I risultati definitivi
Le elezioni slovacche si sono concluse con la schiacciante vittoria dell’ex premier, Robert Fico. Il suo partito, Smer-Sd (Smer – sociálna demokracia) ha raccolto ben il 44% dei voti conquistando 83 dei 150 seggi parlamentari. C’è dunque la possibilità di un governo monocolore. La destra è uscita distrutta da queste elezioni. Sui banchi dell’opposizione siederanno i cristiano democratici (Kdh) con 8,82% dei voti (16 seggi) seguiti dal movimento “Gente Ordinaria” di Igor Matovic che ha ottenuto un inatteso 8,55% (16 deputati). Il partito cristiano democratico Sdku-Ds (di cui era espressione il precedente premier, Iveta Radicova) crolla al 6,09%, dei voti (11 seggi) e il partito Libertà e Solidarietà (SaS) cala al 5,88%. Il partito etnico ungherese Most-Hid porta a casa il 6,89% dei voti assicurandosi 13 seggi in parlamento.
Resta fuori il “Bossi slovacco”
Fuori dal parlamento resta, e tiriamo un sospiro di sollievo, l’Sns di Jan Slota, il “Bossi slovacco”. Il suo partito si ferma al 4,55%. Jan Slota, leader populista, nazionalista, razzista e omofobo, fu protagonista d un esperienza di governo tra il 2006 e il 2010, quando il suo partito si alleò con lo Smer-Sd di Robert Fico. Un matrimonio di interesse, quello fra i nazionalisti e i socialisti, che portò a un’escalation di tensione con la vicina Ungheria, preda di un altrettanto grave rigurgito nazionalista. Tra le perle di Slota ricordiamo la volontà di “sputare sulle checche” al gay pride di Bratislava del 2010, la legge sulla segregazione scolastica dei bambini Rom, le intimidazioni alla minoranza magiara (circa il 10%) di Slovacchia e la famosa stele che fece erigere sul confine ungherese a ricordo del Trianon “atto di nascita della Slovacchia”. Sapere che non è in Parlamento conforta.
Fico, socialdemocratico sui generis
Resta però il fatto che Robert Fico, in quegli anni, non fece nulla per moderare il suo scomodo alleato ed anzi ne cavalcò le retoriche populiste a proprio vantaggio. Il suo partito, Smer-Sd, è un partito socialdemocratico, fondato nel 1999, che volle porsi come un partito nuovo, come una forza della cosiddetta “nuova sinistra”, non legato né al regime comunista, né alla cultura socialista. Nel 2004 si fuse con l’Sdl, il partito della sinistra democratica, che più di altri aveva raccolto l’eredità dei socialisti slovacchi al tempo del regime. Resta però un partito distante dalla tradizione socialdemocratica mittleuropea connotandosi per accenti populisti e (per ora isolati) casi di corruzione.
Un Orban slovacco?
Come scrive Matteo Tacconi su Europa: “Ci si chiede come Robert Fico, un socialdemocratico sui generis, animato da una certa verve populista, imposterà l’azione di governo. Le prime reazioni al voto trasudano scetticismo, se non preoccupazione. È c’è chi scomoda il parallelo tra Fico e l’omologo magiaro Viktor Orban, a prescindere dal fatto che il primo sta a sinistra e il secondo a destra”. Un parallelo che Tacconi definisce, a ragione, esagerato ma che testimonia il livello di preoccupazione generale per il riacuirsi di una crisi tra Slovacchia e Ungheria.
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