Dall’8 al 10 settembre 2023 i cittadini russi sono andati al voto per le elezioni amministrative. Le stesse sono state svolte anche nelle parti occupate delle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. L’obiettivo di questa farsa è l’integrazione politica delle zone occupate ucraine nel territorio della Russia. I dati pubblicati da Mosca mostrano che gli elettori nei territori temporaneamente occupati – TOT – dell’Ucraina hanno sostenuto il partito Russia Unita (Edinaja Rossija) di Putin con oltre il 70% dei voti in ciascun territorio.
Il 15 giugno 2023, la Commissione elettorale centrale della Federazione Russa ha deciso di programmare le “elezioni” nei territori occupati per il 10 settembre 2023, facendole coincidere con la giornata elettorale nazionale in Russia. Nonostante la dichiarazione della legge marziale in queste regioni, le recenti modifiche alla legge applicabile hanno consentito lo svolgimento delle procedure elettorali anche in questo quadro giuridico. Infatti, nei territori occupati, le “elezioni” si sono svolte in seggi appositamente organizzati a questo scopo, proprio per strada – nelle piazze delle città e dei villaggi – e perfino all’interno di automobili, denominate per l’occasione “seggi elettorali mobili”.
Il voto nei seggi elettorali extraterritoriali è un’innovazione delle elezioni locali russe. Grazie a questa legge è possibile creare distretti esterni ai distretti elettorali. Questo, però, non vale per i territori russi, ma solo per quelli ucraini occupati.
In risposta, il Comitato Centrale ucraino ha adottato una risoluzione che sottolinea l’illegittimità della preparazione e dello svolgimento da parte della Russia di eventuali “elezioni” nei TOT dell’Ucraina. Il documento afferma che le azioni della Russia non solo violano la sovranità statale dell’Ucraina e la sua integrità territoriale, ma sono anche un’altra prova inconfutabile dei crimini della Russia e della sua leadership politica. Inoltre, il Consiglio d’Europa – la principale organizzazione europea impegnata nella difesa dei diritti umani – ha definito le elezioni una flagrante violazione del diritto internazionale.
Nonostante una vittoria schiacciante con una percentuale di oltre il 70% in ciascun territorio di tutta la Russia e delle regioni annesse del partito di Putin, Russia Unita, abbia confermato il messaggio a lungo ripetuto dal Cremlino secondo cui Putin è di gran lunga il più forte garante della stabilità nei TOT, le prove di brogli elettorali sono state ampiamente documentate. Le immagini dei seggi elettorali condivise dalla commissione elettorale russa mostrano gli elettori che esprimono i loro voti in urne di plastica trasparente mentre sono affiancati da personale militare armato. A questo riguardo, un articolo di BBC Ucraina ha raccolto diverse testimonianze delle elezioni nelle regioni ucraine occupate.
Andriy (nome inventato), distretto Kakhovsky: “Collaboratori locali e soldati russi hanno camminato per le strade con mitragliatrici e con le urne elettorali in mano; le urne elettorali sono state collocate al centro di alcuni villaggi e le persone che si avvicinavano sono state filmate in video. Una messa in scena“.
Olena, parte occupata della regione di Kherson: “Hanno dovuto mostrare una foto in cui ci sono molte persone, che ci sono code […]. So da un conoscente che girava per il villaggio con le urne che erano ancora rimaste delle schede dopo il voto“.
Tatyana, che ha recentemente potuto lasciare Melitopol’ (regione di Zaporizhzhia), ma mantiene i contatti con la sua famiglia nella regione di Zaporizhzhia, spiega come i residenti siano stati costretti a presentarsi alle votazioni in seguito alle minacce ricevute: “Lì semplicemente non avevano scelta. Dovevano farlo“.
L’uso delle elezioni per giustificare le sue azioni in Ucraina è uno schema ricorrente di Vladimir Putin. Infatti, si ricorda come a settembre 2022, il Cremlino ha orchestrato una serie di “referendum” nei TOT dell’Ucraina, seguiti da un’elaborata cerimonia al Cremlino, formalizzando l’annessione di quattro regioni ucraine. Allo stesso modo, all’inizio del 2014, in seguito alla presa della Crimea da parte dell’esercito russo, la Russia ha organizzato frettolosamente un “referendum” per convalidare la presa illegale della penisola ucraina. In realtà questa tattica utilizzata dalla Russia non è uno sviluppo recente e risale a molti decenni fa, estendendosi ben oltre l’era Putin.
Le sue origini possono essere fatte risalire agli sforzi di Stalin del 1939 e del 1940 per sottomettere la popolazione civile nella Polonia orientale e negli Stati baltici orchestrando voti fraudolenti in seguito all’occupazione militare dell’Armata Rossa.
Nonostante abbiano ricevuto una diffusa condanna a livello internazionale, queste elezioni nei territori occupati hanno il potenziale per rappresentare una minaccia significativa per il futuro della democrazia e sicurezza, non solo in Ucraina, ma anche su scala globale. La ragione di questa preoccupazione risiede nel fatto che queste elezioni potrebbero servire come un pericoloso precedente, ad uso di gruppi e personalità finte pacifiste, per sostenere che la Russia gode di un livello di sostegno locale all’interno della popolazione ucraina.
Questa situazione è preoccupante perché potrebbe portare a diversi esiti negativi. In primo luogo, un simile precedente potrebbe incoraggiare altri paesi con ambizioni espansionistiche a impiegare tattiche simili in altre parti del mondo. Ed in secondo luogo, potrebbe creare divisioni all’interno della comunità internazionale, rendendo difficile stabilire una risposta unitaria alle violazioni della sovranità e dei principi democratici. Ciò potrebbe indebolire il sistema globale di pesi e contrappesi che cerca di scoraggiare l’aggressione e garantire la sicurezza internazionale.
Queste elezioni, inoltre, sottolineano l’importanza di una vigilanza continua e di un’azione collettiva per sostenere i valori democratici e proteggere la sovranità delle nazioni in un panorama geopolitico sempre più complesso.