SERBIA: Ingresso negato a Jovana Marovic. Come il regime ostacola le voci critiche

Mercoledì 23 agosto, al suo arrivo all’aeroporto di Belgrado, le autorità serbe hanno vietato l’ingresso sul suolo nazionale all’ex ministra montenegrina agli affari europei, Jovana Marović, col pretesto della “protezione della sicurezza della Serbia e dei suoi cittadini”. Lo ha rivelato la stessa Marović in serata, ironicamente ringraziando il presidente serbo Vučić per averla “trasformata in una eroina”.

Il presidente montenegrino Jakov Milatović, ha confermato il ritorno di Marović a Podgorica e si è detto sorpreso per la decisione di Belgrado, sottolineando che i governi della regione dovrebbero abbandonare la pratica di “vietare l’ingresso sulla base delle diverse opinioni politiche” e affermando “sono certo che Jovana Marović non è una minaccia alla sicurezza della Serbia”.

Il ministero degli esteri montenegrino ha notato che una tale pratica “viola i valori democratici e ostacola l’ulteriore sviluppo delle relazioni di buon vicinato e della cooperazione regionale, che sono i principali prerequisiti per costruire un futuro comune europeo”. Dal governo serbo non sono trapelati commenti o reazioni.

La condanna della società civile

Le condanne sono venute da esponenti dell’opposizione e della società civile, tra cui il Fronte Verde della Sinistra (già Ne Davimo Beograd), secondo cui il divieto d’accesso a Marović – che avrebbe dovuto partecipare a un evento regionale a Požega, nella Serbia centrale – è dovuto al sostegno della ex ministra alla proteste “Serbia contro la violenza” scoppiate in seguito alle sparatorie di inizio maggio, ricordando anche come tabloid e media di regime avessero già messo Marović nel mirino.

“Il regime di Aleksandar Vučić e il suo braccio destro della Security Intelligence Agency (BIA) hanno portato la repressione politica a un livello più alto. Ora ai cittadini stranieri viene negata la libertà di movimento a causa delle loro opinioni espresse pubblicamente”, ha aggiunto il partito d’opposizione.

Solidarietà a Marović è venuta anche dal partito Zajedno (Insieme): “Siamo orgogliosi che lei fosse con noi per le strade di Belgrado. Esprimiamo particolare indignazione per i maltrattamenti subiti da Jovana Marovic all’aeroporto di Belgrado”.

Anche il think-tank BiEPAG (Balkans in Europe Policy Advisory Group) ha condannato la decisione. “Il rifiuto delle autorità serbe di far entrare in Serbia Jovana Marović, membra del BiEPAG ed ex vice primo ministro del Montenegro, e di deportarla in Montenegro è uno scandalo e un tentativo di inserire le voci critiche in lista nera”.

L’attivista Milan Antonijević ha notato come il governo serbo abbia chiesto alle autorità moldave di chiarire i motivi del divieto di ingresso al musicista Goran Bregović, come menzionato alla stampa anche dal presidente serbo Vučić ad Atene, eppure vieta l’ingresso in Serbia a una ex ministra di un paese vicino.

Dall’Europarlamento, è arrivata anche la denuncia di Viola von Cramon, dei Verdi, che ha richiesto che la Serbia rispetti i diritti di tutti.

Tredici organizzazioni della società civile contro le liste nere del governo

Tredici organizzazioni della società civile serba, tra cui il Centro per la politica di sicurezza di Belgrado, il Centro di politica europea, CRTA, il Movimento europeo in Serbia e il Centro per la politica contemporanea, hanno rilasciato una dichiarazione giovedì pomeriggio, affermando che il rifiuto di ingresso a Jovana Marović “calpesta ogni libertà democratica”.

“La recente pratica di vietare l’ingresso in Serbia a persone “non idonee” alle autorità serbe, adottata inizialmente nei confronti degli attivisti pacifisti russi, si sta ora diffondendo tra amici ben noti della Serbia democratica e mira a isolare e impedire alleanze con attivisti democratici in tutta Europa, affinché ogni critica al regime venga spenta nella stessa Serbia”, si legge nel comunicato.

Le organizzazioni della società civile hanno affermato che il vero motivo della decisione è stata la critica espressa pubblicamente da parte di Marović nei confronti del presidente della Serbia, nonché la sua partecipazione alle proteste “Serbia contro la violenza”.

L’evidente esistenza, ai confini della Serbia, di liste nere di dissidenti politici del regime dimostra tutta l’arroganza delle autorità ed è il risultato dell’assenza o, spesso, di reazioni miti da parte dell’Unione europea e della comunità internazionale, aggiunge il comunicato.

Dietro le quinte, il ruolo di Vulin

Nominato a capo dei servizi segreti a fine 2022 –  e di recente finito sotto sanzioni americane per i suoi legami col crimine organizzato – l’ex ministro degli interni e della difesa Aleksandar Vulin ha iniziato negli scorsi mesi a fare ampio uso di tali divieti d’accesso amministrativi.

Finora, nel mirino erano finiti soprattutto dissidenti russi, come Peter Nikitin lo scorso luglio. Alcuni deputati montenegrini hanno rimarcato problemi ad entrare in Serbia, dal momento dell’adozione della risoluzione parlamentare su Srebrenica, a luglio 2021.

Ora, la decisione di mettere nel mirino una personalità di spicco, oltre ad un impatto negativo sulle già tese relazioni serbo-montenegrine, non può che aumentare la diffidenza e la preoccupazione per l’abuso ingiustificato da parte delle autorità serbe di misure amministrative che dovrebbero essere riservate alla protezione della sicurezza dei cittadini.

L’ingresso negato a Marović si inserisce in un momento delicato per le relazioni tra Montenegro e Serbia. A Podgorica, sta nascendo l’esecutivo risultato dalle parlamentari dello scorso 11 giugno, in cui il partito centrista Europa ora! ha ottenuto la maggioranza dei voti. Nel nuovo governo guidato da Milojko Spajić non dovrebbero figurare i due principali partiti filoserbi, suscitando l’insofferenza di Belgrado. Negli ultimi mesi, sulla scorta delle tensioni con Pristina, la Serbia ha provato a imporre con la forza la propria leadership regionale: solo cinque giorni fa, ad esempio, il ministro della Difesa Miloš Vučević aveva pubblicamente minacciato ritorsioni contro Macedonia del Nord e Montenegro per la loro politica di riconoscimento del Kosovo. “Vi si ritorcerà contro come successo all’Ucraina”, aveva detto in TV Vučević – che è recentemente succeduto a Vučić alla presidenza del partito di governo – consigliando ai due paesi NATO di non dar troppo per scontata la propria sicurezza.

 Photo: Government of Montenegro

Chi è Andrea Zambelli

Andrea Zambelli è uno pseudonimo collettivo usato da vari membri della redazione di East Journal.

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