La Bulgaria verso le quinte elezioni in due anni: alcuni cambiamenti importanti avvenuti sulla scena politica potrebbero portare una maggiore stabilità dopo il voto.
La Bulgaria si avvia verso le sue quinte elezioni in due anni, domenica 2 aprile. Un segno di instabilità politica che potrebbe protrarsi anche a seguito del nuovo voto, seppure questa volta lo scacchiere politico abbia subito alcuni cambiamenti importanti.
Paralisi politica
Le ultime elezioni, tenutesi ad ottobre 2021, si erano risolte in un nulla di fatto, nonostante il partito dell’ex premier Bojko Borisov (GERB) avesse vinto con un quarto dei voti totali. La stabilitocrazia di stampo mafioso introdotta dal regime di Borisov – e ampiamente sostenuta in passato dalla stessa UE – non era però riuscita ad attrarre un numero sufficiente di voti per formare un nuovo governo. Borisov si era prima rivolto all’estrema destra e al partito della minoranza turca (il “Movimento per i Diritti e la Libertà”) per formare una coalizione, poi si era goffamente approcciato ai socialisti, che avevano da subito escluso ogni possibilità di formare un governo con il GERB.
Il presidente della Repubblica Rumen Radev ha quindi dato mandato di formare un governo a “Continuiamo il cambiamento” (centrista anticorruzione) dell’ex premier Kiril Petkov e, infine, ai socialisti di Kornelia Ninova: entrambi i tentativi si sono risolti in un nulla di fatto.
Le novità
Nel frattempo, come detto, i partiti hanno annunciato alcune novità degne di nota. “Continuiamo il cambiamento” di Petkov si presenterà alle elezioni con “Bulgaria Democratica” (pro-UE, liberale, ambientalista) di Hristo Ivanov: i due partiti, già partner di governo, condividono diversi punti programmatici, primi su tutti anti-corruzione e sostegno all’Ucraina. Secondo i sondaggi, l’alleanza vincerà le elezioni, posizionandosi poco sopra il GERB.
L’altro cambiamento è invece a sinistra: la virata a destra dei socialisti promossa dalla leader Kornelia Ninova non ha per nulla convinto l’elettorato negli ultimi anni e le voci critiche sulla leadership si rafforzano sempre di più. La strategia ha inoltre lasciato spazio libero a sinistra, colmato da un nuovo partito, “La Sinistra”. La nuova formazione è probabilmente sovrastimata nei sondaggi (che la danno sopra al 3%): le difficoltà nell’imporre un nuovo programma distante dai socialisti potrebbero facilmente condurre ad un flop elettorale. Resta il fatto che il nuovo partito rosicchierà voti utili ai socialisti, che ormai si assestano nei sondaggi intorno al minimo storico del 7%. Un risultato così basso per i socialisti di Ninova non significa però che il partito sarà irrilevante: salvo sorprese, sembra infatti impossibile, sia per il GERB che per l’alleanza liberale, formare una grande coalizione senza i socialisti.
Infine, il partito della minoranza turca (che tradizionalmente ha svolto il ruolo di pivot nella formazione di alleanze governative) ha annunciato che vorrà partecipare alla formazione del nuovo governo, sia esso guidato dal GERB o dal blocco liberale. Immaginare un governo con GERB resta difficile, visto che questo dovrebbe includere anche il partito di estrema destra “Rinascimento”, fortemente xenofobo e anti-turco. Sembra quindi più realizzabile la prospettiva di formare un governo con “Continuiamo il Cambiamento” e “Bulgaria Democratica”, anche se i sondaggi, come detto, sembrano indicare che la presenza dei socialisti sia indispensabile per raggiungere la maggioranza.
La variante Russia
Nelle ultime settimane alcune notizie relative all’invasione dell’Ucraina hanno acceso gli animi e potrebbero quindi influire sull’esito delle elezioni.
A inizio anno, un’inchiesta di Die Welt ha rivelato che la Bulgaria avrebbe fornito (di nascosto e tramite paesi terzi) un aiuto ingente all’Ucraina nel periodo subito dopo l’invasione russa. L’inchiesta ha da un lato rafforzato la posizione pro-ucraina di Petkov e dall’altro ha scalfito ulteriormente la credibilità dei socialisti. Tradizionalmente filorusso, il Partito Socialista Bulgaro si è fortemente opposto all’invio di armi all’Ucraina. Ninova ha dichiarato a Die Welt che “la Bulgaria non ha mai fornito direttamente armi all’Ucraina. Chiunque lo dichiari è un bugiardo. La Bulgaria non ha fornito neanche una cartuccia all’Ucraina”. Come vice-premier, e soprattutto come ministra dell’Economia e dell’Industria, però, Ninova era sicuramente al corrente dell’escamotage rivelato dall’inchiesta: il ministero di cui era a capo durante il governo Petkov era infatti responsabile del commercio di armi. Lei stessa, interrogata in parlamento, aveva dichiarato che, tra marzo e giugno, l’export di armi bulgare era triplicato.
Poi, la municipalità di Sofia ha annunciato che un monumento all’Armata Rossa sarebbe stato rimosso dalla sua attuale locazione. La decisione, promossa da “Bulgaria Democratica” e supportata dal GERB, ha spinto alcuni partiti filorussi a scendere in piazza. Particolarmente virulente sono state le reazioni dei gruppi di estrema destra “Rinascimento” e Ataka, ma anche dei socialisti. A capitalizzare il sentimento filo-russo sarà probabilmente “Rinascimento” che, secondo i sondaggi, confermerà la sua crescita.
Infine, il presidente Radev ha annunciato che il governo provvisorio da lui nominato non avrebbe partecipato all’azione comune dei paesi UE per fornire armi all’Ucraina.
Non ci avesse abituato altrimenti, in Bulgaria la situazione sembra più rosea rispetto agli ultimi due anni in termini di futura stabilità politica. Se non altro perché le ripetute elezioni hanno stancato i bulgari (l’affluenza al voto è ai minimi storici, sotto il 40%) e la pressione sui partiti per formare una grande coalizione è sempre più forte.
Foto: dal profilo Facebook di Kiril Petkov