Il 2 gennaio scorso le autorità turche hanno arrestato 34 individui con l’accusa di spionaggio per conto del Mossad. L'”operazione talpa”(Köstebek operasyonu) è stata condotta in 57 siti diversi della città di Istanbul e in altre sette province del paese (Ankara, Kocaeli, Hatay, Mersin, İzmir, Van e Diyarbakır). Il Ministro dell’Interno Ali Yerlikaya ha pubblicato un video degli arresti nel suo profilo di X, specificando che le autorità di polizia sono intervenute al fine di impedire che i servizi segreti israeliani ponessero in atto “attività tattiche di ricognizione, aggressione e rapimento di cittadini stranieri residenti in Turchia”. La notizia dell’operazione giunge ad un mese dalle dichiarazioni pubbliche del presidente Erdoğan che, il 5 dicembre scorso, aveva minacciato lo stato ebraico di pesanti ritorsioni nel caso quest’ultimo avesse tentato di assassinare membri di Hamas entro i confini della Turchia, come avevano fatto intendere le parole del capo dello Shin Bet e una documentata inchiesta del Wall Street Journal condotta da Dion Nissenbaum, che aveva tracciato le coordinate della campagna globale di omicidi mirati promossa dagli 007 israeliani per eliminare le menti dietro agli attacchi del 7 ottobre. Come dichiarato dal Ministro della Giustizia Yılmaz Tunç, dei 34 fermati, 15 sono ad oggi trattenuti nelle carceri turche in attesa di processo, 11 sono stati rilasciati sotto controllo giudiziario e 8 sono stati espulsi dal paese. Altri 13 soggetti sarebbero ancora in fuga, ricercati dalla polizia.
Turchia e Mossad: una prospettiva storica
L’operazione di pochi giorni fa è l’ultima di una lunga serie. L’Organizzazione di Informazione Nazionale (Millî İstihbarat Teşkilâtı – MİT) si era già resa protagonista di tre retate che avevano portato all’arresto di numerosi individui legati al Mossad. L’operazione Muteni nell’ottobre 2021 (29 arresti), l’operazione Neoplaz nel dicembre 2022 (68 arresti) e l’operazione Nekpet nell’aprile 2023 (17 arresti) avevano fatto luce sull’esistenza di un articolato network di agenti segreti israeliani impegnati a spiare cittadini palestinesi e organizzarne i rapimenti. I recenti eventi delineano una situazione di contrasto sotterraneo tra l’intelligence turca e quella israeliana in territorio turco che non segue l’andamento delle relazioni politico-diplomatiche tra Turchia e Israele, normalizzatesi nell’agosto 2022 dopo un decennio di profonda crisi, ed entrate in una nuova fase di stallo a seguito dell’inizio della campagna di bombardamenti dello stato ebraico a Gaza. Secondo Alon Eviatar, ex ufficiale dell’intelligence di Tel Aviv, l’agenda del Mossad si configura come totalmente slegata rispetto alla linea politica pubblica dei rapporti tra Turchia e Israele e, di conseguenza, il confronto tra MİT e Mossad nel paese anatolico appare quale variabile indipendente, soggetta a dinamiche proprie. La tendenza della Turchia, primo paese a maggioranza musulmana a riconoscere Israele nel 1949, a mantenere relazioni cordiali con il paese mediorientale è sempre scaturita dalla necessità di allinearsi all’Occidente e di ottenere solide garanzie circa lo status di membro della NATO. In questo senso, come evidenziato da rapporti della CIA, i due paesi hanno costantemente collaborato nell’ambito dell’intelligence: il Mossad ha gestito una centrale in Turchia sin dai primi anni Cinquanta, impartendo alla controparte turca addestramento tecnico e teorico. A partire dal 1956, nel quadro del progetto Trident, nel quale era coinvolta anche la SAVAK iraniana, la Turchia cooperò attivamente con Israele scambiando informazioni raccolte dai suoi agenti in Siria e Iraq, con l’obiettivo di arginare la minaccia sovietica e fondamentalista, ottenendo dallo stato ebraico formazione su tecniche di controspionaggio. Nelle decadi successive, la Turchia ha cercato di operare sulla linea di un fragile equilibrio, mossa da considerazioni pragmatiche, quali la dipendenza dai mercati del Golfo, il supporto dei paesi arabi durante la crisi cipriota, il sostegno dei numerosi membri musulmani dell’ONU, che l’hanno spinta nella direzione opposta a quella della cooperazione con i servizi israeliani. In relazione alla postura adottata da Ankara nei confronti di Israele e dei suoi apparati di intelligence, in particolare negli anni al potere dell’AKP, il politologo turco Gencer Özcan ha parlato di una “Janus-faced policy” divisa tra la demonizzazione delle interferenze dei servizi negli affari interni turchi, e la volontà di evitare una rottura completa delle relazioni con Tel Aviv.
Agenti segreti e reclute
Le quattro operazioni condotte dal MİT ai danni del Mossad hanno permesso di delineare uno schema di attività consolidato messo in atto dai servizi segreti israeliani in Turchia. Come evidenziato da un’inchiesta trasmessa dall’emittente Al Jazeera nel gennaio 2023, agenti del Mossad avevano organizzato un sistema di reclutamento in diverse città del paese, con il fine ultimo di creare una rete di informatori vicina a personalità appartenenti a organizzazioni politiche palestinesi in Turchia e recidere le connessioni logistiche tra queste e i gruppi a Gaza e in Cisgiordania. Nella maggior parte dei casi, le reclute venivano scelte tra studenti universitari non turchi iscritti perlopiù a facoltà scientifiche, ingegneristiche o di studi strategici e militari presso atenei turchi. Nell’ottobre 2021, Sabah ha riportato la notizia dell’arresto di 15 cittadini arabi reclutati dal Mossad per condurre operazioni di spionaggio ai danni di studenti palestinesi all’interno di università ad Istanbul. Gli israeliani operavano attraverso la pubblicazione di falsi annunci di lavoro sui social network, ordinando poi alle reclute di fotografare target specifici o posizionare dispositivi GPS, in cambio di sostanziose somme di denaro, elargite mediante il sistema di trasferimento informale di valori detto hawala o in forma di criptovalute. I soggetti irregimentati dai servizi segreti israeliani venivano inquadrati in due gruppi: il primo impegnato in compiti di sorveglianza dei target attraverso intermediari o su piattaforme online, il secondo coinvolto nella progettazione di assalti e rapimenti ai danni di figure ritenute essere legate alla resistenza palestinese. A fronte di questa situazione, l’intelligence turca ha costituito un’unità speciale anti-Mossad, con il compito, tra gli altri, di creare dei falsi target in modo da intercettare gli agenti israeliani.
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