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RUSSIA: Arrestate due drammaturghe per uno spettacolo. Continua la repressione della cultura

Il 5 maggio la regista e poeta Evgenija Berkovič e la drammaturga Svetlana Petrijčuk sono state arrestate in Russia per aver messo in scena lo spettacolo dal titolo “Finist jasnij sokol” (Finist falco lucente)

Da testimone ad accusata

Il 4 maggio Elena Efros, madre della regista Evgenija Berkovič, ha scritto sulla sua pagina Facebook: “Sono venuti a casa nostra per fare una perquisizione. È stato aperto un procedimento penale contro Zenja a causa di Finist”. Secondo le indagini, infatti, Evgenija Berkovič e Svetlana Petrijčuk hanno violato l’articolo 205.3 (parte 2) del Codice penale, avendo fatto nel loro spettacolo “dichiarazioni pubbliche che riconoscono l’ideologia e le pratiche del terrorismo come corrette e bisognose di sostegno ed emulazione“. È stata perquisita anche la casa della nonna della regista, Nina Caterly, nota scrittrice e attivista per i diritti civili negli anni Ottanta e Novanta.

Successivamente, Berkovič è stata portata via per essere interrogata. Lo stesso giorno, la drammaturga Svetlana Petrijčuk è stata arrestata all’aeroporto di Vnukovo, ne ha scritto suo marito Ju. Šechvatov su Facebook.

Ju. Tregubova, l’avvocato di Bervokič che fa parte del progetto per i diritti umani OVD-Info (riconosciuto in Russia come agente straniero), ha affermato che Berkovič inizialmente era stata coinvolta nel caso come testimone.

Berkovič e Petrijčuk saranno trattenute in custodia cautelare fino al 4 luglio, nonostante la richiesta degli avvocati di concedere gli arresti domiciliari (Berkovič ha due figlie adottive con disabilità mentali). Le due donne rischiano fino a sette anni di carcere.

Femminismo radicale e terrorismo islamico

Lo spettacolo Finist falco lucente (un progetto del teatro indipendente Sočki SOSO, fondato da Berkovič nel 2018) racconta di alcune donne russe che hanno deciso di sposare virtualmente rappresentanti dell’Islam radicale e andare a vivere con loro in Siria. La produzione è basata sull’opera teatrale di Petrijčuk. Per la realizzazione sono state utilizzate sentenze reali e verbali di interrogatori di donne in Russia, Kazakistan e Uzbekistan.

Secondo quanto afferma il critico teatrale A. Chitrov, intervistato da Meduza, questo testo illustra il motivo per il quale il reclutamento funziona, o meglio, cosa specificamente nella costruzione della società russa lo permette. Le numerose analogie tra i filmati e la fiaba popolare russa di Afanasjev, che dà il titolo allo spettacolo, servono a Petrijčuk per sottolineare “che le norme sociali adottate in Russia – e la cultura che le tiene insieme – rendono le donne vulnerabili alla manipolazione dei terroristi”.

Alcuni esperti hanno eseguito una perizia sul caso, tra questi troviamo R. Silantjev (ideatore di una pseudoscienza chiamata destructology), che ha analizzato l’opera dal punto di vista contenutistico, linguistico e psicologico. Silantjev sostiene che il femminismo radicale sarebbe pericoloso come lo Stato Islamico. Secondo quanto affermato dallo studioso, “l’ideologia del femminismo radicale, basata sull’idea dell’umiliazione immanente della donna, è tutt’altro che innocua. La destructology ha registrato casi in cui l’impiego di questa ideologia ha portato alla pianificazione e all’esecuzione deliberata di atti terroristici”. Inoltre, l’opera contiene “tracce dell’ideologia dell’ISIS, nonché della sottocultura dei neofiti musulmani russi”.

Questa pièce teatrale, in realtà, pare essere tutto tranne che un’esaltazione dell’ideologia estremista: l’obiettivo è quello di comprendere e tentare di mostrare le motivazioni per le quali le donne russe si ritrovano a sposare dei miliziani, riflettendo anche sulla libertà di scelta politica, personale e di movimento che (non) ci sono nella Federazione russa.

Attraverso il suo lavoro Berkovič ha enfatizzato il discorso femminista, l’idea dell’ingiustizia, della virilità militante della società russa, dell’illegalità, dell’abuso totale, della mancanza di rispetto per le donne. Forse non è un caso che sia presente solo un uomo all’interno del progetto artistico, il produttore A. Andrejevič.

Nel 2022, l’opera ha ricevuto il principale premio teatrale russo, il Zolotoja Maska (Maschera d’oro), nelle categorie miglior costumista e miglior opera drammaturgica.

La petizione di Novaja Gazeta

Il giorno dell’arresto di Berkovič e Petrijčuk, il giornale indipendente Novaja Gazeta ha pubblicato sul proprio sito web una lettera aperta in loro sostegno, firmata dagli stessi giornalisti, incluso il caporedattore Dmitrij Muratov, che ha poi diffuso anche un video messaggio.

Ad oggi sono più di 16.000 le persone che hanno aderito (tra cui artisti, medici, critici teatrali, musicisti, giornalisti), e che si dicono contrarie a questo arresto, condannandolo duramente e rischiando anche di essere perseguite, essendo presenti le loro generalità. Per tutti loro – come per molti altri ancora – non è accettabile essere arrestati per uno spettacolo. Non è accettabile inventarsi delle accuse. Non è accettabile distruggere il teatro e l’ambiente culturale. Sono gli assassini che vanno perseguiti, non i poeti, scrivono nella lettera.

Su YouTube, nel frattempo, è iniziato un altro flash mob. Sono molti gli autori che leggono le poesie di Berkovič e sono molti coloro che credono che la misura cautelare sia stata ordinata proprio per le sue poesie, che hanno iniziato a popolare i social network dopo il 24 febbraio 2022, quando Berkovič ha deciso di fare un picchetto solitario contro l’”operazione militare speciale” in Ucraina ed è stata arrestata passando 11 giorni in carcere.

Nemmeno l’arte può essere salvata

Sono passati ormai quindici mesi dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, e la scena culturale russa sta continuando a subire le misure repressive del governo. Gli artisti che si sono espressi in modo critico contro la guerra sono stati spesso denunciati e licenziati (nel migliore dei casi), o si sono ritrovati vittime di processi, aperti a seguito delle loro dichiarazioni.

La repressione e la censura dilagante stanno tarpando le ali alla scena culturale russa, e questo bisogno spasmodico di controllare ogni elemento della vita quotidiana e annientare tutto ciò che è diverso ci riporta indietro all’era sovietica.

Chi se ne è andato cerca di proseguire le proprie attività con uno sguardo sempre rivolto a ciò che è stato costretto ad abbandonare, chi ha deciso di rimanere lotta e prova a restare fedele alle proprie convinzioni; ma il problema non è solo l’operazione speciale.  Il problema è tutto ciò che la precede, che ne consegue e che contamina.

La libertà negata all’individuo, i diritti privati, gli abusi commessi senza sosta, il silenzio imposto dai piani alti, quando invece tutti vorrebbero gridare, e, malgrado quello che stanno vivendo, ci provano, a gridare.

Non lasciamo che perdano la loro voce.

Chi è Diletta Bacci

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