Moldavia al bivio
Qualche giorno fa, in un articolo scritto per il Guardian, Nathalie Tocci ha proposto una chiave di lettura interessante per interpretare l’ultima, turbolenta settimana politica moldava: la Moldavia sopravvive soltanto grazie alla resistenza ucraina – come per altro sostenuto dal primo ministro Dorin Recean. E parallelamente a quanto accade in Ucraina, con le dovute accortezze, si potrebbe dire che anche in Moldavia si sta combattendo una guerra. D’altra parte, dal campo di battaglia non arriva solo l’eco dei combattimenti: missili che sorvolano lo spazio aereo moldavo, tentativi di rovesciare il governo e disinformazione dilagante sono solo alcune delle minacce concrete che Chișinău si trova ad affrontare.
In gioco c’è lo schieramento del paese sullo scacchiere internazionale: il partito di governo, Partito d’Azione e Solidarietà (PAS), che esprime anche la presidente della repubblica, è a favore di una rapida integrazione europea; l’opposizione, composta principalmente dal Partito Șor e dal Partito Socialista (PSRM), vede nella Russia il suo partner più importante.
Le manifestazioni
Questo, brevemente, lo sfondo delle manifestazioni che si sono tenute recentemente nel paese. La più grande, tenutasi a Chișinău il 21 maggio, ha visto la partecipazione di circa 75.000 persone – fonti delle forze dell’ordine. L’evento era stato indetto l’11 aprile dalla presidente Maia Sandu, attraverso un annuncio televisivo. Nelle parole della presidente, l’“Assemblea Nazionale della Moldavia Europea” avrebbe dovuto “dire al mondo che siamo europei e questo è il percorso che abbiamo scelto”. Come ai vicini ucraini, anche alla Moldavia lo status di candidato all’Unione era stato concesso nel giugno dell’anno scorso.
La manifestazione, che ha visto anche la partecipazione della presidente Parlamento Europeo, Roberta Metsola, si è tenuta ad una settimana dal futuro convegno della Comunità Politica Europea, un evento pensato per i paesi “in lista d’attesa” e i paesi vicini all’Unione (come Regno Unito e Norvegia). Un evento, insomma, per dimostrare al Cremlino e all’opposizione filorussa, ai partner europei e ai cittadini, che il percorso di integrazione procede spedito e senza ripensamenti. Sandu ha inoltre dichiarato che la Moldavia entrerà a far parte dell’Unione entro il 2030 – pur senza conferme da parte della presidente Metsola.
La manifestazione, molto partecipata, è stata anche occasione di confronto tra i cittadini, che hanno votato “all’unanimità” per una risoluzione a nome dei “cittadini della Repubblica di Moldova” che emendasse la costituzione inserendo un chiaro riferimento all’orizzonte europeo del paese. La risoluzione chiedeva inoltre la condanna esplicita dell’invasione russa e la futura consegna dei criminali di guerra ad un tribunale internazionale.
Un’assemblea “dall’alto”?
Nonostante la larghissima partecipazione – a fronte di una popolazione abbastanza esigua – non si può dire che l’evento sia nato “dal basso”. La stessa Piattaforma della Dignità e della Verità (PPDA), partito filoeuropeista alleato del PAS, ha criticato la manifestazione definendola un evento “a vocazione elettorale”, citando le prossime elezioni locali che si terranno in autunno. Oltre alla natura forse troppo “istituzionale” dell’evento, alcuni hanno criticato l’ingente somma di denaro spesa dal governo per il trasporto dei manifestanti e l’allestimento dell’evento.
Ulteriore testimonianza di una frattura nella società civile moldava sono le contromanifestazioni tenutesi il giorno di “Moldavia europea”. Le proteste, molto meno partecipate, si sono tenute nelle città di Orhei, Balti e Comrat, capitale della regione autonoma della Gagauzia. Proprio a Comrat le contromanifestazioni – indette dal Partito Șor e dal PSRM – hanno visto anche la partecipazione della neoeletta Bashkan Evgenia Gutsul. In un intervento video, Ilan Șor, leader dell’omonimo partito e oligarca latitante, ha proposto un referendum che stabilisse la linea politica estera moldava.
Il Giorno della Vittoria, il nastro di San Giorgio e i fascisti
Infine, a complicare la settimana politica, il 25 maggio alcuni manifestanti si sono riuniti sotto il parlamento per contestare un progetto di legge a firma PAS che vorrebbe sostituire la festa del “Giorno della Vittoria”, il 9 maggio, con il “Giorno della Commemorazione e della Riconciliazione in memoria dei caduti della seconda guerra mondiale”, l’8 maggio. Il Giorno della Vittoria ricorda la vittoria dell’Armata Rossa nel secondo conflitto mondiale ed è tradizionalmente festeggiata dalle parti politiche e dall’elettorato nostalgico del passato sovietico del paese – con tanto di nastro di San Giorgio, rinnovato simbolo dell’invasione russa e illegale in Moldavia da ormai due anni. La cancellazione della celebrazione – già di per sé divisiva, in quanto estremamente polarizzante – ha visto le accuse congiunte dell’ex presidente della repubblica Igor Dodon (PSRM) e del già citato Șor, uniti nel dichiarare la presidente Sandu e il suo governo “fascista”.