letteratura bielorussia

BIELORUSSIA: Una letteratura sbagliata, la repressione del dissenso

Mentre la guerra in Ucraina incendia il panorama internazionale da più di un anno, in Bielorussia Lukashenko continua la repressione contro il dissenso, questa volta nei confronti della letteratura bielorussa. Quel paese dove nell’estate 2020 le piazze si coloravano di bianco e rosso, oggi sembra tornare al grigiore sovietico. 

Una letteratura estremista

È il 16 maggio 2022, giorno di apertura della libreria “Knihaŭka“. Siamo nel cuore di Minsk. Tre persone si preparano ad entrare nel negozio. Si tratta di Grigory Azarenok, Lyudmila Gladkaya e Stanislav Yaskevich. Il primo lavora in televisione, alla STV (Stolichnoye Televideniye), canale gestito dallo Stato. La seconda, con il telefono in mano che registra, è una giornalista della SB (Belarus’ Segodnya). Infine il terzo, Stanislav Yaskevich, è un attivista filo-governativo collegato alla SB. 

Il loro compito è quello di combattere la letteratura bielorussa, o meglio, la letteratura contraria alla linea del regime. Ad aspettarli c’è l’editore Andrei Yanushkevich e la commessa Anastasia Karnatskaya. Il primo viene bombardato di domande dai tre: “Secondo te, chi ha vinto le elezioni?“, o “Cosa ne pensi delle sanzioni contro il nostro paese?”. È come se per questi ci sia una correlazione tra un romanzo d’amore in lingua bielorussa e il risultato delle elezioni. 

Ne segue un’arrampicata sugli specchi.

Nel video, Azarenok commenta una foto rappresentante alcuni soldati lituani, confondendoli però con degli uomini dell’esercito nazista: “A me sembrano dei veterani delle SS questi”. Più tardi, il GUBOPiK (Direzione principale per la lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione) commenterà: “nemici del popolo tentano di aprire una libreria con letteratura nazista ed estremista”.

Yanushkevich si difende: “Ci sono un sacco di case editrici che pubblicano libri in russo, noi ci occupiamo della nostra nicchia. Cerchiamo di accogliere la domanda dei consumatori proponendo letteratura nella loro lingua madre (bielorussa)”. A questa affermazione, Gladkaya risponde: “Beh, mi sembra un po’ nazionalista (questa nicchia)”.

Dopo alcune ore le autorità giungono sul posto. Vengono sequestrati più di 200 libri e Andrei e Anastasia arrestati. I due, accusati di propagandare materiale estremista, verranno rilasciati dopo alcune settimane. Nel gennaio di quest’anno arriva la sentenza: alla casa editrice non sarà più permesso pubblicare libri in Bielorussia. Una decisione che Yanushkevich definirà “miope, anticulturale e anti-bielorussa”. 

Una letteratura sbagliata

Anche la casa editrice Halijafaŭ (Golia), in attività da quasi 15 anni, ha vissuto una sorte simile. Dopo una sospensione di tre mesi nell’aprile scorso, Halijafaŭ non ha più ripreso la sua attività. Il fondatore, Dmitri Vishnev, in un articolo di Mediazona, spiega come sia davvero difficile rimanere fuori dal mirino di Lukashenko. Stampa, pubblicazione, vendita e traduzione di libri  sono tutti procedimenti sottoposti a rigidi esami dal Ministero dell’informazione, che li rende impossibili da superare.

“Quando abbiamo aperto la nostra attività ce l’hanno detto chiaro e tondo”, racconta Vishnev, “non vi lasceremo operare, non vi daremo alcuna licenza, perché distribuirete la letteratura sbagliata“.  Il fondatore di Halijafaŭ fa poi un paragone con le fiere culturali che hanno luogo in Lituania, raccontando come “lì non anneghino la loro cultura, ma tentino invece di sostenerla e promuoverla”. Autrici ed autori che scrivono in bielorusso, sono tassativamente etichettati come estremisti.

L’Unione degli scrittori bielorussi (SBP – Sajuz Bielaruskich Piśmiennikaŭ), liquidata dalla corte suprema di Minsk nell’ottobre 2021, definisce l’azione messa in atto dal regime come un meccanismo di sterminio contro la libertà di parola, la democrazia, la cultura e la nazione Bielorussa.

Il Ministero dell’Informazione Bielorusso

Il vice ministro dell’Informazione, Igor Buzovkiy, definisce i libri lo strumento fondamentale per plasmare la coscienza delle persone e della società. Questo commento si associa al discorso del suo primo ministro Vladimir Pertsov agli studenti dell’Università statale Yanka Kupala di Hrodno: “Gli algoritmi dei social hanno bisogno di maggior controllo, al fine di evitare che nelle menti dei ragazzi si formi una certa visione del mondo“. È palese che il ministro si riferisca ad una visione contraria ai valori del regime.

I governi insistono da sempre nel promuovere una certa ideologia tramite la scrittura dei manuali di storia e manipolazione dei media. Nel caso della Bielorussia, ciò si osserva nei molteplici riferimenti alla Seconda guerra mondiale, nell’educazione patriottica, nel racconto del genocidio del popolo bielorusso, ma anche nella lenta battaglia alla lingua bielorussa.

Nel gennaio di quest’anno il ministro ha dato il via libera a “LitUP“, un progetto che mira a dare spazio ad autori bielorussi nel campo letterario, dall’esperto al principiante assoluto. Viene da chiedersi se questa non sia una trappola per le penne dissidenti ancora all’interno del paese.

Condanne a fiumi

Come riporta l’agenzia di stampa bielorussa Belta, questo lunedì Svetlana Tichanovskaja e Pavel Latushka sono stati condannati a 15 e 18 anni in contumacia. La leader, costretta a fuggire dal paese durante le prime fasi delle proteste, ha definito il processo giudiziario nei loro confronti una profonda violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

Anche il processo ai membri dell’ONG Viasna Ales Bialiatski, Valyantsin Stefanovich e Uladzimir Labkovich si è concluso. I tre sono stati condannati rispettivamente a dieci, nove e sette anni di detenzione per aver “contrabbandato ingenti somme di denaro e finanziato attività di gruppi che hanno gravemente violato l’ordine pubblico”. Queste accuse false ed infondate non solo confermano l’assenza di stato di diritto nel paese, ma rappresentano anche un grave scacco all’opposizione. Alla vigilia della sentenza, più di 20 organizzazioni per i diritti umani hanno condannato la violazione di Lukashenko e chiesto a gran voce il rilascio di prigionieri politici, tra cui Amnesty International, Civil Right Defenders, Human Rights Watch e la Helsinki Foundation.

Le proteste di qualche anno fa hanno sono state una vera sfida per Lukashenko, che sembra però aver ristabilito il controllo della macchina autocratica. Ha saputo silenziare le urla che incitavano una rottura con il passato sovietico dando voce ai nostalgici più ferventi. È riuscito a “russificare” la Bielorussia in maniera più efficiente rispetto a qualsiasi altro leader passato, come Pyotr Masherov e Nikolai Slyunkov. Oggi interviene bruscamente sul campo culturale, censurando la letteratura bielorussa ancora in vita. In queste condizioni, fiori democratici faticheranno sempre più a germogliare. 

  • Sul sito di Viasna è possibile mandare una cartolina solidale ai prigionieri politici in Bielorussia

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