L’11 luglio il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha messo sotto sanzioni Aleksandar Vulin, capo dei servizi segreti serbi (BIA) e già ministro degli Interni e della Difesa delle amministrazioni Vučić. Per lui è scattata la designazione ai termini dell’ordine esecutivo 14033, volto a combattere la corruzione internazionale. È la prima volta dal 2017 che gli USA mettono sotto sanzioni un alto dirigente serbo.
La designazione
“Il Tesoro non esiterà ad agire contro quegli attori che abusano delle proprie posizioni per guadagno personale, minando la governance efficace e democratica nei Balcani occidentali”, ha affermato il sottosegretario al Tesoro per il terrorismo e l’intelligence finanziaria, Brian E. Nelson. “L’azione di oggi ritiene responsabile Aleksander Vulin per i suoi atti corrotti e destabilizzanti che hanno anche facilitato le attività maligne della Russia nella regione”.
Secondo la designazione USA, Vulin è personalmente implicato nella criminalità organizzata transnazionale, nel traffico illegale di stupefacenti e nell’abuso di cariche pubbliche a favore della Russia. In particolare, Vulin sarebbe direttamente in affari con il trafficante d’armi serbo-bosniaco Slobodan Tešić, già direttore della società Temex – anch’egli sotto sanzioni americane – a cui traffici d’armi avrebbe garantito piena libertà di azione in Serbia.
Come conseguenza delle sanzioni, è vietato l’ingresso a Vulin negli Stati Uniti e ne vengono bloccate le eventuali proprietà. E’ inoltre fatto divieto ad attori economici pubblici e privati di entrarvi in affari.
Le reazioni
“Dopo l’aggressione criminale della Nato guidata dall’America, dopo l’organizzazione del putsch del 5 ottobre [del 2000, che segnò la caduta del regime di Slobodan Milošević], dopo l’appoggio criminale all’indipendenza del cosidetto Kosovo, l’imposizione di sanzioni ad Aleksandar Vulin quale direttore della BIA è un nuovo attacco diretto alla Serbia e alle istituzioni serbe”, ha reagito in un comunicato il Movimento Socialista di Vulin, come riporta Il Riformista.
“Anche nei miei confronti furono introdotte sanzioni nel 1998-1999, ma non è me ne sia importato molto allora, se devo essere sincero”, ha chiosato il presidente serbo Vučić, ricordando i tempi in cui era Ministro dell’informazione del dittatore Milošević, come riporta Il Piccolo. Vučić ha affermato di credere che le sanzioni siano piuttosto dovute ai rapporti di Vulin con la Russia.
La relatrice per il Kosovo al Parlamento europeo, Viola von Cramon, ha auspicato che l’UE segua gli USA nell’imporre sanzioni contro “chi consente il traffico illegale di armi, promuove Putin e il nazionalismo”». Lo stesso Vulin aveva dichiarato lo scorso ottobre che la Serbia dovrebbe ammettere che “non vuole” entrare nell’Unione europea e che “non vi appartiene”.
Chi é Aleksandar Vulin
Nato a Lozovik nel 1972 da genitori serbo-bosniaci, Aleksandar Vulin ha iniziato la carriera politica al tempo del liceo a Novi Sad sostenendo la rivoluzione anti-burocratica guidata da Slobodan Milošević tra il 1986 e il 1989. Si lega poi al “partito dell’esercito” del generale Stevan Mirković (pur non avendo mai fatto servizio militare), e alla Sinistra Jugoslava di Mirjana Marković, moglie di Milošević (se ne allontana nel 1998, a seguito della loro alleanza coi Radicali di Šešelj).
Nel 2008 Vulin fonda il Movimento dei Socialisti e, con l’arrivo al governo di Vucic nel 2012, viene nominato alla direzione del nuovo Ufficio per il Kosovo e Metohija, per divenirne poi Ministro l’anno successivo. La sua carriera avanza in parallelo al consolidamento del regime dei Progressisti: è Ministro del lavoro e dei veterani nel 2014, periodo in cui si fa notare per le regolari polemiche con la Croazia (Zagabria lo dichiarerà persona non grata nel 2018).
Nel 2019 è nominato Ministro della difesa nel governo Brnabić, e l’anno successivo passa al ruolo di Ministro degli interni. Nell’agosto 2022, a invasione dell’Ucraina in corso, Vulin visita Mosca e dichiara con orgoglio a fianco del ministro degli esteri Sergey Lavrov: “La Serbia è l’unico stato in Europa che non ha introdotto sanzioni e non ha preso parte all’isteria anti-russa“. Sebbene Belgrado abbia condannato l’invasione, ha infatti rifiutato di aderire alle sanzioni internazionali contro Mosca.
