Martti Ahtisaari, ex presidente della Finlandia e premio Nobel per la pace nel 2008, è morto all’età di 86 anni lunedì 16 ottobre. Protagonista di intense attività diplomatiche per la risoluzione di conflitti mondiali: tra i tanti ruoli ricoperti, dal 2005 al 2008 è stato inviato speciale delle Nazioni Unite per i negoziati sullo status del Kosovo.
La notizia della morte è stata confermata dalla Martti Ahtisaari Peace Foundation (CMI), l’organizzazione indipendente di peacemaking da lui fondata con l’obiettivo di risolvere i conflitti attraverso il dialogo e la mediazione. A partire dalla visione per la quale “tutti i conflitti possono essere risolti”, raccoglie esperti internazionali e partner globali con cui vengono portati avanti processi di pace in tutto il mondo. Un’eredità, quella di Ahtisaari, che si basa su una personale visione dei concetti di conflitto, mediazione e integrità.
Dopo la presidenza finlandese alla fine degli anni Novanta, gli sono stati offerti incarichi internazionali di grande rilievo. Impegnato in Irlanda del Nord (2000) per il monitoraggio del disarmo dell’IRA, sovraintendente alla sicurezza in Iraq (2003), inviato speciale dell’ONU nel Corno d’Africa (2003-2005), mediatore tra le autorità indonesiane e i movimenti indipendentisti del territorio di Aceh (2005), nel 2005 è stato incaricato da Kofi Annan, ex segretario delle Nazioni Unite, di elaborare un piano sullo status del Kosovo. È per “i suoi importanti sforzi, in diversi continenti e nel corso di più di tre decenni, per risolvere conflitti internazionali” che proprio nel 2008 viene insignito del premio Nobel per la pace.
Il Kosovo
Tra le esperienze più notevoli della carriera internazionale di Ahtisaari, rientrano certamente gli anni in Kosovo. Già nel 1999 servì da mediatore nel tentativo di persuadere, insieme alla Russia, l’allora presidente serbo Slobodan Milošević ad accettare il piano della NATO per la fine delle ostilità sul suolo kosovaro. L’accordo, il cui nucleo era il ritiro di tutte le forze di natura militare jugoslave dal Kosovo e la fine delle ostilità, fu siglato a Kumanovo il 9 giugno 1999 e completato dalla Risoluzione 1244 ONU, per la quale il Kosovo si considerava essere sottoposto ad un regime di amministrazione civile e militare internazionale provvisoria della United Nations Interim Administration Mission in Kosovo, UNMIK. Il compito di questa missione era quello di favorire il raggiungimento dell’autogoverno nella regione, con il trasferimento graduale delle sue competenze alle autorità locali elette attraverso un processo democratico.
Il Millennio aprì così le porte ad un intricato rebus di tensioni sullo status del Kosovo, con il costante monitoraggio e intervento delle istituzioni europee e internazionali. È in questo disordine che nel 2005 si inserì nuovamente la capacità negoziale di Marrti Ahtisaari, in qualità di inviato speciale per conto delle Nazioni Unite. Nonostante le intense trattative e il susseguirsi di incontri con le due parti, nel 2007 Ahtisaari ammise l’impossibiltà di giungere ad un compromesso tra la richiesta di indipendenza del Kosovo e il netto rifiuto della Serbia. Dopo il nulla di fatto dei colloqui tra le delegazioni serbe e kosovare attorno al futuro dello status regionale, decise comunque di proporre all’ONU un piano di “sovranità controllata” (noto come “piano Ahtisaari”). Una formula programmatica, per punti, in cui indicava i principi alla base della creazione di uno stato indipendente guidato da un governo con sede a Pristina – dotato di costituzione, simboli e forze di sicurezza proprie, oltre al diritto di adesione ad organizzazioni internazionali.
Il piano fu respinto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a seguito del veto della Russia, ponendo però le basi per la proclamazione dell’indipendenza unilaterale da parte del Kosovo nel febbraio del 2008, decisa dai leader kosovari, con il supporto dei paesi occidentali, a seguito dello stallo del negoziato. Da qui, la creazione di un nuovo stato dotato di una Costituzione propria, modellata proprio sul piano Ahtisaari, soprattutto nelle ampie garanzie verso le minoranze nazionali.
Tutti i conflitti possono essere risolti
La strategia di negoziazione di Marrti Ahtisaari parte da un concetto: tutti i conflitti possono essere risolti. Una convinzione così netta e chiara che diventa una vera e propria eredità, un punto di partenza attorno al quale poter strutturare lunghi, intensi, contraddittori dibattiti. Ahtisaari, nato in territorio finlandese annesso nell’Unione Sovietica durante il secondo conflitto mondiale e costretto ad una precoce esperienza di sfollato, rivendicò attentamente questo principio.
La promozione della pace inizia dalla comprensione dell’altro. È l’integrità, la capacità di essere un buon consigliere per il proprio interlocutore a distinguere un buon diplomatico. Ahtisaari ritenne che il lavoro del mediatore fosse simile a quello di un’ostetrica, che consente un parto sicuro e guida i genitori nel percorso della nascita. La sua presenza può essere ancora utile in futuro, avendo conquistato la fiducia delle parti, ma il suo ruolo termina al primo vagito.
Martti Ahtisaari non fece segreto delle difficoltà nel portare a termine una negoziazione. L’incompatibilità di idee e la complicata relazione con alcuni funzionari serbi, l’ostinazione di delegati kosovari. La sua ammissione arriva ancora oggi, attraverso le sue interviste, nella sua naturale capacità di creare un contatto e una speranza che, forse sì, tutti i conflitti possano essere risolti.
Foto: Martti Oiva Kalevi Ahtisaari was the tenth President of the Republic of Finland. Image: Roger Askew / AOP