Si sono concluse ieri sera le elezioni parlamentari in Estonia. Sono state delle elezioni storiche visto che più della metà degli elettori ha votato online.
A trionfare è stato il Partito della Riforma della premier uscente Kaja Kallas che ha raccolto il 31,2% dei voti, riuscendo a migliorare il risultato del 2019. È un successo senz’altro personale della premier uscente, come sottolinea il record di 31,821 preferenze raccolte. I due grandi sconfitti sono sicuramente Il Partito di Centro dell’ex premier Jüri Ratas (15,3%), partito di riferimento della minoranza russofona, che perde ben 10 seggi in parlamento e il Partito Conservatore, EKRE, che con il 16,1% va lontano dalle ambizioni espresse in campagna elettorale. Gli altri tre partiti che sono riusciti a superare la soglia di sbarramento sono Estonia 200, forza liberale appartenente alla stessa famiglia europea del Partito della Riforma, con il 13,3% , i Socialdemocratici (S&D) con il 9,8% e il partito Pro Patria (EPP) con l’8,2%.
Il voto online è stato protagonista nella giornata di ieri. Infatti, il conteggio delle schede elettorali virtuali ha completamente ribaltato il risultato delle elezioni che in quel momento vedeva gli ultraconservatori di EKRE in netto vantaggio e il Partito della Riforma ad inseguire in difficoltà. Martin Helme, leader di EKRE, ha subito dichiarato di non credere nei risultati del voto online e di voler fare ricorso ai tribunali.
Cosa succede adesso?
Il Presidente della Repubblica Alar Karis darà mandato di ricerca di una nuova coalizione che possa assicurare la maggioranza di 51 seggi al Partito della Riforma, trionfatore alle elezioni. Kaja Kallas, si è già detta disponibile ad aprire un dialogo con tutti i partiti ad eccezione di EKRE. Tra gli scenari possibili vi è sicuramente quello dell’ingresso in coalizione di Estonia 200, partito liberale e fortemente affine ideologicamente al Partito della Riforma. Potrebbero rientrare nell’orbita governativa anche i Socialdemocratici e Pro patria, membri della coalizione uscente. Un governo che avrebbe quindi forti connotati europeisti, atlantisti e che garantirebbe un supporto incondizionato all’Ucraina.