La recente notizia secondo cui 500 miliziani della Wagner sarebbero ritornati a combattere nella zona di Bakhmut, dopo la fallita “marcia su Mosca”, la morte di Evgheny Prigozhin, e la decisione di porre in quarantena i membri della Wagner che non accettassero di firmare un contratto con l’odiato Ministero della Difesa, riporta l’attenzione sui destini di questo gruppo, così strategico per la Russia negli ultimi anni.
Wagner: già una storia lontana?
Posto che i miliziani tornati in attività abbiano accettato di firmare il contratto con il Ministero, seguendo l’unico comandante che abbia accettato la proposta, Andrei Troshev detto Sedoy, esiste un largo numero di combattenti e comandanti (sembra 27) che non accettano di piegarsi al diktat del Cremlino, rischiando il proprio futuro, e, nel caso dei comandanti, la vita stessa. Le nostre fonti avevano comunicato che all’indomani del fallito golpe, una sentenza di morte era stata pronunciata per Prigozhin e per tutto il nucleo di comando della Wagner, ma l’importanza e la complessità dei ruoli ricoperti dal gruppo negli ultimi anni avevano costretto il Cremlino a temporeggiare nell’eseguire quella sentenza.
Ora, il gruppo Wagner negli ultimi anni ha rappresentato in pratica il reale Ministero degli Esteri della Russia, operando in tutti i teatri di guerra più delicati senza far comparire ufficialmente il Cremlino, muovendosi con totale libertà, violando ogni regola di guerra, commettendo atrocità e assassinando chiunque si fosse occupato dei suoi affari (tre giornalisti russi in un sol colpo nella Repubblica Centrafricana nell’agosto 2018); ha rappresentato il braccio armato della Russia in Siria, Libia e in tutti i paesi del Sahel, in cui ha progressivamente scalzato l’influenza francese.
In quest’opera ha accumulato un immenso potere e immense ricchezze: miniere di metalli preziosi e partecipazione in migliaia di attività, lecite e illecite, che hanno generato un fiume di denaro, oro e diamanti. Probabilmente solo Prigozhin conosceva tutti i rivoli e i conti cifrati in paradisi fiscali in cui queste immense ricchezze sono state riversate: la sua vita è durata sino a quando i suoi accordi con il potere centrale hanno permesso di ricondurre almeno a parziale unità questo fiume di ricchezze, in cambio di un “perdono” dell’autorità, ma probabilmente molti rivoli ancora sono ignoti e potrebbero andare perduti o restare sconosciuti per sempre.
Oltre alla dispersione di ricchezza, la presunta fine di Prigozhin (di cui in Russia si favoleggia sia ancora vivo e al sicuro all’estero) ha indebolito severamente la potenza e l’efficacia di cui disponeva il Gruppo Wagner, quasi totalmente in Russia e nelle zone occupate dell’Ucraina, ma giocoforza anche negli altri teatri, dove comunque mantiene buone rendite di posizione, e soprattutto tiene le mani su grandi fonti di ricchezza. E’ evidente però che, qualunque soluzione si trovi, la Russia sta indebolendo e depauperando una forza estremamente efficace che le ha permesso negli scorsi anni di ritrovare un ruolo internazionale che mai avrebbe conseguito ufficialmente.
Sembra che il successore di Prigozhin, Anton Elizarov detto Lotus, non sia ancora riuscito a convincere la maggioranza dei miliziani e dei comandanti Wagner a firmare il contratto con il Ministero, cosa che significherebbe sottomettersi agli ordini dell’odiato Shoigu e delle forze contro cui era stata decisa la “marcia su Mosca”. Tutti sembrano contrari a questa resa, e guardano come traditori a Sedoy e a quanti hanno accettato di firmare: il problema è che così facendo rischiano la vita, poiché gli ordini dell’autocrate del Cremlino arrivavano a contemplare l’eliminazione fisica di tutti coloro che non accettassero questo passo.
Ombre sul Cremlino
Esiste poi un’altra considerazione che sembra aver portato inesorabilmente alla decapitazione del Gruppo Wagner: oltre al diktat dell’autocrate, che sembra sempre più indebolito e sofferente per le sue malattie, sono entrati in gioco gli interessi della fazione legata ai Patrushev, Nikolai e Dimitri, padre e figlio, i quali sembrano i veri destinatari del potere, una volta che la malattia si porti via Vladimir Putin.
Per i Patrushev, l’esistenza in vita di Prigozhin, con le sue migliaia di fedelissimi pronti a tutto, e capaci quindi di prendere il potere manu militari in qualsiasi occasione, rappresentavano una minaccia mortale, tanto temuta da portare prima o poi a un regolamento di conti.
L’affronto imperdonabile dell’insubordinazione, e il tentativo di marcia su Mosca, ha facilitato il loro gioco, rendendo inevitabile per l’autocrate decidere per una condanna senza appello. Ora, la strada per la successione appare del tutto spianata, ed è stato eliminato il concorrente più serio per iniziativa e determinazione. Che il ruolo internazionale del Paese sia stato in tal modo indebolito è in questo momento la loro ultima preoccupazione, dato che a Mosca si stanno affilando i coltelli, quanto più il capo del Cremlino sembra indebolito dalla malattia.
Mentre i destini dell’invasione in Ucraina vacillano, le lotte interne alla Russia sembrano appena iniziate.