Si è svolta recentemente a Skopje la celebrazione del 151° anniversario della nascita dell’eroe rivoluzionario Goce Delčev. Una nuova occasione di polemiche tra la Macedonia del Nord e la Bulgaria.
Le celebrazioni
Il 4 febbraio si è svolta a Skopje, presso il suo sepolcro, la celebrazione del 151° anniversario della nascita dell’eroe rivoluzionario Goce Delčev. Protagonista della lotta per l’indipendenza della regione macedone dal dominio ottomano tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, Goce Delčev viene rievocato come simbolo nazionale tanto in Macedonia del Nord quanto in Bulgaria, che ne rivendica le origini.
L’evento si è svolto seguendo rigidi protocolli di sicurezza e di prevenzione dei rischi, derivanti dalle possibili tensioni che sarebbero potute insorgere tra i gruppi nazionalisti di entrambi i Paesi. Le misure sono state adottate in maniera coordinata tra il ministro dell’Interno della Macedonia del Nord, Oliver Spasovski, e il collega bulgaro, Ivan Demerdzhiev. Il timore era infatti volto all’eventualità che soggetti radicali potessero generare incidenti e problemi per l’ordine pubblico e la sicurezza.
Uno stallo identitario
La figura di Goce Delčev, con la sua rilevanza storica e la sua massima rappresentazione di libertà, indipendenza e legittimazione, è parte di un più ampio dibattito tra due Paesi che si trovano a dover contendersi le loro similitudini. La Macedonia del Nord, candidata all’UE dal 2005, e la Bulgaria, Stato membro dal 2007, hanno negli anni instaurato un rapporto diplomatico nella consapevolezza dei molteplici punti tra loro in comune in termini di storia e di cultura. Una presa di coscienza che nel 2017 sembrava essersi consolidata con la firma del trattato di buon vicinato, ma che non ha superato il suo valore puramente formale. A tre anni da quel dialogo, la continuazione dei negoziati d’adesione della Macedonia del Nord all’Unione Europea resta in sospeso a causa della richiesta della Bulgaria di un maggiore riconoscimento e una tutela costituzionale della minoranza bulgara sul territorio macedone.
Oltre alla contestazione identitaria sull’eroe nazionale, per cui è stata istituita ad hoc una commissione congiunta di studiosi per l’interpretazione oggettiva e scientifica della storia, la Bulgaria pone il freno su un altro tema: la lingua macedone, secondo Sofia, deve essere ritenuta un dialetto del bulgaro. Tuttavia, l’International Institute for Middle East and Balkan Studies (IFIMES) ha evidenziato che le due lingue vadano mantenute distinte, essendo necessaria un’azione di interpretazione e di traduzione per una comprensione reciproca, tanto che le Nazioni Unite hanno riconosciuto il macedone come idioma autonomo nel 1977.
La mediazione francese la scorsa estate ha permesso di ottenere la fine del veto bulgaro, con un compromesso fortemente contestato a Skopje: un accordo che avrebbe fatto dipendere il processo di integrazione europea di uno Stato da una questione bilaterale, storica e identitaria, rischiando di tralasciare tutti gli sforzi compiuti dalla Macedonia del Nord in campo sociale, economico e politico per incontrare gli standard previsti dai criteri UE. Malumori che si sono espressi in strada con accese manifestazioni, e con la creazione di “club” privati di matrice nazionalista da entrambe le parti.
Continuano le polemiche
Non sono dunque solo i tavoli della diplomazia a dibattere su storie, lingue, identità. Gli effetti sono tangibili sulla società civile e sui meccanismi della democrazia. Tra le ultime notizie, i media pongono l’attenzione su un’incisiva mossa della Bulgaria che starebbe cercando di creare un’infrastruttura elettorale in Macedonia del Nord, con l’apertura di seggi nelle città macedoni di Kavadarci e Prilep per le elezioni parlamentari anticipate, previste per il 2 aprile.
Una richiesta che, secondo gli esperti, non sarebbe giustificata. Alle ultime elezioni bulgare nel 2021, sono state contate in Macedonia del Nord appena 650 persone al voto, a fronte delle 100 mila stimate dalle autorità di Sofia. Una simile minoranza potrebbe dunque continuare ad esercitare questo diritto nelle sedi dell’Ambasciata o del Consolato, senza la necessità di aprire un numero sovradimensionato di seggi.
Secondo i pareri della stampa macedone, questa proposta rappresenterebbe un evidente tentativo di proporre l’immagine di un Paese in cui la minoranza bulgara non sia affatto trascurabile e che, anzi, venga addirittura discriminata. Polemica respinta dal Consiglio d’Europa, che proprio in queste settimane ha adottato una risoluzione sulle minoranze nazionali in Macedonia del Nord, stabilendo che si tratta di un’accusa priva di fondamento.
Dialoghi tiepidi, stallo diplomatico e il timore di un crescente sentimento di rassegnazione. In un territorio che ad oggi tenta ancora di delimitare i confini della sua identità, il rischio maggiore sembra quello per cui entrambi i Paesi non riescano a dare forma ad una concreta strategia che, oltre ad andare a caccia della storia, abbia una visione sul futuro.
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