Lunedì 20 novembre, il segretario della NATO Jens Stoltenberg ha fatto tappa in Kosovo. La visita è avvenuta in un periodo delicato per il paese, impegnato nel difficile dialogo con la Serbia e attraversato da nuovi tentativi di destabilizzazione al nord.
La visita
Nella sua giornata a Pristina, Stoltenberg ha incontrato il primo ministro Albin Kurti e la presidente della Repubblica Vjosa Osmani. Nell’incontro con Stoltenberg, Kurti ha condiviso con il segretario della NATO il rapporto elaborato dalle istituzioni kosovare relative ai fatti di Banjska del 24 settembre scorso, sottolineando i rischi per la sicurezza del paese portati dalla Serbia. Sulla stessa linea la presidente Osmani, che ha chiesto alla NATO di procedere con l’ingresso del Kosovo nell’organizzazione. Una richiesta che non ha ricevuto una chiara risposta da Stoltenberg, che ha ricordato che la procedura, a partire dalla Partnership for Peace (il primo passo che un paese deve compiere prima di fare richiesta di adesione), necessita del voto unanime dei paesi dell’Alleanza.
Il segretario della NATO, dal canto suo, ha sottolineato l’attenzione della NATO verso la sicurezza della regione, aprendo alla possibilità di aumentare ulteriormente il continente della missione NATO in Kosovo, la KFOR, e ha esortato il Kosovo e la Serbia a proseguire il dialogo per la normalizzazione delle relazioni, unica via per una pace stabile e duratura.
Le intimidazioni verso i serbi che collaborano con Pristina
Nel nord del Kosovo, a maggioranza serba, il clima continua però ad essere teso. A tre settimane dall’attacco di Banjska, sono tornate le intimidazioni verso i serbi che collaborano con le istituzioni del Kosovo. Nei giorni scorsi è stata bruciata l’auto della vicesindaca di Leposavic, Dragana Miletic, politica locale e oppositrice del regime di Aleksandar Vucic e dei suoi alleati locali.
Nella notte tra sabato 18 e domenica 19 novembre, inoltre, ci sono state tre esplosioni a Mitrovica Nord. Le esplosioni sono probabilmente dovute a dei petardi, ma hanno comunque attirato l’attenzione dei Carabinieri della KFOR, che hanno avviato controlli. Il fatto è avvenuto vicino all’ufficio della motorizzazione civile di Mitrovica Nord, dove nelle scorse settimane, molti serbi del Kosovo hanno cambiato le vecchie targhe serbe con nuove targhe della Repubblica del Kosovo, in vista della scadenza del periodo transitorio e del rischio di confisca dei veicoli da parte della polizia kosovara.
Il perpetuarsi di episodi violenti mostrano come la mano di Milan Radoicic, responsabile dei fatti di Banjska, è ancora visibile, nonostante il suo ex partito, la Lista Serba, abbia attuato un cambio di leadership. Il gruppo armato che fa capo a Radoicic resta a piede libero in Serbia e continua a costituire una minaccia per la sicurezza del Kosovo. Radoicic stesso, dopo un breve fermo, è stato rilasciato dal tribunale di Belgrado.
Le elezioni anticipate in Serbia
Con le elezioni anticipate in Serbia indette da Vucic per il 17 dicembre, il partito di governo a Belgrado potrebbe premere ancora di più sulla narrativa del “terrore” contro i serbi in Kosovo in chiave nazionalista ed elettorale. Una eventuale reazione da parte delle istituzioni di sicurezza kosovare darebbe ancora più spazio a Vucic per presentarsi come vittima presso la comunità internazionale e come unico baluardo dei serbi contro Pristina.
Il premier kosovaro Kurti ha affermato che la Serbia avrebbe piazzato batterie di missili terra-aria nei pressi del confine col Kosovo, e che i miliziani di Radoicic si stanno riorganizzando nella regione della Raska, col sostegno dello stato serbo. Il 10 novembre, Radoicic avrebbe incontrato 40 politici serbi, con l’obiettivo della mobilitazione elettorale a favore del partito di governo, il Partito Progressista Serbo di Vucic.
D’altronde, dopo i fatti di Banjska, nei gruppi estremisti in Serbia e nella Republika Srpska in Bosnia hanno iniziato a circolare appelli alla vendetta, presentati anche tramite graffiti e striscioni negli stadi, con messaggi quali “Kad se vojska na Kosovo vrati” (quando l’esercito tornerà in Kosovo), esibito dagli ultras della Crvena Zvezda considerati vicini al gruppo di potere di Vucic.
Nei giorni scorsi, inoltre, lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj ha affermato che l’Ucraina avrebbe informazioni secondo cui la Russia avrebbe intenzione di incitare caos e violenza nei Balcani.
La questione dei passaporti
Intanto, il 16 novembre la Commissione europea ha proposto a Consiglio e Parlamento UE di rimuovere dal 2024 l’eccezione, in vigore dal 2009, che impediva l’accesso senza visti Schengen ai cittadini serbi residenti in Kosovo.
Come si legge nella proposta della Commissione, “eliminando l’esclusione dall’esenzione dal visto per i titolari di passaporti serbi rilasciati dalla Direzione di Coordinamento serba si garantirebbe che l’intero territorio dei Balcani occidentali sia soggetto allo stesso regime di visti.” Tale proposta “è coerente con gli sforzi dell’UE per accelerare l’integrazione della regione dei Balcani occidentali nell’UE.”
Ma da Pristina si alzano voci di protesta. La possibilità di viaggiare visa-free era infatti uno dei principali incentivi per i serbi del Kosovo di prendere un passaporto della Repubblica del Kosovo. Come deciso lo scorso aprile, dal 1° gennaio 2024 sarà finalmente possibile per i cittadini kosovari viaggiare senza visti nello spazio Schengen. In vista dell’occasione, nel corso del 2023 molti serbi del Kosovo hanno fatto richiesta di un passaporto biometrico kosovaro: 3.879 a Mitrovica, 557 a Leposavic, 586 a Zvecan, 779 a Zubin Potok. Ma sarebbero ancora migliaia le persone nel nord del Kosovo senza documenti kosovari. Secondo il ministero degli interni del Kosovo, si tratterebbe soprattutto di veterani delle guerre degli anni ’90 in Croazia e in Bosnia.
Arbresha Loxha-Stublla, direttrice del Group for Legal and Political Studies (GLPS), ha affermato a Koha Ditore che “Questo sarebbe un ottimo momento per fare ancora più pressione affinché chi non ha ancora documenti officiali li richieda. Proprio nel momento in cui tali persone hanno la più grande motivazione a ottenere documenti della Repubblica del Kosovo, la proposta [della Commissione] rischia di sabotare l’integrazione dei serbi in Kosovo“.
Foto: VoxNews Albania