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La Russia di domani ha bisogno di persone come Oleg Orlov

Oleg Orlov, attivista per i diritti umani e cofondatore di Memorial, rischia fino a tre anni di reclusione. L’accusa a lui mossa é di “vilipendio reiterato dell’esercito”.

 “Volevano il fascismo. L’hanno ottenuto”

Orlov è stato arrestato lo scorso marzo in seguito alla condivisione di un post su Facebook, che conteneva la traduzione in russo di un articolo scritto in francese per Mediapart. Precedentemente, era stato multato due volte per aver preso parte a due picchetti contro la guerra in Ucraina: queste sanzioni amministrative hanno aperto la strada al suo procedimento penale.

Nell’articolo in questione, dal titolo “Volevano il fascismo. L’hanno ottenuto”, l’autore riporta la definizione di fascismo formulata dall’Accademia delle scienze russa nel 1995, e riflette sul ruolo che ha giocato la guerra in Ucraina nello sviluppo del regime putiniano. Secondo Orlov, la definizione formulata dall’Accademia illustra la Russia di oggi: “il fascismo è un’ideologia e una pratica che afferma la superiorità e l’esclusività di una particolare nazione o razza e cerca di fomentare l’intolleranza nazionale, di giustificare la discriminazione contro i membri di altre nazioni, di negare la democrazia, di stabilire un culto del leader, di usare la violenza e il terrore per sopprimere gli oppositori politici e tutte le forme di dissenso, e di giustificare la guerra come mezzo per risolvere i problemi tra gli Stati”. Tutto questo si trova alla base dell’odierna propaganda del presidente Putin. Il vero colpevole. Non l’unico, però, perché anche le persone che lo hanno sostenuto (e lo sostengono tuttora) hanno avuto la loro parte, forse non pienamente consapevoli di ciò che sarebbe potuto accadere, e, senz’altro, impotenti all’interno del suo sistema autocratico.

Ma Orlov ha speranza: il regime, a un certo punto, crollerà.

Con questa convinzione, l’otto giugno, giorno della prima udienza, Orlov è entrato in aula e ha mostrato alle telecamere il libro di Aleksander Baunov “La fine del regime” (best-seller in Russia, nonostante tutto).

Durante l’udienza, Orlov ha citato la Costituzione, che garantisce (sulla carta) la libertà di parola, e ha perciò tentato di difendersi contro l’accusa, affermando di aver scritto un articolo che riporta la propria visione degli eventi, e che, pertanto, perseguirlo sarebbe anticostituzionale. Nel team di difesa dell’attivista rientra anche Dmitrij Muratov, caporedattore della rivista indipendente Novaja Gazeta e vincitore del Premio Nobel per la Pace 2021, a cui inizialmente era stata negata la possibilità di partecipare in qualità di difensore.

Il capo della Commissione per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, ha definito il processo a Orlov “una parodia della giustizia”, che dimostra il disprezzo per i diritti umani più elementari. La prossima udienza è fissata per il tre luglio.

Memorial: l’associazione che lotta per la verità storica e i diritti umani

Memorial è un ONG fondata nel 1987 per commemorare le vittime della repressione politica dell’era sovietica. Come è scritto sul sito ufficiale, Memorial è più un movimento che un’organizzazione, e ha lo scopo di ristabilire la verità storica e difendere i diritti umani. Una delle prime iniziative condotte da Memorial è stata quella di erigere un monumento alle vittime della repressione politica in URSS. Successivamente, venne deciso che un semplice monumento non sarebbe stato sufficiente: era necessario un intero complesso commemorativo, con un museo, un archivio e una biblioteca. Memorial è riuscito a ottenere lo status ufficiale nel 1989, un anno dopo la morte del simbolo del movimento sovietico per i diritti umani: il fisico Andrej Sacharov, e, proprio al suo funerale, il presidente Michail Gorbačëv avrebbe acconsentito a registrare l’associazione su richiesta della moglie di Sacharov, Elena Bonnėr.