Mondo russo, mondo serbo
Dal 1° dicembre 2022 è direttore dell’Agenzia per la sicurezza e l’informazione della Serbia (BIA), una nomina considerata fortemente controversa.
A gennaio, un gruppo di attivisti serbi, russi e ucraini ha presentato denuncia contro il gruppo paramilitare russo Wagner e i suoi sostenitori, tra cui Vulin, accusandoli di reclutare serbi per combattere contro l’Ucraina. Tra di loro vi era anche Petr Nikitin, dissidente russo residente a Belgrado dal 2016, che proprio nei giorni scorsi è stato trattenuto per oltre 48 ore senza giustificazione all’aeroporto di Belgrado. E nel 2022, come riportato dal quotidiano Nova di Belgrado, il dissidente russo Vladimir Kara-Murza denunciava di essere stato intercettato durenta un incontro a Belgrado con altri membri dell’opposizione russa: Vulin avrebbe consegnato le trascrizioni dei colloqui a Mosca.
Vulin è considerato il teorico del Srpski Mir, l’ideologia del “mondo serbo”, ricalcata su quella moscovita del “Russkiy Mir” e considerata da più parti la versione 2020 della vecchia ideologia ultranazionalista della Grande Serbia, che fece da detonatore delle guerre jugoslave degli anni ’90.
Sempre Vulin nel 2017 avevo omaggiato l’ex comandante delle truppe serbe di stanza a Pristina durante la guerra del Kosovo, il generale Vladimir Lazarević, nel novembre 2021 aveva fatto mettere la polizia a guardia di un murale in onore del criminale di guerra Ratko Mladic, e nei giorni scorsi ha accolto a Belgrado e offerto una borsa di studio per l’Accademia Nazionale di Sicurezza a due studentesse serbo-bosniache dell’Università di Sarajevo, finite nella bufera social per aver glorificato il genocidio di Srebrenica.
Chi è il suo sodale, Slobodan Tešić
Nato a Kiseljak in Bosnia centrale nel 1958, Slobodan Tešić è un trafficante d’armi serbo con stretti legami con il Partito progressista serbo al potere. Tešić finisce nella lista nera ONU dal 2003 al 2013 come trafficante d’armi: la sua azienda Temex aveva dirottato armi dalla Nigeria alla Liberia, in quello che divenne noto come lo scandalo Orao. Nel 2009, Tešić avrebbe tentato di fornire a Muammar Gheddafi armi Zastava e missili Sloboda per un valore di 50 milioni di dollari attraverso la sua ditta Melvale.
Secondo gli esperti ONU, dal 2013 all’estate del 2014 Tešić avrebbe inviato in Libia 3.000 tonnellate di munizioni bielorusse, nonché armi di piccolo calibro, leggere e mitragliatrici serbe che, a partire dall’aprile 2014, avrebbero rifornito non l’esercito libico ma le milizie tripoline di Khaled Al Sharif, impegnate nella guerra civile contro il governo internazionalmente riconosciuto di Tobruk.
Tešić è anche proprietario della ditta Vektura trans che avrebbe rifornito l’Armenia di armi serbe durante il conflitto con l’Azerbaigian nell’autunno 2020, incluse mine e granate Krušiko.
Le compagnie di Tešić godevano di un trattamento preferenziale nell’acquisto di armi dalle fabbriche serbe, ha rivelato alcuni anni fa un informatore della Krušik.
Tešić possiede due società serbe, Partizan Tech e Technoglobal Systems DOO Beograd, e due società con sede a Cipro, la Grawit Ltd fondata nel 2010 e la Charso Ltd fondata nel 2012, entrambe con sede a Limassol, presumibilmente collegate a finanziamenti per politici e il Partito progressista serbo. Nel 2013 il suo nome viene rimosso dalla lista nera ONU, su insistenza del nuovo governo serbo guidato da Vučić, come ricorda KRIK. L’allora ministro degli Esteri, Ivan Mrkić, gli concesse il passaporto diplomatico. Sua figlia Danijela Vasilijević, già nelle liste elettorali SNS, ha poi ottenuto un posto presso il Ministero degli esteri serbo.
Tešić è soggetto a sanzioni degli Stati Uniti dal 17 dicembre 2017 e del Regno Unito dal 9 dicembre 2022. Un’inchiesta di BIRN dello scorso agosto ha rivelato come Tešić abbia continuato a vendere munizioni a società americane nonostante le sanzioni, tra cui una che era in affari con lo stesso Pentagono.
Foto: Beta/MUP/Anton Antanasijević