Gli equilibri e gli schemi geopolitici nel sud del Caucaso sono completamente saltati. Tutto questo potrebbe produrre un ribaltamento geopolitico, che vedrebbe l’Armenia, paese notoriamente filorusso, allontanarsi da Mosca e rompere con quest’ultima, mentre l’Azerbaigian, paese che godeva di ottimi rapporti economici con l’Occidente, si avvicinerebbe alla Russia di Putin.
Cambio di rotta armeno dopo il Nagorno-Karabakh
Dopo l’attacco di Baku nell’autoproclamata repubblica del Nagorno-Karabakh del 16 settembre e a seguito del disastroso esodo che ha visto la quasi totalità della popolazione armena del Karabakh scappare verso l’Armenia, pare che il primo ministro Nikol Pashinyan “abbia colto l’occasione” per cambiare definitivamente rotta.
I legami tra Mosca e Yerevan si erano già deteriorati in passato a seguito di alcuni segnali da parte del governo armeno di un avvicinamento verso l’Occidente. Giunti alla guerra in Artsakh (questo il nome armeno del Nagorno-Karabakh), sono emerse le reciproche accuse e i rancori passati. Yerevan, da un lato, accusa la Russia di non aver fatto niente, nonostante il proprio ruolo da attore di peacekeeping nel Karabakh, e rimprovera Mosca per la mancata protezione – sebbene l’Armenia fosse partner del CSTO (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva) e quindi secondo le regole di questo trattato necessitasse protezione. Dall’altro lato, invece, il governo russo accusa l’Armenia di “rendersi schiava” dell’occidente e di abbandonare così la Russia. Questi avvenimenti hanno rappresentato un fattore importante per la “svolta” armena.
Il governo del piccolo stato post sovietico ha deciso infatti di intensificare i rapporti con l’Unione europea e gli Stati Uniti e, dopo l’emergenza profughi in Armenia, sono stati inviati a Yerevan ingenti somme di fondi da diversi paesi occidentali per far fronte ai problemi di gestione dei 100.000 esodati del Karabakh. Sono inoltre aumentati gli aiuti militari, soprattutto da parte della Francia, e il senato USA ha adottato un atto dal valore storico, l’“Armenian Protection Act”, proposta di legge che sospende tutti gli aiuti militari all’Azerbaigian e interrompe l’assistenza economica per le annate 2024 e 2025. Questo, ovviamente, ha fatto infuriare l’Azerbaigian, che ha iniziato ad alzare la voce contro la maggior parte dei suoi partner occidentali.
Un’inaspettata sorpresa
L’avvicinamento al blocco occidentale arriva malgrado subito dopo l’attacco azero nel Karabakh l’Armenia si trovasse in una condizione molto precaria e preoccupante – in primis dal punto di vista dell’emergenza profughi; in secondo luogo per il totale diniego da parte russa, alleato storico, di qualsivoglia aiuto e sostegno. Inoltre c’erano anche grossi timori che Baku potesse attaccare anche il sud del paese, visto l’interesse geostrategico di Aliyev per quella zona – dove si trova il corridoio di Zangezur, collegamento diretto con l’exclave del Nakhicevan e quindi con la Turchia.
Eppure, nonostante tutto ciò, pare in realtà che in un momento così drammatico l’Armenia abbia trovato una via – o quantomeno, è pacifico affermare che in una situazione di totale incertezza o di previsioni future non rosee, il paese abbia forse trovato una soluzione alternativa e inaspettata in un contesto dove sono saltati molti schemi delle relazioni internazionali.
Intanto anche il vicino Azerbaigian dovrà affrontare parecchi problemi.
Il presidente Ilham Aliyev e i membri del suo governo hanno fortemente protestato contro vari governi occidentali, in particolare contro quello statunitense e quello francese, accusati di invadere gli spazi di competenza locali e di armare e sostenere gli “occupatori e mattatori armeni”. Questo ha indotto ad un ripensamento delle relazioni dei paesi europei e degli USA con l’Azerbaigian. Questi stanno infatti valutando sempre più concretamente, nonostante i passati buoni rapporti economici con Baku, specialmente per via del gas, di imporre delle sanzioni al paese del Caucaso meridionale.
Un futuro molto incerto
In questo scenario convulso, l’Azerbaigian rischia di compromettere molto i suoi rapporti col mondo occidentale (alcuni dei quali già abbastanza compromessi). Al tempo stesso, invece, l’Armenia li sta intensificando e sta ricevendo molte attenzioni e aiuti di tipo economico e militare.
A Baku il clima è bollente e nei giorni scorsi la polizia ha fatto un raid negli uffici di AbzasMedia (un giornale indipendente azero) e ha arrestato il direttore. Nei giorni successivi sono stati arrestati anche 4 lavoratori del giornale. Di recente, poi, è stato arrestato anche il fondatore di “Kanal 13”, un canale televisivo indipendente online, e ora potrebbe rischiare fino a tre anni di carcere con l’accusa di aver costruito illegalmente una casa. Baku accusa di nuovo Stati Uniti, Francia e anche la Germania di finanziare AbzasMedia.
Se dunque da un lato c’è un paese come l’Armenia, che sarà in parte da “ricostruire” dopo l’arrivo dei connazionali profughi – e dopo lo shock psicologico per quanto avvenuto in Karabakh che lascia paure profonde per il suo futuro per la questione dei confini – dall’altro c’è un paese che, seppur più forte economicamente e militarmente, e reduce da una vittoria, rischia di trovarsi più isolato nello scacchiere internazionale.
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FOTO: Rifugiati dal Nagorno-Karabakh, OC Media