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TURCHIA: Cento anni di Repubblica tra appropriazioni e riletture politiche

Istanbul ha celebrato i 100 anni dalla proclamazione della Repubblica di Turchia. Sono stati giorni frenetici nella metropoli turca, che, per commemorare l’atto fondativo della nazione, si è avvolta in mille drappi rossi al ritmo delle fanfare, salutando calorosamente le 100 navi da guerra della Marina militare che hanno solcato le acque del Bosforo e i jet militari in volo sui cieli della città. Il 29 ottobre 1923, ad Ankara, la Grande Assemblea Nazionale del popolo turco, riconosciuta quale governo legittimo del nuovo paese, proclamò la nascita della Repubblica, eleggendo Mustafa Kemal Atatürk, leader indiscusso della Guerra di Liberazione Nazionale contro le forze occupanti europee, quale suo primo presidente. Il 29 ottobre è la data che cristallizza un lungo e non scontato processo storico di costruzione e consolidamento di un nuovo soggetto nazionale che, destinato ad occupare una limitata porzione di territorio anatolico in accordo con la riorganizzazione territoriale post-Sèvres (1920), riuscì a stabilirsi saldamente pressappoco entro i suoi attuali confini in seguito alla nascita di un forte movimento nazionalista, ad una guerra di resistenza nazionale e alla ratifica del Trattato di Losanna (1923), pietra miliare nella storia della Turchia contemporanea. La festa della Repubblica (Cumhuriyet Bayramı) condensa in sé una storia articolata che, oggi, si presta ad evidenti appropriazioni e risignificazioni politiche.

Due leader a confronto

Non appena riemersi dalle scale mobili della metropolitana di Taksim si è investiti da fasci di luci che squarciano il cielo notturno e musica ad alto volume. Al lato della piazza, in prossimità di Gezi Parkı, svetta un’avveniristica installazione. Riproduce una mezzaluna, simbolo della bandiera turca, al cui interno risalta uno schermo sul quale scorrono immagini legate al passato e al presente del paese. I fotogrammi che ritraggono Atatürk si avvicendano a quelli nei quali il protagonista è Erdoğan, in un gioco ben studiato di richiami e parallelismi. I due leader vengono presentati in modo speculare, colti nelle medesime azioni e pose, i loro successi politici, militari e sociali, mostrati all’insegna della continuità. Quella che viene pomposamente celebrata è, senza dubbio, la Repubblica di Atatürk, ma ad essa si associa, come sua componente organica ed inscindibile, la Nuova Turchia (Yeni Türkiye) di Erdoğan. Le due non si pongono in contraddizione ma vengono presentate come momenti continui di un’unica grande storia di successi, nell’ambito della quale gli ultimi venti anni di governo dell’AKP occupano una posizione di rilievo, legittimati da una lunga serie di conseguimenti elencati in un sito web governativo ideato in occasione del centenario (Yüzüncü Yıl) che si apre con il raffronto tra i due leader, attorniati da giovani ragazzi e ragazzi, accompagnati dall’evocativa frase “Dall’indipendenza al futuro” (İstiklalden İstikbale). La continuità con l’eredità storica pregressa e il primato delle conquiste nel campo delle infrastrutture, delle politiche energetiche, della sicurezza nazionale e della diplomazia della mediazione, costituiscono il filo rosso della nuova narrazione della Repubblica.

Appropriarsi della Repubblica

Il 28 ottobre, un giorno prima della ricorrenza, Erdoğan ha presenziato al “Grande raduno per la Palestina” (Büyük Filistin Mitingi), oceanica manifestazione alla quale, secondo i media turchi, hanno partecipato un milione e mezzo di persone. Alcuni analisti hanno interpretato la decisione del presidente quale strategia per oscurare la Festa della Repubblica, minandone il valore storico. In realtà, durante il suo discorso, il leader ha posto al centro il centenario della Repubblica, non negandone l’importanza, ma appropriandosi del suo significato e plasmandolo secondo nuovi orientamenti. Erdoğan si è riconnesso a quel filone di pensiero islamista, reso popolare dal Partito della Virtù negli anni ’90, che enfatizza le origini religiose della Repubblica, sottolineando il carattere islamico della Guerra di Liberazione, l’alleanza intessuta da Atatürk con i leader religiosi del paese e i suoi discorsi a favore dell’Islam, poi contraddetti dagli sviluppi storici successivi. Come ben espresso dalla sociologa Esra Özyürek, questo processo di rilettura storica e di uso della figura del Padre della patria si è rivelato funzionale ai fini della costruzione di uno spazio di espressione legittimo per l’Islam politico in seno alla Repubblica laica. In linea con questa impostazione, Erdoğan ha affermato che “con il ritrovo per la Palestina abbiamo anche reso felice lo spirito di Gazi Mustafa Kemal in occasione dei 100 anni della Repubblica”. Legando le celebrazione della Repubblica agli eventi che stanno sconvolgendo la Umma islamica e alla proiezione regionale della Nuova Turchia, ha dichiarato che “Gaza è stata una parte inscindibile della nostra patria”, ricordando i 53 martiri provenienti da quei territori caduti a Çanakkale nel 1915. La Repubblica laica, mai messa in discussione, viene incorporata in un discorso retorico più ampio che ricompone la frattura tra laici e religiosi, e ne designa la continuità della missione esistenziale: quella di baluardo in difesa degli ultimi e degli oppressi (kimsesizlerin kimsesi) oggi in Palestina, come nel passato “in Tracia, nei Balcani, nel Caucaso”.

Foto: celebrazioni per il centenario della Repubblica a Üsküdar, Istanbul – Vanni Rosini.

Chi è Vanni Rosini

Nato a Firenze nel 1999, studente magistrale in Storia all’Università degli Studi di Firenze, dove ha approfondito la conoscenza della lingua turca. Si interessa di Medio Oriente, con particolare attenzione verso la Turchia. Nel 2022 ha trascorso un periodo di studio presso la Bilgi Üniversitesi di Istanbul. Scrive anche per Limes Club Firenze.

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