Tashkent city

UZBEKISTAN: Il lato oscuro del mega-progetto Tashkent City

Il 20 Luglio 2023 in Uzbekistan è stato formato un consiglio amministrativo sotto la direzione del gabinetto del consiglio dei ministri per l’ampliamento della Nuova Città di Tashkent, coinvolgendo diverse aziende straniere tra cui Foster and Partners, Meinhardt Pte. Ltd e OMA.

Il progetto urbano del presidente Uzbeko Shavkat Mirziyoyev è parte integrante di una serie di riforme volte ad abbracciare il libero mercato e facilitare la circolazione di investimenti in Uzbekistan. In particolare, il progetto trova il suo equilibrio nella riqualificazione dei quartieri storici, le mahalle, trasformando la capitale ‘antica’ in un nodo importante del commercio internazionale.

Strade di Tashkent

Lo spettro della gentrificazione 

L’idea di una “Nuova” Tashkent è sintetizzabile nel mega-progetto Tashkent City, il primo quartiere Uzbeko dedicato alla finanza internazionale. Il presidente Shavkat Mirziyoyev mira a ridisegnare il tessuto urbano della capitale, mettendo in risalto le sensibilità del paese alla riforma politica, agli investimenti economici e alle relazioni amichevoli con il resto del mondo. Tuttavia, i progetti concepiti per presentare una nuova immagine al pubblico straniero raramente tengono conto degli interessi e delle preoccupazioni dei cittadini locali.

Questo è ormai comune in molti stati post-sovietici, dove appartamenti di lusso, centri commerciali, alberghi e centri aziendali hanno sostituito parchi, case più economiche e persino fabbriche.

Breve storia di Tashkent

Fino agli inizi degli anni 90, la capitale Uzbeka era ancora il ‘laboratorio utopistico’ dell’architettura sovietica, con infrastrutture progettate per essere accessibili, economiche o addirittura gratuite. La Tashkent sovietica era diventata un modello esemplare di architettura socialista e, in un certo senso, era simbolo e orgoglio della visione urbana di Mosca.

Chorsu Bazar, 1980, tardo esempio dello stile modernista Sovietico.

Tutto cambia con l’indipendenza dell’Uzbekistan nel 1991, dove inizia un processo di promozione del ‘brand’ nazionale intento a riscrivere, se non addirittura eliminare, il passato sovietico.

L’assetto urbanistico di Tashkent inizia a giocare un ruolo chiave nella revisione della storia Uzbeka. Una delle prime scelte è quella di agire nello spazio pubblico sostituendo il busto di Karl Marx con un monumento di Amir Timur, il conquistatore turco simbolo del progetto nazionalista uzbeko.

Le vie iniziarono a cambiare nome e le figure principali del comunismo vennero rimpiazzate con eroi di epoca pre-comunista. E così anche il paesaggio di Tashkent iniziò a subire cambiamenti: come parte degli sforzi governativi per “modernizzare” la città, gli edifici vennero nascosti sotto luminose facciate di vetro e i palazzi residenziali dell’era sovietica vennero alternati a grattacieli.

Tashkent: la città che sale e ti lascia indietro

Annunciando la costruzione di Tashkent City, nel 2017, Mirziyoyev prometteva l’arrivo della ‘primavera Uzbeka’, assicurando il miglioramento delle infrastrutture urbane e del tessuto sociale dei suoi residenti. La capitale Uzbeka ha dovuto confrontare una domanda familiare a molti urbanisti: come si progetta un nuovo nucleo commerciale nel cuore di una capitale antica, che sia interconnesso con il tessuto urbano circostante?

In questo contesto, sembra che Mirziyoyev sia stato ispirato dal modello di Nursultan Nazarbayev, il primo presidente del Kazakhstan indipendente. Tale modello enfatizza la creazione di spazi idonei ad attirare l’attenzione della finanza internazionale, rimanendo tuttavia intollerante alle critiche e disinteressato alla pluralità politica.

Già nelle fasi preliminari del progetto, molte voci provenienti dalla società civile avevano sostenuto che l’investimento di 1,3 miliardi di dollari fosse fuori luogo, data la poca idoneità delle infrastrutture del paese e la mancanza di opzioni convenienti per i residenti.

Il mito dell’architettura ‘iconica’

Il piano urbanistico della ‘Nuova’ Tashkent è legato al mito dell’architettura “iconica”. L’obiettivo è quello di creare un simbolo visivo che incarni le gloriose promesse della modernità, nascondendo il dramma sociale e la rigidità ideologica con cui il progetto viene eseguito. Questo tipo di ‘mega-progetti’ sono resi possibili grazie a enormi accordi sul debito che hanno la capacità di generare distorsioni monetarie e abusi sociali.

Un’ inchiesta investigativa di OpenDemocracy ha evidenziato la violenza degli espropri e delle mancate compensazioni a scapito di chi viveva nelle mahalle. I lavori di costruzione hanno portato a massicci sfratti dei residenti, molti dei quali hanno lasciato la loro casa con la promessa di nuove abitazioni nei sobborghi o l’opportunità di traslocare altrove, fuori città.

Tra city branding e whitewashing

Il mega-progetto è sostenuto da un’ampia rete di attori internazionali, compresi rappresentanti dei media e relatori pubblici che hanno l’obiettivo di mediare al mondo un racconto parziale della società Uzbeka. Per fare ciò, un’immagine ‘moderna’ e ‘liberale’, che distolga l’attenzione da realtà più oscure legate agli abusi dei diritti umani, è estremamente funzionale.

Questo processo si chiama ‘white-washing‘ e può essere fatto attraverso l’arte, lo sport, istituzioni rinomate o, come in questo caso, l’architettura ‘iconica’. A tal fine, il mega-progetto Tashkent City ha aperto nuove opportunità di strategie gestionali della ricchezza cleptocratica e di conservazione di una politica autoritaria.

Tashkent City sposta l’attenzione dalla natura espropriativa del piano urbano di Mirziyoyev alle molteplici possibilità di profitto racchiuse nelle torri di vetro del nuovo quartiere finanziario. Mirziyoyev dichiara di essere interessato a modernizzare l’autoritarismo in Uzbekistan, concentrandosi sulla crescita economica e sull’apertura del paese agli investimenti stranieri. Ciò però non deve essere letto come un effettivo miglioramento del tessuto sociale Uzbeko, né del suo processo democratico.

 

 

Foto: The Guardian 2017

Chi è Tommaso Gori

Laureato alla SOAS in storia e relazioni internazionali, Tommaso Gori è particolarmente interessato alla storia moderna dei conflitti urbani, in particolare il city branding e i processi di urbanizzazione in Medio Oriente e Asia Centrale.

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