The Zone of Interest di Joanthan Glazer, film di co-produzione polacca, è una delle opere più apprezzate del Festival di Cannes, ma condivide molti legami/contrasti con un altro film dell’Est, presentato alcuni anni fa alla croisette: Il Figlio di Saul di László Nemes.
Il molto atteso lungometraggio del regista di Under the skin ha ottenuto reazioni molto positive dalla critica ed ha ottenuto il Grand Prix allo scorso festival di Cannes. All’apparenza, sembra essere la storia di una famiglia tedesca normale, anche se il sonoro indica che qualcosa sia fuori posto, e la scelta fotografica ha un effetto straniante. Infatti, non è una famiglia qualsiasi: è quella di Rudolf Höß, il gerarca delle SS incaricato a supervisionare Auschwitz, e dietro al muro che delimita il tranquillo giardino della casa si intravvedono le torri del campo di contentramento. Liberamente ispirato al libro di Martin Amis – dal quale eredita molti pochi aspetti oltre al titolo – il film va oltre al concetto di “banalità del male” di Hannah Arendt, anestetizzando completamente l’umanità dei suoi protagonisti: le interazioni sono fredde, poco coinvolte emotivamente, la fotografia – curata dal polacco Łukasz Żal, già direttore della fotografia di Pawel Pawlikowski e in ambito Anglofono di Aaron Kaufman – è un campo medio-lungo costante, spesso un’inquadratura fissa che pone in scena l’intera stanza in cui si svolge l’azione. Del campo di concentramento vero e proprio si vede poco, solo alcuni getti di fumo di treni in arrivo, o le ciminiere. Nemmeno il dialogo dà suggerimenti troppo espliciti a riguardo, perlomeno nella prima metà dell’opera.
Non è un collegamento immediato, ma è possibile compiere un parallelo tra The Zone of Interest e Il Figlio di Saul, film ungherese presentato anch’esso a Cannes, nel 2015 *ed anch-esso vincitore del Grand Prix). Anche in Saul si racconta Auschwitz, ma con una tecnica opposta: il delirio del campo di Auschwitz è narrato interamente attraverso primissimi piani di un Sonderkommando (prigioniero ebreo incaricato di assistere alle operazioni di sterminio)., con una cinepresa a mano libera costantemente in movimento. Sia Glazer che Nemes sfruttano fortemente il sonoro: in Saul spesso le atrocità sono fuori campo o sfocate, percettibili dalle urla ed i rumori vicinissimi, mentre in The Zone of Interest le stesse urla sono distanti, ma non per questo impercettibili. Entrambi i film hanno una colonna sonora immersa molto in fondo al montaggio sonoro, di carattere poco tradizionale.
Vista in questa chiave, l’opera di Glazer risulta molto interessante, soprattutto se la visione è affiancata o seguita da il Figlio di Saul, a creare un dittico quasi perfetto che racconta una delle atrocità più grandi della storia mondiale e dell’Europa orientale.
The Zone of Interest è stato presentato in concorso al Festival di Cannes, ancora non ha una data di uscita italiana. Il Figlio di Saul è stato distribuito in Italia da Teodora Films.