Volendo presentarsi come mediatore neutrale tra Israele e Palestina, Ceaușescu strinse una serie di legami diplomatici che sopravvivono ancora oggi
Potrebbe capitarvi, passeggiando per Gerico, Palestina, di imbattervi in una piccola chiesetta ortodossa. Sulla cancellata campeggia la scritta: Așezământul românesc de la Ierihon, “L’insediamento rumeno a Gerico”.
La chiesa, dedicata alla Natività del Signore e a tutti i Santi Romani, circondata da un complesso di 6.000 mq, è solo la rappresentazione materiale di un rapporto (quello tra Romania e autorità palestinesi) che perdura tra alti e bassi fin dal dopoguerra.
Nicolae Ceaușescu e il mondo arabo
I primi contatti tra i movimenti e i partiti palestinesi e Bucarest avvennero nel secondo dopoguerra, nella più ampia cornice dei contatti – altrettanto floridi – tra il Cremlino e i leader dei movimenti neomarxisti arabi – tra i quali anche Fatah. La decisione della politica comunista di assimilare i partiti arabi ai movimenti anticolonialisti nelle altre regioni del mondo permise di mantenere una discreta presenza nella regione, anche in funzione antisraeliana e antiamericana.
Non è un caso, quindi, che tra i pochi paesi dell’Unione Europea che riconoscono la Palestina come stato, oltre alla Romania, figurino anche Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaria e Ungheria.
Ceaușescu, non dissimilmente dagli altri leader comunisti, si impegnò ad intensificare i rapporti con il mondo arabo e in particolare palestinese. La Romania comunista, in linea con la sua politica estera “eterodossa” – almeno rispetto agli altri paesi dell’Europa orientale – non si accontentò di una semplice scelta di campo, ma volle divenire, agli occhi di palestinesi ed israeliani, un potenziale mediatore.
Ceaușescu e Arafat al Cairo
Nell’aprile 1972 si tenne al Cairo il primo incontro tra Ceaușescu e Yasser Arafat, già allora leader dell’OLP, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. I verbali redatti durante l’incontro sono significativi per comprendere la posizione del leader comunista: per mettere fine alla situazione conflittuale sarebbe stato necessario, prima di tutto, creare una leadership politica e amministrativa per avviare un processo di statebuilding – Ceaușescu fa un esplicito paragone con i contemporanei processi di formazione nazionale degli stati africani attraverso la decolonizzazione, dimostrando, ancora una volta, la volontà di assimilare i due casi. Anche per questo motivo e perseguendo questo scopo – una leadership politica unitaria – la Romania riconobbe formalmente l’OLP nel 1972 come unico rappresentante legittimo delle istanze palestinesi, istituendo una rappresentanza a Bucarest nel 1974 che diventerà poi ambasciata.
D’altra parte però è lo stesso Ceaușescu a dire ad Arafat che “abbiamo relazioni con Israele, che è un membro delle Nazioni Unite”. Il leader comunista voleva insomma porsi in una posizione di neutrale equidistanza.
Nel 1988 la Romania fu, a seguito della dichiarazione d’indipendenza palestinese, uno dei primi paesi a riconoscere l’Autorità Nazionale Palestinese e il governo di Fatah sui territori A e B – riconoscimento poi formalizzato a seguito degli Accordi di Oslo del 1993.
Romania e Palestina oggi
È innegabile che lo stretto legame diplomatico sia un’eredità del periodo comunista e della volontà di Ceaușescu di porsi come mediatore neutrale nel complicato quadro israelo-palestinese. Ciò nonostante, la linea politica di mediazione non fu mai completamente abbandonata, e a dimostrarlo sono le frequenti visite bilaterali: nel 2008 Abbas si fermò due giorni a Bucarest; sempre nel 2008 il ministro degli esteri Adrian Cioroianu visitò i territori palestinesi. A livello di capi di stato si contano sette visite, a livello di capi di governo tre, e a livello ministeriale ci sono stati almeno tredici contatti. L’ultima visita ufficiale è stata quella di Mahmoud Abbas a Controceni nel 2022.
Ad oggi sembra definitivamente svanito il sogno di poter assolvere ad un ruolo di mediazione così importante e delicato e Bucarest si è progressivamente allineata alle posizioni europee ed occidentali.
In Palestina vive una nutrita comunità romeno-palestinese, stimata in circa 2.000 individui e composta da coppie miste, figli di famiglie miste e cittadini palestinesi laureatisi in Romania sotto il regime di Ceaușescu – oltre alla singolare chiesetta ortodossa.
Foto: https://www.jerusalem.ro/ierihon/ierihon-despre-asezamant