Sebbene non sia stata posta nessuna firma, Serbia e Kosovo trovano l’accordo per la normalizzazione dei rapporti: un traguardo raggiunto grazie alla mediazione UE e allo spauracchio delle possibili conseguenze sui processi di adesione. Sono pero’ ancora tanti gli interrogativi da chiarire.
Il meeting
Sabato 18 marzo, sulle sponde del lago di Ohrid, in Macedonia del Nord, si è tenuto il nuovo faccia a faccia tra il presidente serbo Aleksandar Vučić e il primo ministro kosovaro Albin Kurti. I due leader si sono incontrati tre settimane dopo il meeting di Bruxelles, durante il quale era stato accettato l’ormai noto piano europeo per la normalizzazione dei rapporti tra Kosovo e Serbia. A mediare l’incontro, come di consueto, sono stati l’Alto rappresentante per la politica estera e di difesa dell’Ue Josep Borrell e l’inviato speciale europeo Miroslav Lajčák.
Sul tavolo del negoziato, non tanto il piano europeo, che era stato già accettato dalle parti nell’incontro precente, quanto il testo allegato all’accordo. L’obiettivo del meeting era difatti l’accettazione del documento allegato al piano, contente i dettagli, anche temporali, per la sua messa in atto.
L’intesa
Alla fine delle trattative, durate quasi dodici ore, l’intesa è stata raggiunta. Ad annunciare il traguardo è stato Borrell, il quale ha dichiarato che Kosovo e Serbia hanno acconsentito all’applicazione dell’allegato all’accordo per il processo di normalizzazione delle relazioni. Non c’è stata alcuna firma ufficiale, a causa del rifiuto di Vučić, ma Kosovo e Serbia “sono pienamente impegnati a rispettare tutti gli articoli dell’accordo e ad attuarli in buona fede”, fa sapere Borrell.
Secondo il testo dell’allegato, Pristina si è impegnata ad avviare “immediatamente” i negoziati con l’Ue per garantire un “adeguato livello di gestione autonoma” alla comunità serba del Kosovo, in linea con l’articolo 7 del piano, vero nodo della trattativa. Il documento prevede anche l’istituzione di un comitato di monitoraggio congiunto entro 30 mesi, che avrà lo scopo di monitorare l’attuazione dell’accordo. Inoltre, l’allegato lega l’attuazione del piano al percorso europeo dei due paesi e un mancato rispetto dell’accordo avrebbe conseguenze negative sui relativi aiuti finanziari da Bruxelles.
L’allegato chiarisce dunque alcuni aspetti del piano approvato a febbraio. Il piano si snoda su undici articoli, e prevede: relazioni di buon vicinato tra le due parti, sulla base di uguali diritti; riconoscimento reciproco di documenti e simboli nazionali; rispetto dei principi della Carta ONU riguardanti l’uguaglianza sovrana di tutti gli Stati, la loro indipendenza, autonomia e integrità territoriale; risoluzione delle controversie in modo pacifico; evitare azioni di contrasto da parte della Serbia del processo di adesione del Kosovo ad organismi internazionali; progetti congiunti in materia di sviluppo economico, connettività, transizione verde e altri settori chiave; scambio di missioni permanenti; creazione di un comitato guidato dall’UE per monitorare la messa in atto dell’accordo; rispetto di tutti gli accordi precedenti.
Le prospettive
Non si sono fatte attendere le prime reazioni dei protagonisti. Secondo il presidente Vučić è stato fatto “un passo importante in un’atmosfera costruttiva”, sottolinendo al tempo spesso che nessuna firma è stata apposta sul documento. Un aspetto evidenziato dal premier kosovaro Kurti, che era invece pronto a firmare e ha chiesto all’UE di assicurare la corretta messa in pratica dell’intesa. Secondo Kurti, grazie all’accordo la Serbia ha de facto riconosciuto il Kosovo come Stato indipendente. Il plauso per il raggiungimento dell’intesa è inoltre giunto dalla comunità internazionale, inclusi i paesi della regione.
Raggiunta l’intesa, resta ora da osservare come si svilupperanno i passi successivi. In attesa di capire se ci sarà o meno la firma delle due parti, già ci si interroga sulle reali intenzioni di Pristina e Belgrado di procedere con l’attuazione dell’accordo e sulla capacità delle istituzioni europee di farlo rispettare. Molti nodi, difatti, restano da sciogliere, dato che nemmeno l’allegato all’accordo ha chiarito tante questioni aperte. Mancano, ad esempio, dettagli sui poteri dell’Associazione dei comuni a maggioranza serba del Kosovo, che Pristina dovrebbe ora formare per dare attuazione all’articolo 7. Non è stato inoltre chiarito se i serbi rientreranno nelle istituzioni kosovare, dopo il boicottaggio iniziato in autunno, e se parteciperanno alle elezioni locali per eleggere i sindaci nei quattro comuni settentrionali, in programma ad Aprile. Interrogativi restano anche sulla possibile adesione del Kosovo ad alcune organizzazioni internazionali, a partire dal Consiglio d’Europa, e se altri paesi riconosceranno l’indipendenza di Pristina a seguito dell’accordo.
Già dai prossimi giorni, dunque, si potrà intuire se quello di Ohrid è stato un momento storico per la regione balcanica, o solo l’ennesimo capitolo di un percorso ancora tortuoso e tutto da scrivere.
Foto: EEAS