BOSNIA: Il tragicomico balletto attorno al trono del Partito socialdemocratico

di Alfredo Sasso

Zeljko Komsić si è dimesso dalla vicepresidenza dell’SDP”. La notizia, lanciata nella giornata di lunedì 19 marzo dal canale Tv1, è stata sorprendente e inattesa. Željko Komsić è una figura-chiave della scena politica bosniaca. Dal 2006 è rappresentante della comunità croato-bosniaca presso la Presidenza collettiva della Bosnia-Erzegovina. È il numero 2 dell’SDP, il Partito Socialdemocratico erede della Lega dei Comunisti e da vent’anni principale partito non-nazionalista del paese.

Komsić non ha addotto i motivi della sua decisione, così i media hanno diffuso due possibili versioni. Secondo la prima, si sarebbe trattato di un disaccordo con Zlatko Lagumdžija, attualmente ministro degli esteri della Bosnia-Erzegovina e Presidente dello stesso SDP. Lagumdžija avrebbe appoggiato la candidatura di Vuk Jeremić, Ministro degli Esteri della Serbia, presso la Presidenza dell’Assemblea Generale dell’ONU, ingorando il parere esplicitamente contrario di Komsić.

Ma ben presto un’altra ipotesi, rivelatasi più fondata, collegava le dimissioni a disaccordi più profondi e radicati tra Komsić e Lagumdžija sulla gestione dell’SDP. Il “caso Jeremić” sarebbe stato un pretesto per accendere la miccia di un latente conflitto interno al partito. Zlatko Lagumdzija è infatti il “padre-padrone” dell’SDP sin dal 1997. Da tempo, dentro e fuori dal partito, si riconosce che la sua gestione, coadiuvata da una cerchia ristretta di dirigenti (la cosiddetta “troika” formata da Damir Hadzić, Marin Ivanisević e Svetozar Pudarić) assume caratteri personalistici e discrezionali. Ed è noto che dentro il partito cova da tempo un silente ma significativo malcontento contro Lagumdžija. D’altronde negli ultimi anni l’SDP ha già conosciuto scissioni e fuoriuscite eccellenti: una su tutte, quella di Nijaz Duraković.

Le improvvise dimissioni di Komsić hanno generato sconcerto nella base militante e un misto di imbarazzo e panico ai vertici dell’SDP. Per due giorni nessun dirigente ha rilasciato dichiarazioni ai media. Nel frattempo, gli altri partiti pretendevano spiegazioni su una vicenda che rischiava di generare conseguenze pesanti e quasi grottesche sull’ambito istituzionale. Infatti la politica estera della Bosnia-Erzegovina è retta congiuntamente da Ministero degli Esteri e Presidenza (proprio le istituzioni dove siedono i due litiganti) e richiede mutua cooperazione tra entrambe.

Solo 48 ore dopo, è arrivato un nuovo coup de théâtre: dopo una riunione d’urgenza tra la dirigenza dell’SDP, Komsić non solo ha ritirato le dimissioni (nonostante le avesse presentate come “irrevocabili”), ma ha persino annunciato l’intenzione di candidarsi alla presidenza dell’SDP nel prossimo congresso previsto per il 2014, dopo le prossime elezioni politiche. “La mia colpa è di essere rimasto nelle retrovie, di aver taciuto su cose su cui non avrei dovuto… Le dimissioni sono state l’esito di questo senso di colpa” così Komsić ha spiegato il suo sorprendente ritiro-rilancio.

E le sorprese non sono finite qui: nella stessa occasione, Lagumdžija ha dichiarato che non si ripresenterà alla guida dell’SDP nel 2014, lasciando così terreno libero a Komsić. Almeno in apparenza. Resta infatti da vedere se quello di Lagumdžija è un passo indietro sincero e definitivo, o se si tratta di una mossa prudente e temporanea per mettersi al riparo dagli attacchi contro di lui (esplosi in questi giorni come un vaso di Pandora), in attesa rilanciare il duello contro Komsić in tempi migliori e provare a tenersi la guida del partito.

Soprattutto, resta da vedere se questa tragicomica vicenda (con la prospettiva di un possibile cambio di leadership) getterà le basi per la democratizzazione, il rinnovamento interno e il recupero delle radici laiche e socialiste dell’SDP, come auspicano alcuni. O se, al contrario, segnerà un ulteriore colpo alla credibilità politica del partito. In quest’ultimo caso, si tratterebbe della terza grave sconfitta politica dell’SDP in soli tre mesi. La prima è coincisa con l’accordo istituzionale dello scorso gennaio per la formazione del governo, che ha favorito i partiti nazionalisti ed emarginato l’SDP, ridimensionandone notevolmente il ruolo politico nonostante il buon risultato elettorale del 2010.

Un mese dopo vi fu la triste vicenda di Emir Suljagić, ex-Ministro dell’Educazione del Cantone di Sarajevo in quota SDP, dimessosi dall’incarico per le minacce di morte ricevute da ambienti radicali islamici (ma anche le pesanti critiche del famigerato reis-el-ulema Mustafa Cerić) per avere promosso una riforma in senso laico dell’istruzione. Suljagić lamentò più volte lo scarso sostegno offerto dall’SDP contro gli attacchi ricevuti dal radicalismo islamico e dal clero ufficiale.

Stando ai risultati elettorali, l’SDP resta stabilmente il primo partito multietnico del paese. Tuttavia, i disequilibri interni e il “deragliamento ideologico” che l’SDP ha vissuto negli ultimi anni, hanno fatto vacillare il presunto ruolo di referente istituzionale della Bosnia laica e multietnica. Un ruolo che l’SDP, se non risolverà le proprie contraddizioni, rischia di perdere definitivamente in futuro.

Chi è Alfredo Sasso

Dottore di ricerca in storia contemporanea dei Balcani all'Università Autonoma di Barcellona (UAB); assegnista all'Università di Rijeka (CAS-UNIRI), è redattore di East Journal dal 2011 e collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso. Attualmente è presidente dell'Associazione Most attraverso cui coordina e promuove le attività off-line del progetto East Journal.

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