guerre jugoslave

Le guerre jugoslave, introduzione a una truffa


Serbi e croati sono la stessa merda di vacca divisa in due dalla ruota del carro della Storia

Miroslav Krleza

Le guerre jugoslave degli anni Novanta sono state un inganno che ho faticato a svelarmi. La risposta era lì, evidente, a portata di mano. Ma non la vedevo perché sbagliavo la domanda. Per anni ho creduto che quelle guerre, che da bambino vedevo in esplosioni televisive, fossero originate dall’odio. Da studente, complici cattivi libri, mi sono bevuto la favola della guerra etnica. Non sono mai stato particolarmente sveglio, lo ammetto. Ci ho messo del tempo per vedere che era tutto falso. Falso e consolatorio. Oh, sì, consolatorio: è così tranquillizzante sapere che una cosa del genere non potrà mai capitare nella mia civile Europa “occidentale”, perché in fondo si tratta di un’anomalia storica e geografica di quella “polveriera dei Balcani” con il suo carico d’odio atavico, che non rientra nella “normalità” europea. Tutta roba “estranea” da me, da noi. Forse per questo mi sono bevuto la favola della guerra etnica: era un modo per rimuovere quella guerra (la guerra) dal mio orizzonte perché “sono cose che qui non possono succedere”. Poi ti vai a leggere i discorsi di Radovan Karadzic ai serbi di Bosnia e vedi che somigliano terribilmente alle televendite di Mike Bongiorno.

Già, perché quelle jugoslave furono guerre di imbonitori, rapinatori, ciarlatani senza scrupoli il cui unico scopo era perseguire il proprio arricchimento. E’ passato un treno nei Balcani d’inizio anni Novanta, il treno della dissoluzione dell’ancien regime, e i filibustieri l’hanno assaltato dirottandolo verso la tragedia. Avrebbe potuto andare diversamente? Forse sì, forse la Jugoslavia si sarebbe divisa senza spargere tutto quel sangue ma una banda di assassini ha approfittato del trambusto. Ma non è così semplice. Nel 1991, una decina di giorni dopo la conquista serba di Vukovar, le potenze europee si sono riunite intorno a un tavolo e – invece di cercare una soluzione – hanno parteggiato chi per una parte chi per l’altra. La balcanizzazione dell’Europa, la sua divisione interna e l’arroccamento nei nazionalismi, inizia forse lì. C’era da limitare gli interessi tedeschi nell’area, e così Milosevic fu accolto come un grande capo di Stato in Inghilterra e in Francia.

Le retoriche dell’odio, del nazionalismo, sono state il mezzo con cui si è imbonita la popolazione ma le parti in causa erano, in buona misura, conniventi. C’era un canale aperto – già dalla fine del 1991 – tra Belgrado e Zagabria, un canale fatto di traffici illeciti di armi e droga, di appropriazione della ricchezza, di cannibalizzazione dell’economia. E la gente è stata venduta alla morte dai suoi stessi paladini. Tudjman è stato, anche dopo la guerra, accusato dai “resistenti” di Vukovar di aver venduto la Slavonia orientale ai serbi in cambio dell’Erzegovina. Milosevic si impossessò dei risparmi dei serbi deviandoli su un conto cipriota che, formalmente, doveva servire per finanziare lo sforzo bellico ma, nella realtà, faceva finire quei denari nelle tasche sue e dei suoi accoliti.

Dire simili cose in un così breve articolo, senza presentare dati, si presta facilmente a critiche e puntualizzazioni. Abbiate pazienza, aspettate, questa è solo l’introduzione. Quello che si intende fare è consegnare l’onere dell’approfondimento a una serie di puntate tratte dal libro “La guerra in casa” di Luca Rastello, pubblicate col placet dell’autore, che ringrazio. Rastello, giornalista di La Repubblica e autore di importanti volumi, firma con La guerra in casa un libro semplice, accessibile, preciso, vivo. Non un saggio storico ma un violento reportage senza compiacimenti. Ogni sabato, per i prossimi due mesi, East Journal pubblicherà una piccola parte del libro anche nella speranza di riaccendere la luce su un conflitto europeo troppo facilmente rimosso o mistificato.

