Trent’anni fa, durante il conflitto nella ex Jugoslavia, i paramilitari croati uccidevano 120 civili nel villaggio di Ahmići in Bosnia. Adesso i militari condannati dal Tribunale dell’Aja sono in libertà e la politica croata non ha mai ammesso le proprie colpe ed ha invece difeso e acclamato gli autori dei gravi reati di guerra.
Sono passati ormai 30 anni da quel 16 aprile 1993 quando i membri della polizia militare e dell’unità speciale Joker appartenenti al Consiglio di Difesa croato (HVO) attaccarono il villaggio di Ahmići, vicino a Vitez, nella Bosnia centrale. Nelle ore seguenti i soldati croato-bosniaci uccisero circa 120 civili, tutti di nazionalità bosgnacca, in gran parte vecchi, donne e bambini.
Alla commemorazione del trentennale, tenutasi nello stesso villaggio sabato 16 aprile, ha partecipato anche la presidente del Meccanismo per le Corti Penali (MICT, successore del Tribunale dell’Aia) Graciela Gatti Santana: “Sono qui per onorare le vittime e le loro famiglia a nome del Mict. L’attacco ad Ahmići è stato un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità”.
L’esito dei processi a Kordić e Bralo
Come ricordato da Gatti Santana, il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY) ha a suo tempo condannato alcuni degli esecutori e mandanti di quel massacro tra cui Dario Kordić, ex funzionario della autoproclamata comunità croata di Herceg Bosna, e Miroslav Bralo, comandante dell’unità speciale dei Joker. I due hanno scontato la pena, rispettivamente 25 e 20 anni di carcere, ma sono attualmente entrambi in libertà. Bralo ha confessato i suoi crimini già durante il processo ed ha lasciato un lungo testo di ammissione di colpa: “Mi chiamo Miroslav Bralo. Desidero scusarmi personalmente con ciascuna delle mie vittime […] sono veramente dispiaciuto per la loro sofferenza e per quella dei loro cari”.
Kordić è invece diventato un fanatico religioso dopo essere uscito dal carcere nel 2014 avendo scontato tre quarti della pena. Al suo arrivo a Zagabria è stato accolto da una folla che lo acclamava ed è presto diventato ospite gradito nelle manifestazioni cattoliche e nei monasteri in tutta la Croazia. Durante gli ultimi anni ha tenuto numerose conferenze anche a Zagabria sempre ad argomento religioso. Alle numerose accuse e critiche che gli sono state rivolte ha sempre risposto: “Ci sono persone che sono infastidite dall’amore di Dio, articoli brutti e infondati su di me sono stati pubblicati 25 anni dopo gli eventi della guerra”.
La politica “negazionista” nella Croazia di Tuđman
Già alla fine degli anni ’90 Franjo Tuđman, primo presidente della Croazia indipendente e leader del paese durante il conflitto nella ex Jugoslavia, cercò di far passare il massacro di Ahmići come una messinscena da parte delle forze internazionali di pace per raggirare i croati e il suo governo. Negli anni successivi è invece passata una linea diametralmente opposta ovvero che il villaggio era un obbiettivo militare legittimo perché roccaforte dell’Armija BiH (l’esercito regolare bosniaco).
Kordić in particolare ha sempre goduto della protezione dei governi croato e lo stesso Tuđman lo ha insignito di vari premi e onorificenze che non gli sono poi state più revocate. Kordić gode ancora oggi anche del sostegno del partito conservatore croato HDZ in Bosnia Erzegovina, che esprime anche l’attuale primo ministro del paese ovvero Borjana Krišto. In numerose occasioni l’ex paramilitare è stato ospite del partito per convegni e manifestazioni. Ad uno di questi eventi lo scorso mese l’attuale Presidente della Federazione di Bosnia ed Erzegovina (l’entità statale della Bosnia a maggioranza bosgnacca e croata) Lidiija Bradara ha affermato che Kordić avendo già scontato la pena non dovrebbe più essere definito come un condannato per crimini di guerra.
Nel 1997 Kordić è stato consegnato al Tribunale dell’Aja dallo stesso governo croato poiché la pressione internazionale si faceva troppo pesante, tuttavia i servizi di controspionaggio militare e i servizi segreti croati, comandati all’epoca da Miroslav Tuđman, figlio del presidente, hanno avviato una operazione per ostacolare l’attività dell’ICTY ed hanno selezionato e consegnato ai giudici soltanto i documenti necessari per addossare la colpa e le responsabilità del massacro a persone non gradite al regime. Tra questi militari di alto rango non graditi alla presidenza c’era anche il generale dell’esercito croato (HVO) Tihomir Blaškić, a cui cercarono di attribuire tutte le responsabilità dei crimini commessi nella Bosnia centrale e a cui fu inizialmente comminata una pena di 45 anni, in seguito diminuita a 9.
Questa modalità irresponsabile di affrontare le proprie colpe e i propri reati commessi durante il conflitto è purtroppo comune nei paesi della ex Jugoslavia e non soltanto. Nel caso della Croazia vale per la grande maggioranza dei governi dal 1992 ad oggi e segue l’idea semplicistica e sbagliata per cui le vittime altrui non valgono quanto le proprie e per questo è meglio ignorarle o non rispettarle.
L’eccezione di Josipović e le assoluzioni sull’Operazione Oluja
Zagabria ha conosciuto un unica eccezione nel 2010 con l’ex presidente socialdemocratico Ivo Josipović che andò ad inchinarsi davanti al memoriale delle vittime di Ahmići. Tale importante gesto non ha però avuto particolare seguito negli anni successivi ed anzi nei due anni successivi l’entrata della Croazia nell’Unione Europea e l’assoluzione dei due generali Ante Gotovina e Mladen Markač hanno se possibile peggiorato le cose innescando nel paese un clima di euforia che ha fatto passare definitivamente in secondo piano i crimini commessi.
Il processo in cui sono stati assolti i due generali riguardava i crimini di guerra commessi durante l’operazione militare Oluja nell’estate del 1995. Tali crimini, tra cui la deportazione forzata di civili serbi e il bombardamento della città di Knin, non hanno ancora un colpevole e anche in questo caso l’atteggiamento tenuto dalle autorità di Zagabria è di disinteresse o addirittura negazionista.
La pesante eredità della guerra di fine anni ’90 è ancora ben presente nella vita politica della Croazia e di tutti i paesi della ex Jugoslavia. La politica per amore del consenso ha attaccato e continua a screditare i processi internazionali contro i tanti politici e militari accusati di crimini di guerra.
Foto: Quahadi Añtó, CC BY-SA, Wikicommons