Marco Polo non è mai stato in Cina, anzi non ha nemmeno percorso le steppe della Via della seta, come sostengono alcuni storici capeggiati da Frances Wood. Non solo il celebre veneziano non ci parla del tè, ma ne Il Milione non troviamo traccia né di ghiacci né di orsi bianchi! Scopriamo infatti che oltre alle Vie della seta terrestri e marittime, esiste anche una Via della seta polare. No, il sole non ha ancora iniziato a picchiare sulle nostre teste, nonostante il surriscaldamento globale, stiamo solo parlando di una delle sfide meno conosciute che la Cina porta al contesto geopolitico.
La rotta polare
Con Via della seta polare si intende la possibilità che le merci cinesi raggiungano i mercati europei attraverso l’Oceano Artico, costeggiando le coste della Siberia. Una rotta resa possibile, questa volta davvero, dal cambiamento climatico che sta sciogliendo la calotta polare. Nel 2010 la Cina aveva già affrontato l’Artico, con quattro navi mercantili precedute da dei rompighiaccio. Ora con l’innalzamento delle temperature, le difficoltà logistiche sembrano essere sempre minori. Si è calcolato che i tempi di percorrenza nell’Oceano Artico siano la metà rispetto all’Oceano Indiano.
Implicazioni geopolitiche
La Via della seta polare rischia di avere notevoli ripercussioni nel panorama geopolitico internazionale. L’intraprendenza cinese potrebbe non essere vista di buon occhio dalla Russia, il cui rapporto con Pechino rischia di diventare sempre più soffocante. Inoltre gli stessi interessi cinesi potrebbero risentirne, visti i notevoli investimenti nell’area mediterranea tra cui anche i porti del Pireo e di Vado Ligure. I paesi interessati a questo progetto potrebbero essere molti, dal Canada in cerca di smarcamento da Washington, all’Islanda sino alla Norvegia il cui ruolo è di fatto cruciale.
Il consiglio artico
La Norvegia ha infatti la presidenza di turno di questo organismo a cui l’Unione Europea, a differenza della Cina, non partecipa nemmeno come osservatore. Presidente uscente è la Russia e la Norvegia si troverà a dover gestire una presenza ingombrante in chiave inclusiva, pena la dissoluzione del consiglio stesso a seguito della guerra russo-ucraina. A supportare la presidenza norvegese ci sarà con tutta probabilità la Cina, che ha già stipulato accordi bilaterali con Norvegia e Islanda. La Cina ha già investito in Siberia, con l’impianto di Yamal, e guarda ora alla Groenlandia.
Non solo artico
La Groenlandia è infatti ricca di materiali rari e potrebbe rendersi presto indipendente, almeno visto il criticato progetto di costituzione elaborato senza troppo clamore negli ultimi anni. Dall’altro capo del mondo, al polo opposto del pianeta. la Cina ha installato diverse basi di ricerca, che alcuni ritengono militari, nell’Antartide da dove era stata esclusa nel 1981 a causa di insufficienti attività scientifiche. Qui il centro di tutto sarà la revisione del Trattato Antartico del 1959, prevista per il 2048 ma che paesi come Russia e Cina vorrebbero anticipare per allentare le restrizioni previste.
Il progetto di Via della seta polare, ossia dell’interesse della Cina per l’Artico è noto dal 2018, quando Pechino pubblicò un libro in merito. Vedremo se il riscaldamento globale sarà causa di una nuova guerra fredda, anzi gelida.