L’idea di pubblicare una serie di puntate sul tema delle guerre jugoslave nasce dall’esperienza di questi due anni di East Journal. I nostri lettori, perlopiù giovani, soffrono forse della mia stessa cecità d’un tempo. Alcuni, quelli di provenienza balcanica, potrebbero essersi troppo imbevuti di retoriche per sfuggire alla consolazione dell’odio, per accettare che si trattò di una truffa. Quelli italiani di nascita potrebbero come me pensare che sono cose che qui non potrebbero mai succedere. Ma non è vero. Anche qui ci sono imbonitori, piazzisti politici, profittatori senza scrupoli. Anche di qui potrebbe passare, di nuovo, il treno della Storia.

Ai lettori più giovani è dedicata questa serie di appuntamenti.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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16 commenti

  1. Pensando alla guerra dei Balcani mi viene da contrapporre i discorsi Di Bossi e altri della lega sul tema della seccessione….parole da imbonitori ma pericolose…Discorsi del leader ungherese fanatici e nazisti…
    le guerre possono avvenire ovunque ..purtroppo.

  2. Grande idea quella di approfondire questa chiave di lettura delle guerre degli anni ’90. Da questo punto di vista sono illuminanti i libri “Notte criminale” di Strazzari e “Maschere per un massacro” di Paolo Rumiz che consiglio a tutti coloro che volessero approfondire.

  3. La Storia é qui da almeno tremila anni pronta per essere letta. Purtroppo pochi la leggono, quasi nessuno la sa interpretare. Per cui tutto si ripeterá, non c’é alcun dubbio. Ma il tentativo va fatto.

  4. Bravi! bellissima iniziativa quella di pubblicare un libro cosi interessante, scritto bene e di facile lettura. Altro libro che tratta l’argomento e per niente genere “mattone” (quindi adatto anche ai più giovamni) è MAschere per un Massacro di Rumiz.

  5. Consiglio altrettando “They Would Never Hurt a Fly”, di Slavenka Drakulic (solo in inglese, non è stato tradotto in italiano). Altrettando diretto e illuminante sulla complessità della storia e della natura umana.

    http://www.amazon.com/They-Would-Never-Hurt-Fly/dp/0670033324

  6. Già; tante volta quando ascolto (o, meglio, sento) Bossi and Co, penso di aver già sentito le stesse parole. Aveva ragione il grande Krleza, vari “incantatori” hanno sfruttato “l’odio delle piccole differenze”, come diceva Freud.

  7. La storia si ripete: ma essa NON si ripete SOLO, da 70 anni a questa parte, ma si ripete da almeno 5000 anni!
    Ma come si fa a parlare sempre di nazismo!? Ma a me sembra, che noi utilizziamo tale termine ormai quasi come un jolly linguistico, da inserire in ogni discorso come se fosse un termine omnicomprensivo, per definire concetti quali l’odio, la violenza o quant’altro, adattabile quindi ad ogni discorso riguardante i conflitti sociali, ed Ottimo per dimostrare SEMPRE ogni TESI! Il leader ungherese, non è, nè il primo nè l’ultimo che fa discorsi da “fanatico” (come li fa il presidente Mhmoud Amadinejhad ahimè abbastanza impacciato, o come li faceva il signor Davud Moshizadeh leader nazista IRANIANO, del partito nazional-socilalista del S.U.M.K.A, antisemtita ed anti-israeliano).
    Non possiamo prestare ascolto alle parole di Kim (ormai defunto) della Korea…un Comunistone della prima e dell’ultima ora, che voleva Rifondare il Comunismo dappertutto! Così non possiamo nemmeno prestare ascolto, oggi, alle parole confortevoli dell’anziano e vecchio Fidel…perchè ahimè…le sue parole un tempo, erano ben altre, ossia parole che coniugavano a tutti i livelli, Odio e di Violenza.
    Ricordatevi: tutti questi, sono stati e sono, solo veri e propri criminali comuni, che invece di darsi al ladrocinio, alla violenza, alla rapina, hanno avuto la “fortuna d’esser diventati politici”!

