Il dramma del Karakalpakstan è nel suo stesso nome, provate a pronunciarlo velocemente ed immaginate poi di farne slogan nei cortei; semplicemente non funziona. La repubblica autonoma del Karakalpakstan, vede oggi una lotta di fondamentale importanza svolgersi nel più totale silenzio. I nomadi pescatori karakalpaki, abitanti un territorio polveroso di quasi 200mila km², non sono papabili atlantisti mentre l’Uzbekistan non regge il confronto con ben più temibili vicini per il ruolo del cattivo. In sostanza il Karakalpakstan e la sua rivolta non fanno audience e non suscitano risse da bar.
Un problema costituzionale
Recentemente si sono svolti i processi per i fatti del 1 e 2 luglio 2022, quando scontri tra la folla e le forze di polizia uzbeke portarono alla morte di circa venti persone. Causa scatenante le voci che politici di Tashkent e di Nukus, la capitale karakalpaka sede di un bellissimo museo, si stessero accordando per eliminare l’autonomia di cui il Karakalpakstan gode all’interno della Repubblica uzbeka. Scontri che portarono all’intervento diretto del presidente Shavkat Mirziyoyev e lo stralcio delle modifiche costituzionali contestate, ossia il diritto di secessione attraverso un referendum.
Nemmeno Wikipedia
La difesa di questa norma, di fatto un retaggio sovietico, più che una resistenza alla modernità può essere vista come il simbolo di una comunità dimenticata pressoché da tutti. Basti dire che nella lista dei separatismi in Asia riportati da Wikipedia, al fronte karakalpako è riservato un link provo di contenuti. Anche sui media uzbeki non si è parlato molto di questi processi, mentre le fasi più avanzate dei dibattimenti si stanno svolgendo a a Buchara (600km dal Karakalpakstan) con la scusa che il tribunale di Nukus è inagibile; le reazioni della comunità karakalpaka preoccupano Tashkent.
Il disastro ambientale
Eppure, se geopoliticamente il Karakalpakstan in rivolta non ha eroi da immortalare o dirette strappalacrime da offrire, alla prova dei fatti si trova ad affrontare quanto di più grave possa abitare i nostri incubi: una catastrofe ambientale. La popolazione karakalpaka vive da tempo immemore in simbiosi con il lago d’Aral, un lago letteralmente scomparso per interessi economici come la produzione del cotone. L’uomo domina la natura, ma il profitto domina l’uomo ed a farne le spese la popolazione locale, che viene ricordata giusto in qualche documentario di frontiera sulle barche nel deserto di Moynaq.
Le speranze mancate
La natura benigna ha provato ad aiutare la popolazione locale, il ritiro delle acque dell’Aral ha rivelato giacimenti di petrolio e gas, ma a trarne vantaggio non sono stati i karakalpaki. Verso le terre della regione, con relativo sfruttamenti dei giacimenti, si è sviluppata una vera corsa da parte degli investitori cinesi e dei loro partner di Tashkent. Altro elemento che spiega il Karakalpakstan in rivolta, nono stupisce che gli imputati processati a Buchara sono per la maggior parte personaggi di spicco della società civile locale. Gli accusati faranno comunque appello, nel silenzio dei media.
Forse mentre gli occhi di tutto il mondo sono puntati altrove, una questione molto concreta e che ben rappresenta le contraddizioni del sistema in cui viviamo si svolge tra la polvere di Nukus. Il Karakalpakstan e la sua rivolta hanno molto da insegnare a chi voglia vedere.