Se riuscisse a convincere i suoi colleghi, Robert Fico potrebbe tornare alla guida del paese con l’estrema destra.
Sabato 30 settembre gli slovacchi si recheranno alle urne per eleggere il nuovo Parlamento. Il paventato ritorno di Robert Fico alla guida del paese, però, non è così scontato; ancora più difficile è la prospettiva di un nuovo governo liberale. Questo perché cinque partiti si aggirano intorno alla soglia di sbarramento del 5%, e l’entrata o meno di ciascuno di essi in Parlamento è cruciale per la formazione di un futuro governo.
Il ritorno di Fico?
Gran parte dei sondaggi dà per assodata la vittoria di Fico e del suo partito socialista Smer-SD, sebbene alcuni outsider assegnino a “Slovacchia Progressista” (PS) la vittoria. Fico dovrebbe allora assicurarsi il supporto di HLAS-SD, il partito socialdemocratico guidato dal suo ex vice, Peter Pellegrini, che nel 2020 aveva seguito vari fuoriusciti dello Smer verso la nuova formazione di sinistra.
I due partiti insieme non raggiungerebbero comunque la maggioranza: una coalizione con l’estrema destra sarebbe quindi indispensabile. A sinistra in campo economico, lo Smer-SD è su posizioni fortemente conservatici in ambito socioculturale, un fenomeno che riguarda la sinistra in diversi paesi della regione, come Romania e Bulgaria, ma che si ritrova anche a destra (il PiS polacco ha preso posizioni da destra sociale), rendendo la divisione destra-sinistra meno rilevante. Da qui, dunque, una possibile alleanza con formazioni dell’estrema destra slovacca.
Quest’ultima è però molto frammentata: Republika è infatti l’unico partito ad essere proiettato senza problemi oltre la soglia di sbarramento, sebbene Peter Pellegrini sembri aver messo un veto su quelli che ha definito “fascisti”. “Noi Siamo Famiglia” (Sme Rodina) sta attraversando un periodo molto difficile dopo che il suo leader, Boris Kollár, ha ammesso di aver abusato fisicamente di una sua ex-partner: il partito dovrebbe restare fuori dal Parlamento. Nella stessa situazione è il “Movimento Cristiano Democratico”: sebbene abbia puntato su argomenti conservatori – con accenti fortemente omofobi – nella campagna elettorale, il partito ha fatto sapere che non ha intenzione di allearsi con Fico, visti gli scandali di corruzione.
È probabile che dopo le elezioni qualche veto cadrà, ma i piccoli partiti hanno bene in mente cosa sia successo nel 2016, quando i partiti minori alleatisi con Fico per formare un governo hanno iniziato una inesorabile discesa verso la sparizione.
Il ritorno di Fico avrebbe forti ripercussioni nella regione e nell’intera Unione Europea: Viktor Orbán si ritroverebbe con un fedele alleato nel suo ostruzionismo al sostegno dell’Ucraina. Fico si è infatti opposto all’invio di armi e a ulteriori sanzioni alla Russia, oltre ad aver alimentato le teorie sulla responsabilità di Kiev e della NATO circa lo scoppio della guerra. Ma il suo ritorno sarebbe fortemente simbolico anche sul lato interno: Fico era stato costretto a dimettersi nel 2018, quando l’omicidio del giornalista investigativo Ján Kuciak e della fidanzata Martina Kušnírová aveva dato il via alle più grandi manifestazioni nella storia della Slovacchia post-comunista.
Stallo in vista
Dal lato dei liberali la situazione è ancora più disparata. “Slovacchia Progressista”, partito liberale co-fondato dalla Presidente della Repubblica Zuzana Čaputová nel 2017, potrebbe come detto ottenere la maggioranza relativa. I liberali dovrebbero in questo caso negoziare su due fronti: ma sia OL’aNO di Igor Matovič (formazione populista anticorruzione che era arrivata prima alle scorse elezioni e che adesso è in profonda crisi) sia lo HLAS-SD di Peter Pellegrini si sono detti contrari ad una alleanza.
Possibile quindi uno scenario alla bulgara per la Slovacchia: le elezioni potrebbero infatti portare ad un nulla di fatto, con negoziazioni lunghissime e stalli politici in vista. Nella vicina Polonia, secondo i sondaggi, potrebbe accadere lo stesso: segno di una latente frammentarietà dei sistemi politici a est.
Foto: dal profilo Facebook di Robert Fico