti impegnata a rafforzare la partnership con le organizzazioni internazionali (non solo l’OCSE, ma anche l’UNDP, l’OSCE e, più recentemente, il GRECO) che hanno fornito indicazioni su come incorporare gli standard internazionali nelle riforme nazionali. I risultati di questo lavoro sono già stati misurati in base ai progressi compiuti dal Kazakistan su diversi indici di corruzione, tra cui l’indice di percezione della corruzione di Transparency International e gli indicatori di governance delle banche mondiali.
L’evoluzione della politica estera “multivettoriale” kazaka
Per tentare di schermare l’influenza delle grandi potenze interessate a prendere stabilmente possesso della regione, i paesi dell’Asia centrale hanno sempre cercato di non appiattirsi troppo su posizioni strategiche unilaterali, rinunciando a una scelta di campo netta. Tra gli attori regionali, il Kazakhstan ha sfruttato al massimo questa tendenza, intraprendendo una politica estera sempre più “multivettoriale”. Ancora una volta, il principale sponsor di questa linea politica è stato l’ex presidente Nazarbayev che ha sempre sostenuto “lo sviluppo di relazioni amichevoli e prevedibili con tutti gli Stati che svolgono un ruolo significativo negli affari mondiali e sono di interesse pratico per il Paese”.
Tra i principali vantaggi di queste politiche, vi è la rinnovata sinergia degli Stati dell’Asia centrale che hanno iniziato a lavorare insieme per accelerare la crescita economica e garantire la pace e la stabilità regionali. Muovendosi lungo questa linea d’azione, il Kazakhstan è riuscito a capitalizzare i benefici derivanti dalla rotta di trasporto internazionale transcaspica (TITR), conosciuta con il nome di “corridoio di mezzo”, complice anche il disinteresse parziale della Russia impegnata in Ucraina.
La guerra tra Mosca e Kiev e le sopraggiunte tensioni nel mar Rosso, ha riacceso l’interesse della comunità internazionale per la rotta transcaspica, soprattutto dopo le indicazioni fornite da uno studio della banca Mondiale che ha stimato un aumento di tre volte del volume di merci entro il 2030 lungo la rotta del TITR a fronte di nuovi investimenti per potenziare il corridoio strategico. Nel complesso, il volume del trasporto merci lungo il TITR è salito dell’88% nei primi nove mesi del 2023.
Nel periodo tra gennaio e ottobre 2023, il gigante euroasiatico ha registrato un aumento del 19% del trasporto merci rispetto all’anno precedente. Nello stesso periodo, il trasporto di container è cresciuto del 15%. Nell’attuale momento storico di parziale isolamento internazionale della Russia, il Kazakhstan con la sua politica multivettoriale è riuscito ad aumentare la capacità di attraversamento dei propri confini con la Cina come dimostra il progetto lanciato nel dicembre 2023 per la realizzazione della linea ferroviaria Bakhty-Ayagoz, e finalizzato a potenziare ulteriormente i collegamenti ferroviari tra i due paesi dopo gli ottimi risultati raggiunti nel 2022, quando il trasporto di merci su rotaia tra Pechino e Astana ha superato i 23 milioni di tonnellate. E negli ultimi 12 mesi, questo numero è aumentato di un ulteriore 22 per cento.
Sicuramente, la strada verso la piena realizzazione degli obiettivi della strategia “Kazakhstan 2050” è ancora molto lunga e il gigante dell’Asia centrale ha bisogno di continuare a investire in modo significativo nelle infrastrutture fisiche (strade, ferrovie, porti, poli logistici, ecc.), senza tralasciare lo sviluppo di nuove e più inclusive iniziative digitali (per semplificare le comunicazioni burocratiche). Ma la crescente attenzione riservata al Kazakhstan dalle potenze internazionali e confermata dalle parole del Presidente statunitense Joe Biden in occasione dello storico vertice dei C5+1v andato in scena a settembre 2023 ad Astana, rappresenta una grande opportunità perché consente allo stato dell’Asia centrale di continuare a beneficiare del know-how, degli investimenti e della tecnologia di numerosi attori internazionali, per centrare i propri obiettivi nel prossimo futuro.