In realtà, solo i primi anni Novanta possono essere considerati un periodo tranquillo nella storia dell’associazione; molto presto, infatti, iniziò a crescere la pressione su Memorial, soprattutto nel Caucaso settentrionale (lo stesso Orlov nel 2007 è stato rapito in Inguscezia). Con il terzo mandato di Putin, la lotta contro Memorial e altre organizzazioni per i diritti umani è diventata parte della politica statale russa. L’associazione ha rischiato di essere soppressa già nel 2015, quando il Ministero della Giustizia ha accusato Memorial di minare l’ordine costituzionale. A dicembre 2021, la Procura generale ha ottenuto la liquidazione di Memorial per “ripetute violazioni”, in particolare per non aver segnalato il suo status di “agente straniero”: la ONG non avrebbe posto correttamente sui suoi materiali l’etichetta necessaria.

Sono molti coloro che associano Memorial allo studio della repressione sovietica; da oltre trent’ anni, però, l’organizzazione è impegnata non solo nel ricordo, ma anche in un importante lavoro sui diritti umani, dal salvataggio degli ostaggi all’assistenza ai rifugiati. Senza questa istituzione è impossibile immaginare la società civile russa.

Memorial Italia riceve una copia della medaglia del Nobel

Memorial comprende diverse filiali e un certo numero di organizzazioni indipendenti provenienti da Russia, Ucraina, Belgio, Germania, Francia, Repubblica Ceca e Italia. L’associazione italiana è stata fondata nel 2004, e da quel momento opera per divulgare e far riflettere l’opinione pubblica su temi come violenza, totalitarismo e libertà negate.

Lo scorso giugno, Memorial Italia ha ricevuto una copia della medaglia del Nobel, conferita a Memorial nel 2022 insieme al Centro per le libertà civili di Kiev e al dissidente bielorusso Ales’ Bjalackij. Per questa occasione sono stati organizzati eventi a Roma e Milano, e il 12 giugno si è tenuta anche una conferenza stampa al Senato, nella Sala Caduti di Nassiriya, dove si è discusso di dissidenza russa e repressioni politiche. Erano presenti, tra gli altri, la presidente di Memorial Internazionale, Elena Žemkova, e il presidente di Memorial Italia, Andrea Gullotta, che hanno ricordato che “la solidarietà con i dissidenti russi, è ancora un tassello mancante all’interno del grande fronte a fianco del popolo ucraino”.

L’auspicio, dunque, è che le istituzioni italiane e le forze del Governo possano dare un sostegno concreto ai dissidenti russi. Lo stesso Gullotta lo scorso aprile ha presentato insieme a Lia Quartapelle (deputata PD) la proposta di disegno di legge “Dissenso”, con lo scopo di tutelare la permanenza in Italia dei cittadini della Federazione Russa che rischiano di essere perseguiti nel loro Paese. Perché l’ingresso per i civili ucraini che fuggono dalla guerra è piuttosto agevolato, ma i dissidenti russi che non vogliono tacere e si oppongono al regime stanno incontrando delle difficoltà a rimanere in Italia legalmente.

Un patriottismo diverso

È necessario ripetere che, in questa tragedia che coinvolge milioni di persone, c’è l’altra Russia. La Russia che resiste. La Russia solidale che scrive lettere e manda cartoline ai prigionieri politici. La Russia che protesta contro la guerra e riceve sentenze da era sovietica. La Russia che crede possibile la fine del regime. La Russia che pretende la democrazia.

Ma perché rimanere in un Paese che ti perseguita con ogni mezzo possibile e ti impedisce di esprimere liberamente la tua opinione? Secondo Jonathan Littell, scrittore statunitense che ha preso parte a una missione umanitaria in Cecenia negli anni Novanta, non è possibile ridurre la risposta al “proverbiale sacrificio slavo”. Esiste un patriottismo radicato nel popolo russo, che si discosta fortemente da quel patriottismo “meschino e imperialista” di cui si fa portavoce la leadership. Coloro che decidono di restare lo fanno perché nutrono un profondo amore verso la propria patria, un amore inscindibile dal senso di giustizia. Abbandonare il Paese invece di lottare per renderlo libero e democratico equivarrebbe a disertare. Dunque, la prigione (o peggio, la morte) sono il prezzo da pagare per la libertà di tutti. Per dimostrare al mondo, ancora una volta, che la Russia non è Putin.

La Russia, quella di domani, ha bisogno di persone come Oleg Orlov, Jurij Dmitriev, Ilj’a Jašin, Aleksej Naval’nyj… La Russia di oggi queste persone le condanna e prova a metterle a tacere, ma la loro voce è più forte. Arriva fino a qua.

Immagine dalla pagina Facebook di Memorial Italia.

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