MOLDAVIA: Elezioni locali, il paese è diviso

Domenica 5 novembre in Moldavia si sono svolte le elezioni locali, poche sorprese e molte conferme raccontano di un paese sempre più frammentato.

I risultati 

Come riportato dall’agenzia statale Moldpres, nella giornata di domenica è stata registrata un’affluenza alle urne del 41%, pari a circa 1.14 milioni di cittadini. Un dato più basso rispetto alle precedenti elezioni locali del 2019, che pure non si distinsero per una forte partecipazione.

I primi dati arrivano da Chişinău, dove è stato riconfermato il sindaco uscente Ion Ceban del Mișcarea Alternativa Națională, MAN -Movimento di Alternativa Nazionale. II 50,6% delle preferenze espresse dai cittadini della capitale consente quindi di avere un vincitore già al primo turno, a discapito di Lilian Carp, candidato con il PAS della Presidente Maia Sandu che ha ottenuto il 28,2% dei voti. Situazione di parità invece nel Consiglio Municipale di Chişinău, che si andrà a comporre per il 33,1% con candidati del MAN e per il 32,8% con candidati del PAS. I restanti consiglieri saranno espressi da altre formazioni minori tra cui spicca il Partito Socialista (al 9,6%) e il Partito Comunista (4,4%).

Si andrà invece al ballottaggio a Balti, la seconda città del paese per numero di abitanti. Sia Alexandr Petkov del Partitul Nostru (Il Nostro Partito) che la candidata indipendente Arina Corsicova si sono attestati intorno 22% e si contenderanno la carica di sindaco tra due settimane. Il Consiglio Municipale di Balti sarà invece composto per la gran parte da candidati di Il Nostro Partito (24,7%), del Partito Socialista (22,1%), e del PAS (13,6%).

Nel resto del paese le urne ci consegnano un quadro politico piuttosto polarizzato. Il Partito di Azione e Solidarietà della presidente Sandu ottiene grandi risultati nei consigli comunali del Centro-Sud – vincendo in 19 distretti – ma non riesce ad esprimere nemmeno un sindaco nelle grandi città. Soprattutto, il PAS non risulta ancora in grado di scalfire il predominio del Partito Socialista nel Nord del paese, dove le istanze filo-russe sembrano essere ancora maggioritarie. La stella rossa infatti domina nei 7 distretti settentrionali della Repubblica, dove, come da tradizione, esprime più candidati di qualsiasi altra formazione politica.

Quali prospettive?

Come East Journal ha più volte sottolineato, l’ingerenza russa nella vita politica moldava è un dato imprescindibile per capire ciò che avviene nella Republica Moldoveneasca. Soprattutto quando si parla di elezioni, infatti, la lunga mano del Cremlino attraversa il fiume Dnestr e mette sul tavolo le sue pretese e le sue condizioni, accompagnate spesso da ingenti quantità di denaro volte a corrompere i candidati di turno.

Per questo motivo nei mesi che hanno anticipato le elezioni il governo in carica nella figura di Dorin Recean è corso ai ripari, cercando di limitare al massimo le tattiche di Mosca. Tra giugno e luglio di quest’anno, il partito dell’oligarca filo-russo Ilan SorPartidul Sor – è stato dichiarato incostituzionale e i suoi membri estromessi dalla vita politica moldava per tre anni, vietandogli così la candidatura alle elezioni in questione. Il 3 novembre invece, a due giorni dal voto di domenica, la stessa sorte è toccata ai membri di Chance Party che da Sor stavano ricevendo fondi e aiuti elettorali.

Questi metodi drastici intrapresi dal governo in carica hanno limitato le ingerenze russe nei ranghi della politica moldava ma non sono in grado di cambiare la natura di un paese che risulta essere ancora molto frazionato. I risultati riportati dimostrano infatti una limitata fiducia dell’elettorato verso il PAS – partito di governo ed espressione più limpida delle posizioni europeiste moldave – a favore di quelle formazioni che invece, con vari gradi di vicinanza alla Russia, rallentano il processo di integrazione europea del paese. Ne è esempio l’immediata vittoria di Ion Ceban a Chişinău con la sua nuova creazione politica: il new look voluto dal sindaco nell’agosto dell’anno scorso ha portato alla formazione di un nuovo partito – il MAN – che pur distaccandosi dalle posizioni più estreme del Partito Socialista, da cui Ceban proviene, non riesce comunque a tagliare i ponti con il Cremlino.

La sostanziale divisione del paese tra istanze politiche così diverse tra di loro, come sono quelle del PAS e dei Socialisti, e la creazione di zone grigie che non si identificano con nessuna delle due parti, come il partito di Ion Ceban, raccontano di un paese attraversato da conflitti interni troppo profondi per essere risolti con delle leggi elettorali, un paese dove persistono stati di tensione che in questi anni fanno particolarmente paura.

Le guerre intestine, lo insegna la storia, sono tutto ciò di cui non ha bisogno la Repubblica di Moldavia.

Foto: Profilo twitter di Reuters

Chi è Livio Maone

Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Universitá di Roma Tre. Attualmente è studente magistrale all'Università di Bologna.

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