A seguito di una sessione durata tutta la notte tra il 30 e il 31 ottobre, il parlamento montenegrino ha votato la fiducia al nuovo governo guidato da Milojko Spajić. Al leader del movimento Evropa Sad (PES), forte della maggioranza dei seggi ottenuta alle elezioni parlamentari straordinarie svoltesi lo scorso 19 giugno, era stato affidato ufficialmente l’incarico di formare il nuovo esecutivo lo scorso 10 agosto dal presidente della Repubblica Jakov Milatović.
La discussa squadra governativa
Il supporto al nuovo esecutivo è stato votato da 46 parlamentari, a fronte dei 41 richiesti dalla legge. I voti contrari ammontano a 19, con 5 assenti e un astenuto. Tra coloro che hanno espresso sostegno al governo troviamo, oltre ai deputati del primo partito Evropa Sad, le forze filo-serbe in passato raggruppate sotto il Fronte Democratico (DF), i Democratici, il Partito Socialista popolare e due partiti nazionali albanesi. Il nuovo esecutivo è composto da 18 ministri, assieme a 5 vice presidenti, con sole quattro donne.
Ha sollevato molte polemiche nell’opinione pubblica internazionale l’accordo ottenuto dal neo premier con le forze filo-serbe e filo-russe. Il blocco guidato da Nuova Democrazia Serba (NDS), una volta parte del Fronte Democratico, ha infatti accettato di fornire un appoggio esterno alla nuova compagine governativa, di cui entrerà a far parte solo a partire dal prossimo anno, in cambio della già avvenuta nomina del suo leader Andrija Mandić come presidente del parlamento, e della futura possibilità di occupare quattro ministeri nel prossimo rimpasto governativo. Tra critiche mosse a Mandić, membro del parlamento per oltre due decadi, troviamo la sua vicinanza al presidente serbo Aleksandar Vučić e a Milorad Dodik, presidente della Republika Srpska, nonché posizioni apertamente filo-russe e di sostegno a Vladimir Putin. In virtù del suo ruolo di presidente dell’assemblea, farà inoltre parte del Consiglio di difesa e sicurezza, l’organo che comanda l’esercito montenegrino.
Il programma di Spajić
Le polemiche sulla nomina di Mandić hanno occupato gran parte della discussione in aula, ma sono state affiancate anche dalle accuse mosse dall’opposizione al premier Spajić di aver violato la costituzione ed essersi rifiutato di esporre il programma del suo esecutivo durante la seduta. Il premier, dal canto suo, sostiene che il programma è stato reso pubblico nei giorni scorsi e presto sarà pubblicato sui social network. Il contenuto del programma governativo può essere riassunto innanzitutto, sul piano internazionale, in un consolidamento della posizione europeista e atlantista del Montenegro, ovvero lavorare per un pieno ingresso nell’UE, e svolgere un ruolo sempre più attivo e credibile nella NATO, di cui il paese fa parte ormai dal 2017. Inoltre, si cerca un rafforzamento di relazioni amichevoli con i paesi vicini dell’area.
Per quel che concerne il piano interno invece, gli obiettivi guardano verso un consolidamento fiscale, accompagnato da una riforma pensionistica e del sistema sanitario. La vera priorità è però la riforma giudiziaria, insieme all’istituzione di un Tribunale Speciale per l’alta corruzione e il crimine organizzato. Provvedimenti concreti in una simile direzione sarebbero un passo in avanti verso l’ingresso nell’Unione.
La polemica sul censimento
La polemica relativa al supporto dei partiti filo-serbi non è però l’unica che ha contraddistinto questa inusuale sessione notturna dell’assemblea. Il voto nel corso della notte era infatti necessario affinché il governo potesse entrare in carica la mattina del 31 ottobre, svolgere la sua prima sessione, e votare per il posticipo del censimento della popolazione, il cui inizio era stato fissato al 1 novembre dal governo uscente guidato dal movimento civico URA di Dritan Abazović.
Lo stesso censimento, è stato terreno di scontro tra i partiti che andranno a formare l’attuale maggioranza governativa e l’opposizione rappresentata dal DPS, il Partito democratico dei socialisti, dell’ex presidente della Repubblica Milo Đukanović. Quest’ultimo aveva chiesto a gran voce nei mesi scorsi di rimandarlo, invitando eventualmente i cittadini a boicottarlo, sostenendo che vi fosse in atto un piano per incrementare il numero dei serbi in Montenegro. Il sostegno a tale posizione è stato espresso anche dai Socialdemocratici, dal partito liberale, e dalle associazioni civiche di coloro che si identificano come montenegrini. Persino la Commissione Europea aveva invitato, con una risoluzione, a posticipare la raccolta dei dati finché la situazione politica del paese non si fosse sbloccata.
Milojko Spajić, tra luci ed ombre
Il 36enne neo premier Milojko Spajić ha già fatto parte del governo tecnico formatosi in seguito alla storica sconfitta del DPS di Đukanović alle elezioni del 2020, svolgendo il ruolo di ministro delle finanze e dell’assistenza sociale. Nel dicembre 2021 il parlamento di Podgorica ha adottato il programma di riforme fiscali ideato dallo stesso Spajić e dall’attuale presidente della Repubblica Jakov Milatović, a quel tempo ministro dello sviluppo economico. L’obiettivo principale del programma, nella mente di chi lo ha pensato, era ridurre il gap esistente tra il salario minimo e i prezzi dei beni di prima necessità. Tra i risultati concreti figura effettivamente un aumento del salario minimo, da 250 a 450 euro, accompagnato dall’abolizione dei contributi per l’assistenza sanitaria.
Tuttavia, nonostante il successo popolare per le riforme economiche, Spajić ha ricevuto svariate critiche circa una presunta mancanza di trasparenza dai suoi oppositori politici e dalle organizzazioni della società civile. Le critiche muovono da alcuni fondi ricevuti dal governo per mano di società private per mantenere stabili le finanze, acquisiti senza consultare il parlamento.
Il primo banco di prova
Con l’entrata in carica del governo Spajić il Montenegro esce, perlomeno temporaneamente, da uno stallo istituzionale complicato che di fatto dura ormai dall’agosto 2020 ed è stato contrassegnato da fasi alterne di governi instabili e organi costituzionali bloccati. La questione del censimento sarà senza dubbio il primo banco di prova per la nuova maggioranza, formatasi in ogni caso in seguito a difficili negoziati, a distanza di oltre quattro mesi dalle elezioni parlamentari straordinarie di giugno.
Foto: Blic.rs