In occasione della Pasqua ortodossa, alti esponenti religiosi di Serbia e Macedonia del Nord si sono espressi in materia di diritti civili, condannando l’uguaglianza di genere, il femminismo, le madri single e le donne divorziate.
Dopo i recenti episodi di omofobia in Republika Srpska, l’entità serba di Bosnia, ora anche in Serbia e Macedonia del Nord si torna a parlare di negazione dei diritti civili, attraverso le parole di due importanti esponenti religiosi in occasione della Pasqua ortodossa.
Le dichiarazioni
Durante gli auguri e gli appelli per la pace tipici della festività, il metropolita Petar Jovan Karevski dell’eparchia di Prespa-Pelagonija della Chiesa ortodossa macedone e il 46° patriarca della Chiesa ortodossa serba, Porfirje, si sono espressi molto chiaramente in materia di diritti civili, lanciando ai fedeli messaggi inequivocabili.
Il religioso macedone ha definito “blasfema” l’uguaglianza di genere, etichettandola come una “ideologia velenosa e perversa” che minaccia la società e che porterebbe le donne al divorzio. Karevski si è anche espresso contro l’eccessiva emancipazione della donna contemporanea, rea di aver abbandonato il tradizionale posto nel focolare domestico per fare carriera e assumere posizioni di rilievo nelle aziende, anche nell’impensabile condizione di divorziata o di genitore single.
Il patriarca serbo ha invece dichiarato che la lingua serba e l’alfabeto cirillico devono essere protetti dalla “violenza” imposta dalle disposizioni di legge che introducono il cosiddetto linguaggio “gender sensitive” e di parità linguistica, i quali, secondo il religioso, sarebbero alla base della “lotta contro il matrimonio e la famiglia stabilita da Dio” intrapreso dalla società moderna.
Le reazioni
Le reazioni della politica non si sono fatte attendere. Il ministro del Lavoro e delle politiche sociali della Macedonia del Nord, Jovanka Trencevska, ha affidato a Facebook un post nel quale ricorda al religioso suo connazionale che il nostro “non è il tempo dell’inquisizione”, e che le parole “velenose” pronunciate in occasione della Pasqua ortodossa “offendono e umiliano il 51 per cento della popolazione”.
In risposta alle parole del patriarca, in Serbia, Pavle Grbović, a capo del Movement of free Citizens, all’opposizione, ha twittato: “Femminicidio, violenza ostetrica, alimenti non pagati, scarso lavoro dei servizi sociali, insicurezza economica e tutte le altre forme di insicurezza… forse sono queste le cose che mettono più in pericolo il matrimonio e la famiglia”.
In merito alla questione della parità linguistica sollevata da Porfirje, l’ex ministra dei trasporti, attualmente a capo del Coordinamento per la parità di genere, Zorana Mihajlović, ha dichiarato che la parità linguistica sembra essere – per la Chiesa ortodossa – un argomento “più delicato della violenza contro le donne”. Per Miloš Urošević, attivista dell’organizzazione “Žene u crnom” (Donne in nero), le parole del patriarca non rappresentano una novità, poiché questo è il modo della Chiesa “di attaccare ciò che considera moderno, straniero ed europeo”. Secondo Vanja Macanović, dell’associazione “Autonomni ženski centar” di Belgrado la Chiesa ortodossa serba è “un’organizzazione tradizionale e patriarcale” che ha sempre difeso una visione in linea con i propri principi: “la donna deve restare a casa, senza lavoro retribuito, occupandosi della casa e della famiglia”.
Il presidente serbo Aleksandar Vučić non ha commentato direttamente le parole del patriarca, ma ha ricordato che la Serbia è uno stato laico e come tale la Chiesa non deve interferire nelle questioni politiche.
La Chiesa ortodossa
In realtà le interferenze tra mondo religioso e mondo politico sono assai frequenti in entrambi i paesi balcanici in questione, dove la Chiesa ortodossa gioca un ruolo importante nella vita sociale e politica. In Serbia, il principio “libera Chiesa in libero Stato” è stato (più volte) smentito, alimentando quel pensiero latente che oggi in Serbia chi è nemico della Chiesa serbo ortodossa è nemico del popolo serbo.
Questo rapporto Stato-Chiesa, spesso controverso, ha portato ad una graduale clericalizzazione dello Stato, poiché ogni partito e personaggio politico ha cercato di sfruttare la vicinanza del patriarca e della chiesa alla scena politica serba a proprio favore, Vučić in primis.
Al momento di eleggere il 46° patriarca, nel 2021, l’attenzione per il nome da eleggere fu massima, poiché il nuovo patriarca avrebbe giocato un ruolo fondamentale per la visita del Papa a Belgrado (e poi in Russia), ma anche e soprattutto per il mantenimento della leadership del presidente Vučić, dal momento che, secondo l’esperto di questioni religiose Draško Đenović, Porfirije è da sempre “vicino alle autorità, al primo ministro Ana Brnabić e a Vučić” (all’epoca, gli analisti considerarono l’elezione di Porfirije come la continuazione dei forti legami tra la Chiesa ortodossa serba e i leader politici del paese guidati da Vučić); non solo: nei momenti di altissima tensione tra Kosovo e Serbia dei mesi scorsi, Vučić aveva chiesto la benedizione al capo della Chiesa ortodossa affinché proteggesse e guidasse i serbi del Kosovo, tradizionalmente considerato dalla Chiesa ortodossa serba come la culla della religiosità e spiritualità serbe. Secondo il patriarca il Kosovo “è e resta un cordone ombelicale tra noi Serbi e l’essenza della nostra identità”. Per l’occasione, il presidente Vučić ha anche dichiarato che “il popolo serbo è in una situazione costante di lotta per la propria sopravvivenza”, chiedendo aiuto al patriarca suo connazionale affinché le preghiere e le liturgie della Santa Pasqua forniscano una risposta compatta a tutti coloro che vogliono “l’umiliazione e la scomparsa della Serbia”.
In Macedonia del Nord, l’affermazione di una chiesa autocefala è storia recente. Era il maggio 2022 quando, al termine di una liturgia congiunta con l’arcivescovo di Ohrid nella cattedrale di San Clemente a Skopje, Porfirije annunciò ai fedeli che il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa serba aveva accolto all’unanimità le richieste della Chiesa ortodossa macedone accettando e riconoscendo la sua autocefalia, richiesta e attesa da decenni.
Sia nella Macedonia del Nord che in Serbia, i cristiani ortodossi costituiscono la maggioranza della popolazione. Gli sforzi in entrambi i paesi per introdurre leggi che garantissero una maggiore uguaglianza e combattessero la discriminazione basata sul genere hanno spesso incontrato una forte opposizione da parte della Chiesa. Gli attivisti e i sostenitori dei diritti civili hanno in più occasioni accusato le autorità di entrambi i paesi di essere troppo accomodanti nei confronti delle posizioni della Chiesa, o di non essere abbastanza risolute da contraddirle, nonostante entrambi siano ufficialmente due paesi laici.
Photo: k1info.rs