Il 6 novembre il ministro ungherese della cultura e dell’innovazione, Janos Csak, ha sollevato dal suo incarico Laszlo Simon, direttore del Museo Nazionale. Il pomo della discordia: una mostra fotografica.
World Press Photo
Quest’anno il Magyar Nemzeti Múzeum, il museo nazionale ungherese a Budapest, ha ospitato la mostra fotografica World Press Photo, un’esposizione annuale itinerante che, da Amsterdam, visita più di 60 città ogni edizione.
A suscitare malumori, in particolare, è stata una serie di fotografie di Hannah Reyes Morales, reporter filippina. “Home for the Golden Gays” – il nome della serie di scatti – racconta la storia della comunità Golden Gays di Manila: nata negli anni ’70 da un gruppo di persone LGBTQI+, la comunità ha affrontato svariati ostacoli, in una società prevalentemente cattolica e, allora, poco inclusiva. Nel 2018 hanno comprato una casa dove vivono insieme prendendosi cura gli uni degli altri.
La legge “anti-pedofilia”
Non ci è voluto molto perché la politica ungherese tacciasse la mostra di “propaganda omosessuale”. Dora Duro, parlamentare e vicepresidente del partito di estrema destra Mi Hazánk Mozgalom, si è fatta portavoce della campagna che ha chiesto a gran voce un intervento ministeriale: a suscitare scandalo, in particolare, è stata la possibilità che dei minorenni potessero vedere le fotografie di Morales, violando così le famigerate leggi “anti-pedofilia”, del 2021.
Da un punto di vista prettamente legislativo, la richiesta di Dora Duro non è infondata: la legge vieta ai minori la visione di qualsiasi “rappresentazione o promozione di una divergenza dal sesso biologico” – compreso, quindi, tutto ciò che l’ambiguità del testo rende possibile identificare come tale.
Sulla base della violazione di questa legge, il ministero ha chiesto che all’entrata del museo fossero controllati i documenti dei visitatori. Da questa richiesta è nato poi un dibattito di natura legale, che ha visto il direttore del museo rispondere che non gli sarebbe stato possibile impedire l’accesso dei minorenni – oltre a ringraziare maliziosamente Duro per la pubblicità fattagli.
Lo stesso direttore è tornato poi sui suoi passi apprendendo del licenziamento, spiegando che il museo aveva in realtà adottato tutte le misure necessarie. In un articolo pubblicato su Mandiner (un’agenzia di stampa vicina al governo) poco tempo dopo, Laszlo Simon ha infine ribadito come i musei debbano includere “immagini scioccanti, obiettivi di guerra, movimenti politici e perfino deviazioni nel mondo”, scrivendo di avere, in questo campo, “l’appoggio del primo ministro” Orbán.
Come abbiamo avuto modo di constatare anche in Italia, il ruolo dei direttori dei musei e degli esponenti della cultura non può essere messo in secondo piano, soprattutto quando le forze governative decidono cosa si possa e cosa non si possa vedere.
Foto: Il museo nazionale ungherese, Wikipedia