Nel settembre 2022, le regioni ucraine di Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhya venivano annesse dalla Federazione russa tramite dei referendum considerati farsa dall’Ucraina e dall’Occidente. Oggi la Russia sta costringendo i residenti a rinunciare al loro passaporto ucraino in favore di quello russo, complicando le cose per Kyiv.
La “passaportizzazione” forzata del Cremlino
Dal 2014, per consolidare la propria autorità, la Federazione russa ha dato inizio ad un processo di distribuzione di passaporti nei territori ucraini occupati. Prima in Crimea (dopo la sua annessione) e poi negli Oblast’ di Luhansk e Donetsk, i tempi e i costi per ottenere un passaporto russo si sono ridotti drasticamente. L’obiettivo del regime di Vladimir Putin non è solo quello di aumentare il numero di russi nelle regioni occupate, ma soprattutto di diminuire il numero di cittadini ucraini. Per farlo ha deciso di rendere difficile il quotidiano di chi, “legalmente”, non è ancora russo. Senza il passaporto della Federazione, accedere al sistema sanitario, ad avere una pensione, a registrare il proprio veicolo o immobile, e ad usare i servizi bancari diventa sempre più complesso.
I residenti ucraini ancora presenti negli Oblast’ di Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhya sono soggetti a minacce, intimidazioni, restrizioni sugli aiuti umanitari e sui beni di prima necessità, nonché a possibili detenzioni o deportazioni.
Le azioni messe in atto dal Cremlino rappresentano una vera e propria “passaportizzazione forzata“. Dall’aprile di quest’anno, tramite decreto del presidente russo, i cittadini ucraini che vivevano nei territori annessi prima del 2022, e che non sono ancora diventati de jure russi, vengono classificati come stranieri. Per costoro, venire espulsi per aver messo a repentaglio la “sicurezza nazionale” della Federazione (cioè per non aver rinunciato al passaporto ucraino) non è così anomalo.
È intuibile che la popolazione venga messa di fronte ad un bivio: andarsene, o rinunciare alla cittadinanza ucraina, diventando de jure (e de facto) russi. Ad inizio estate per esempio, a seguito della distruzione della diga di Kakhovka, interi villaggi vennero rasi al suolo e i terreni agricoli resi inutilizzabili: le forze russe hanno sfruttato questa tragedia per aumentare la pressione sui residenti colpiti affinché accettassero la cittadinanza della Federazione. Presentarsi nelle varie amministrazioni locali sprovvisti di passaporto russo significava di fatto vedersi negare aiuti economici ed umanitari in un momento di estremo bisogno.
Educare nelle zone occupate
L’intento della Russia è quello di far scomparire gli ucraini ancora presenti nelle zone occupate e privare l’Ucraina di capitale umano. Per fare ciò il Cremlino investe su un punto fondamentale della sua agenda: l’istruzione. Essendo le regioni occupate considerate Russia a tutti gli effetti, l’educazione di stampo patriottico che caratterizza il sistema russo è la stessa anche per questi territori. Non manca la retorica contro l’Occidente che disegna l’Unione europea e gli Stati Uniti come il male assoluto, e nemmeno l’esaltazione degli avi e degli eroi dell’esercito russo. Le lezioni, rigorosamente in lingua russa, vanno di pari passo con il programma della Federazione, che racconta l’espansione aggressiva della NATO e l’importanza di difendere la madrepatria.
Come riporta DW, gli insegnanti nei territori occupati sono costretti a prendere una decisione e scegliere da che parte schierarsi. Da un lato, insegnare il programma ucraino a distanza è diventato sempre più complesso: oltre alle forti pressioni, il salario in grivne che si riceve dal governo di Kyiv non può essere speso facilmente in un territorio dove prevale il rublo. Dall’altro, insegnare in scuole “russe” significa adattarsi al sistema patriottico di Mosca e rischiare fino a 3 anni di carcere (ucraino) per collaborazionismo con la Russia.
Ricostruire le zone occupate
La Federazione inoltre, sin dall’inizio dell’invasione, ha investito ingenti quantità di denaro nelle zone occupate, ricostruendo città che i russi stessi hanno contribuito in larga parte a disintegrare. L’esempio più noto è Mariupol, una città rasa al suolo che nel 2022 perse più del 90% dei suoi palazzi residenziali e circa il 60% delle sue case private. Già da maggio, mentre gli scontri proseguivano nella città, in alcuni gruppi di Vkontakte russi apparivano degli annunci per l’affitto e la compravendita di immobili. Oggi Mariupol pullula di edifici moderni, case, negozi, e mostra un volto completamente nuovo.
I video di TikTok in cui i blogger di Donetsk mostrano come a Mariupol si stiano costruendo nuove scuole, ospedali e case sono a dir poco irritanti. Gli occupanti hanno costruito un teatro sul sito del vecchio teatro d’arte drammatica bombardato nel marzo 2022 e vi hanno aperto la stagione teatrale.
Come racconta Helpdesk Media, la Russia costruisce nuove scuole ed edifici ma nasconde le prove dei crimini commessi. In primis le occulta a livello emotivo, perché la gente, con il tempo, dimentica ciò che è successo; in secondo luogo nasconde le prove concrete, materiali, perché sarà impossibile per una commissione indipendente lavorare su una scena del crimine smantellata. Come si potranno ritrovare i corpi delle persone uccise, stabilire come e con cosa è stata distrutta la casa di qualcuno? Sebbene circolino molteplici video sugli eventi di Mariupol, trovare e punire i veri responsabili diventerà complicatissimo.
Questa è forse la strategia del Cremlino più efficace, perché immobilizza l’Ucraina. Anche Grozny, la capitale della Cecenia, dopo la sua completa distruzione è stata ricostruita similmente. Modernizzando e facendo funzionare le città in questo modo, donando ai suoi residenti una ricchezza che non vedevano dai tempi dell’Unione sovietica, la Russia guadagna la fiducia di una parte di ucraini che, semplicemente, desidera vivere nel benessere e nella pace.