di Francesco Cortese
In seguito ad accuse di corruzione e riciclaggio di denaro, il 21 dicembre scorso, il parlamento albanese ha votato a favore dell’autorizzazione a procedere nei confronti di Sali Berisha, presidente della Repubblica dal 1992 al 1997 e primo ministro dal 2005 al 2013, nonché fondatore e uomo di punta del Partito Democratico (PD), principale schieramento politico di centrodestra, in opposizione all’attuale primo ministro Edi Rama.
A seguito del voto, dal 30 dicembre Berisha è agli arresti domiciliari nella sua abitazione a Tirana. Queste accuse complicano ulteriormente lo scenario politico dell’Albania, già estremamente polarizzato e infuocato, e mostrano come la corruzione resti uno dei maggiori problemi del paese.
Le accuse e le prime misure cautelari
Nella seconda metà di ottobre 2023, la Procura speciale contro la corruzione e il crimine organizzato ha formalizzato le accuse nei confronti di Berisha, 79 anni, e di suo genero Jamarber Malltezi, 50 anni, per corruzione e riciclaggio di denaro legati alla compravendita di una proprietà situata nella capitale Tirana. Da quanto si apprende, il caso sarebbe iniziato tre anni fa quando l’allora capogruppo del Partito Socialista (e attuale ministro degli Interni) Taulant Balla avrebbe consegnato del materiale a riguardo all’anticorruzione.
Berisha è accusato di avere sfruttato la sua posizione quando era ancora in carica come primo ministro per privatizzare alcuni lotti di terra di proprietà del Ministero della Difesa a favore dei precedenti proprietari, che avrebbero poi venduto i terreni a Malltezi, permettendogli di costruirci prestigiosi appartamenti. Malltezi è stato dapprima arrestato il 22 ottobre all’aeroporto internazionale di Tirana, e successivamente scarcerato e messo agli arresti domiciliari a fine novembre in seguito alla sentenza d’appello; mentre a Berisha era stato vietato di lasciare il paese e gli era stato notificato l’obbligo di presentarsi regolarmente ogni due settimane alla corte.
Entrambi gli accusati si sono fin da subito dichiarati innocenti, con Berisha che ha accusato il premier Rama di aver istruito la montatura di questo caso per fini politici, mettendo a repentaglio la tenuta della democrazia stessa in Albania.
Il voto sull’autorizzazione a procedere
In seguito alla violazione della disposizione di presentarsi dinnanzi alla corte ogni due settimane, è stata ufficialmente avanzata al parlamento la richiesta della rimozione dell’immunità parlamentare di Berisha. Il voto, tenutosi il 21 dicembre in un clima di grande tensione, ha visto 75 parlamentari (di cui 74 del Partito Socialista al governo) votare a favore dell’autorizzazione a procedere. I parlamentari dell’opposizione hanno dapprima cercato di interrompere la sessione accendendo dei fumogeni, pratica già usata più volte negli ultimi mesi, ma sono stati fermati dagli addetti alla sicurezza; e successivamente hanno boicottato la votazione, che è quindi terminata con nessun voto contrario e nessuna astensione.
Dopo aver ricevuto l’autorizzazione a procedere dal Parlamento, la corte speciale anticorruzione ha dunque disposto gli arresti domiciliari anche a Berisha, oltre al divieto di mettersi in contatto con persone esterne al suo nucleo familiare con cui convive.
Le conseguenze sullo scenario politico
In un clima politico già infuocato, questo caso giudiziario ha ulteriormente polarizzato lo scenario. Berisha ha accusato Rama di violare la Costituzione cercando di annichilire il pluralismo democratico e ha promesso di portare avanti una battaglia, in parlamento e fuori, per la salvaguardia della democrazia conquistata tanto faticosamente dopo la fine della dittatura di Enver Hoxha.
Berisha ha messo in guardia la maggioranza, affermando che il loro comportamento non distruggerà l’opposizione, ma la mobiliterà sempre di più secondo il motto ‘ora o mai più’. Dal 30 dicembre, data di inizio degli arresti domiciliari, i sostenitori di Berisha sono radunati sotto la sua abitazione in segno di sostegno, con l’anziano leader spesso affacciato alla finestra per lanciare le sue invettive contro il governo.
D’altra parte, Rama non ha voluto commentare la vicenda. Nell’attesa che la giustizia faccia il suo corso, si è limitato a ribadire che l’arresto di un politico, qualunque sia il suo orientamento, non è una vittoria per nessuno e che i partiti non sono organizzazioni militari che eliminano gli oppositori, rispondendo alle accuse ricevute negli ultimi mesi.
La lotta intestina al vertice dell’opposizione
Tali sviluppi si inseriscono nel contesto di una vera e propria lotta intestina al PD per stabilire chi sia il suo leader. Se Berisha è stato il leader indiscusso fino al 2013, dopo le sue dimissioni dovute alla sconfitta contro Rama la guida del partito è stata assunta dal suo braccio destro Lulzim Basha che, oltre a non essere riuscito a risollevare le sorti del partito, si è anche inimicato Berisha e i suoi fedelissimi in seguito alla decisione di sospendere l’ex presidente dal gruppo parlamentare dopo che fu dichiarato ‘persona non grata’ dagli Stati Uniti nel 2021, proprio a causa di accuse di corruzione.
Da qui la nuova lotta per la leadership del partito tra Enkelejd Alibeaj, designato dal gruppo dirigente della fazione di Basha come suo successore, e l’intramontabile Berisha, che dalla fine del 2021 ha di fatto ripreso il controllo del grosso del partito. Il tutto, però non ha fatto che rafforzare il premier Rama, che ha continuato a trionfare in tutte le tornate elettorali, relegando il PD ad un lunghissimo periodo di opposizione.
Sebbene sia ancora presto per giungere a conclusioni certe, il processo per corruzione potrebbe rappresentare la definitiva uscita di scena di Berisha, forse portando ad un rinnovamento del PD a tutto vantaggio della competizione democratica nel paese.
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