Il 30 aprile si è svolto il primo turno di elezioni per eleggere il nuovo Bashkan della regione autonoma di Gagauzia. Il vincitore o la vincitrice del prossimo ballottaggio succederanno a Irina Vlakh, attuale governatrice, e rimarranno al potere per quattro anni.
Piccola storia recente della Gagauzia
Della Gagauzia abbiamo già parlato tempo fa su East Journal. Si tratta, ad oggi, di una delle regioni più povere dello stato moldavo, che gode di un’ampia autonomia dagli anni ’90 del secolo scorso. Il Gagauz Yeri, il “luogo dei Gagauzi”, ha una popolazione di circa 200.000 abitanti, prevalentemente turcofoni, eredi delle lotte tra impero ottomano e impero russo: nonostante, infatti, la lingua gagauza sia essenzialmente un dialetto turco, i gagauzi sono cristiani ortodossi, sono per gran parte russificati e preferiscono spesso l’uso della lingua russa al moldavo.
A seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica, il neonato stato moldavo e i gagauzi entrano in aperto conflitto, anche a causa dell’elezione, a Chisinau, di numerosi esponenti del Fronte Popolare Moldavo, promotori di un’unione territoriale e amministrativa con la Romania e feroci oppositori dell’autonomia gagauza. La situazione si distenderà solo nel 1994 con la creazione dell’Unità Territoriale Autonoma di Gagauzia: lo stato moldavo concede alla regione di eleggere il proprio governatore (Başkan) e i propri organi rappresentativi e legislativi (Halk Topluşu). Inoltre, Chisinau concede che la Gagauzia riconosca il moldavo, il gagauzo e il russo come lingue ufficiali.
Le relazioni tra Chisinau e Comrat (capitale della regione autonoma) sono rimaste tese dalla proclamazione dell’autonomia ad oggi. Quando nel 2014 lo stato moldavo ha firmato l’accordo di associazione con l’Unione Europea, i gagauzi hanno risposto con un referendum – poi dichiarato incostituzionale da Chisinau – che rifiutava legami più stretti con l’unione in favore di un’apertura alla EEU (Unione Economica Eurasiatica, con a capo il Cremlino). Un ulteriore segnale di distacco dal governo centrale è stata l’elezione di Irina Vlakh nel 2015, riconfermata nel 2019 alla guida della regione: Vlakh, candidata socialista apertamente supportata da Mosca, ha sfruttato i due mandati per rinsaldare i rapporti con la Russia, attraendo parecchi investimenti russi nel territorio autonomo.
Le elezioni
Ad andare al ballottaggio saranno Grigorij Uzun (26,43%) ed Evgeniya Gutsul (26,41%), vincitori delle elezioni a tutti gli effetti. Sul gradino più basso del podio Viktor Petrov, mentre Dmitriy Kroitor si posiziona soltanto quarto.
Uzun è un candidato del Partito dei Socialisti della Repubblica Moldova (PSMR). Per la sua campagna elettorale ha ricevuto, oltre al supporto del suo partito, anche che quello di Igor Dodon, segretario del PSMR ed ex presidente della repubblica moldava (2016-2020). In un incontro preelettorale, Dodon ha insistito su quello che “Uzun non farà una volta diventato Bashkan”: “non imparerà il rumeno e si dirà rumeno come l’attuale Bashkan”; “non dirà che il futuro della Moldavia è nell’Unione Europea”; “non venderà il paese a Soros”. Uzun ha ricevuto anche il sostegno della comunità ortodossa gagauza, i cui ministri seguono fedelmente la linea impostata dalla chiesa metropolita di Chisinau, de facto sottoposta al patriarcato di Mosca.
Evgeniya Gutsul è una candidata del partito Șor – lo stesso partito sospettato di aver organizzato svariate proteste antigovernative dietro finanziamento russo. Per la sua campagna elettorale, Gutsul ha ricevuto, oltre al sostegno dell’oligarca in fuga, capo del partito e recentemente condannato, Ilan Șor, l’esplicito endorsment di Leonid Slutsky, presidente della commissione affari esteri della Duma russa. Il programma economico di Gutsul prevedrebbe l’attrazione di 500 milioni di euro di investimenti nella regione autonoma, oltre che la creazione di 7.000 posti di lavoro e la costruzione di un aeroporto. Entro l’1 giugno 2024, la “terra dei sogni” gagauza – slogan della campagna politica di Gutsul – dovrebbe inoltre ospitare Gagauzialand, un parco divertimenti di cui il partito Șor ha pubblicato una renderizzazione grafica sulla sua pagina facebook. Dal punto di vista politico, il partito Șor si impegna a rinsaldare i legami con Mosca istituendo un organo di rappresentanza in Russia, cosa che violerebbe apertamente i trattati di autonomia stipulati nel 1994. Inoltre, come sottolinea l’agenzia di stampa moldava Nokta, c’è una certa discrepanza tra la dichiarazione dei redditi di Gutsul, l’apparente costo della campagna – che, per esempio, prevedeva per ogni tappa la proiezione di un video di Ilan Șor su un grande schermo portato appositamente – e la dichiarazione resa alla Commissione Elettorale Centrale, dove dice di non aver ricevuto fondi. Il sospetto è che Gutsul non abbia voluto dichiarare la provenienza dei fondi perché questa potrebbe essere quantomeno controversa, se non esplicitamente legata al Cremlino.
I veri sconfitti del primo turno di elezioni rimangono Petrov e Kroitor. Il primo, nonostante il suo programma non differisse di molto da quello di Uzun e Gutsul, non ha avuto la stessa presa sugli elettori, forse anche a causa del fatto che non avesse rappresentanza al di fuori della Gagauzia. Petrov non è infatti associato ad alcun partito moldavo, ma è presidente di un piccolo partito gagauzo nato nel 2022, l’Unione del Popolo di Gagauzia.
Kroitor, il candidato più moderato, silenziosamente sostenuto da Chişinău ed esplicitamente supportato dal Bashkan uscente Vlakh, ha pagato il periodo di impopolarità che la governatrice stava vivendo. Ex ambasciatore moldavo in Turchia, Kroitor ha puntato sul dialogo costante con Chișinău e sulla collaborazione con Mosca e Ankara – una scelta che non ha riscosso molto successo nell’elettorato gagauzo.
La Gagauzia come la Transnistria?
La Gagauzia non è la Transnistria. Anzi, in molti sostengono che la flessibilità di Chișinău e lo sforzo bilaterale per firmare gli accordi del 1994 siano frutto del fatto che nessuno volesse rivivere gli episodi del 1992. Pur non potendo paragonare le due situazioni, anche la Gagauzia ha un alto potenziale di destabilizzazione dello stato moldavo. Una vittoria elettorale del partito Sor, come del PSMR, significa avere circa un 7% della popolazione ostile a qualsiasi forma di dialogo e a qualsiasi processo di integrazione europea. Va considerato anche che Gutsul o Uzun, come successo recentemente, potrebbero offrire al Cremlino la loro forza di mobilitazione dell’elettorato per rinnovare e rinvigorire il discontento per il governo di Chișinău. A prescindere dal risultato del futuro ballottaggio, la situazione rimane da monitorare