Divergenze ideologiche e troppi contatti con l’estrema destra: lo SMER e il Partito Socialista Bulgaro nel mirino dei socialisti europei.
Come previsto, il Partito del Socialismo Europeo (PES) – la formazione paneuropea che raccoglie i partiti di centro-sinistra dei paesi membri UE – ha sospeso lo SMER, il partito del rieletto premier slovacco Robert Fico.
Fico e Pellegrini sospesi
Nonostante le divergenze ideologiche siano ben chiare da molto – SMER è un partito a sinistra in ambito economico ma fortemente conservatore riguardo ai diritti civili –, la sospensione viene ufficializzata soltanto dopo la formazione della nuova coalizione di governo che, oltre ai socialdemocratici di SMER e HLAS, comprende un partito di estrema destra, lo SNS. Allo stesso modo, lo HLAS di Peter Pellegrini – ex numero due di Fico, staccatosi dallo Smer nel 2020 a causa di divergenze tra i due – è stato sospeso, sebbene il partito non fosse un membro dei socialisti europei ma solo un associato.
Un comunicato del PES giustifica la decisione a causa delle posizioni di SMER e HLAS su immigrazione, stato di diritto, guerra in Ucraina e diritti LGBT, nonostante alla decisione abbia prevalentemente contribuito la scelta delle due parti di allearsi con l’estrema destra, un passo – perlopiù solo formale considerate le posizioni di vari partiti interni al PES – inaccettabile per i socialisti. Già nel 2006 lo SMER era stato sospeso dal gruppo per essersi alleato con l’estrema destra.
Dal lato slovacco la decisione era attesa: Katarína Roth Neveďalová, deputata di SMER, ha dichiarato che i socialdemocratici slovacchi si impegneranno a far cambiare idea ai colleghi europei: secondo gli eletti SMER, infatti, l’alleato SNS non è un partito d’estrema destra.
Verso l’alleanza rosso-bruna
Arriva nel frattempo un ultimatum ai socialisti bulgari: il Partito Socialista Bulgaro (BSP) si starebbe preparando a formare un “fronte patriottico” con vari gruppi d’estrema destra, tra i quali Ataka – in passato il più importante partito d’estrema destra in Bulgaria – e altre personalità e formazioni tendenzialmente filorusse (la posizione sulla guerra in Ucraina sarebbe proprio uno dei collanti dell’alleanza). Il BSP è stato in passato uno dei buoni allievi sul fronte Est: pur avendo ereditato dal vecchio Partito Comunista Bulgaro una pesante retorica nazionalista, era riuscito dopo una sonora sconfitta elettorale nel 1997 a riformarsi verso una più tradizionale socialdemocrazia europea. Nel partito, tuttavia, hanno sempre convissuto varie fazioni interne, tra le quali quella conservatrice che, nel 2016, ha portato all’elezione di Kornelia Ninova come presidente del BSP.
Tra i cavalli di battaglia di Ninova, la stregua lotta all’”ideologia gender” ha più volte creato attrito con i socialisti europei, in particolare per quanto riguarda la ratificazione in Bulgaria della Convenzione di Istanbul sulla lotta e la prevenzione alla violenza sulle donne, considerata dalla leader socialista come un modo per inserire prepotentemente nella società tradizionale bulgara concetti alieni come “terzo genere”.
A spingere per l’alleanza sarebbe in particolare il Presidente della Repubblica Rumen Radev, ex-generale indipendente eletto con il sostegno dei socialisti. Fortemente contrario all’invio di armi in Ucraina (Radev ha da poco messo il veto alla fornitura di veicoli blindati all’Ucraina decisa dal Parlamento), il Presidente starebbe preparando la sua discesa in politica dopo il mandato come capo di Stato.
E in Romania?
Tutto tace, infine, sul fronte rumeno: terza pecora nera all’interno del PES, il gigantesco Partito Social Democratico (PSD) si presenta al momento come forza di governo responsabile e a tratti tecnocratica. In passato gli attriti con i socialisti europei sono stati numerosi, in particolare quando – sotto la guida di Liviu Dragnea (ex Presidente del PSD, arrestato nel 2019) – il PSD aveva puntato tutto su una retorica nazionalista e cospiratrice per nascondere i guai in ambito giudiziario di molti dei suoi eletti. Non è affatto detto, però, che presto i riflettori non saranno di nuovo puntati su Bucarest: proprio la strategia di moderazione potrebbe far perdere molti voti dell’elettorato tradizionale del PSD a favore del partito d’estrema destra AUR. Già in passato, come detto, il PSD ha utilizzato conservatorismo e nazionalismo per stringere i ranghi e richiamare a sé i propri elettori: strategia che potrebbe ripetersi se gli appuntamenti elettorali di quest’anno (in Romania si terranno, oltre alle elezioni europee, anche quelle nazionali, locali e presidenziali) deluderanno.
Foto: Flickr, PES Communications