  8. claudio vito buttazzo

    In Italia penso che non potrebbe succedere ciò che è avvenuto in Jugoslavia. C’è qui, per fortuna, un nocciolo duro, radicato, consistente e determinato della sinistra che lo impedirebbe. Una sinistra pronta a battersi su tutti i terreni contro qualsiasi movimento fascista, nazionalista, etnicista, secessionista. Nell’Est europeo la sinistra si è dimostrata essere un simulacro, un’entità evanescente, cosa che ha consentito (e consente ancora) in tutta quella parte d’Europa che accadano (in modo violento, come in Jugoslavia, o altrove un un modo più soft ) cose spaventose.

  9. Ottima iniziativa, grazie Matteo. Anche i libri di Rumiz e Drakulic citati sono molto utili per inquadrare il conflitto nelle sue diverse prospettive.

    • Bonaiti Emilio

      Sarebbe da leggere anche Le Guerre Jugoslave 1991-1999 di Joze Pirjevec, il cui editore, Einaudi, è garanzia di equilibrio. Mi permetto di aggiungere una piccola proposta che non so se tecnicamente realizzabile. Perché non dividere in periodi gli accadimenti jugoslavi, esempio “la guerra in Slovenia” che segnò il principio della fine, e su di essi esporre la narrazione e le valutazioni dei sopra citati autori? Sono perfettamente d’accordo con Enzo Nicolò, nazismo e in egual misura fascismo sono contenitori per tutte le successive violenze. Per la Sinistra italiana sono sicuro che nella seconda metà del secolo passato, quando non si era ancora convertita agli immortali principi pacifisti, sarebbe scesa in campo, “pronta a battersi” se l’Armata Rossa fosse entrata in Italia per liberarla, naturalmente a suo supporto.

  10. Perfetto. Bravo. La lungimiranza di Francia e Inghilterra si è vista di recente anche con la guerra di Libia : 50.000 morti per niente, per consegnare il paese a bande di integralisti. Speriamo che la Storia un giorno faccia giustizia.

  11. Siete disgustosi con questo odio verso i croati. Direi perfino razzisti. Vi manca un minimo di obiettività e non avete nessuna credibilità perché quello che scrivete qui sulla storia croata o, meglio, sulla storia del conflitto tra serbi e croati è assurdo. Il movimento ustascia croato è stato una reazione ai decenni del terrore serbo nella cosiddetta prima Jugoslavia, nata nel 1918. Tutto il vostro scrivere sembra diretto a eliminare la verità sul conflitto jugoslavo negli anni 90 e minimizzare la responsabilità serbe. Bisogna partire almeno dal 1985 quando Milošević divenne capo del partito comunista in Serbia. Anzi, bisogna tornare ai tempi prima e durante la Grande guerra, quando i francesi e i britannici decisero di creare un nuovo stato, la Jugoslavia, sotto l’egida della monarchia serba. Congiungere l’incongiungibile! E’ importantissimo notare che NON CI SONO STATI ODI FORTI PRIMA DEL 1918! Poi, sostenere che Tudjman abbia ripristinato “in gran parte simboli e valori” del movimento ustascia è ignoranza o cattiveria. Matteo Zola diceva in un altro articolo che l’indipendenza sia stata pagata con i soldi del crimine organizzato… cinismo estremo, se si tiene conto del fatto che l’UE ha imposto l’emargo sulle armi, lasciando dunque l’esercito comunista JNA armato e i croati a mani nude… E via dicendo… Ragazzi risparmiatevi quest’ingiustizia..

    • Sono sbalordita! Odio verso i croati?! Razzismo?! Invece è tutto molto equilibrato; non ho letto mai una giustificazione per gli atti compiuti dai serbi nelle ultime guerre; ma liquidare il movimento ustascia come reazione al terrore serbo è assurdo e ridicolo. Ma, se fosse stato davvero così, sarebbe giustificata anche la reazione serba nell’ultima guerra. Embargo sulle armi? Scherziamo; ma quale embargo ha mai impedito il passaggio delle armi! Non so quanti anni ha Sig. Jelovac e dove ha studiato la storia, ma potrebbe essere bocciato tranquillamente.

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