L’autore, che sta riscuotendo grande successo in Europa grazie ai suoi ultimi romanzi, si è trovato negli ultimi anni a riflettere sulla situazione orientale che coinvolge Bielorussia, Russia e Ucraina.
Classe 1984, madre russa, padre ucraino, diventa portavoce dei movimenti di protesta che iniziano a prendere piede nel 2020 in Bielorussia, suo paese natale. Saša Filipenko è un giornalista e uno scrittore inviso al governo di Lukašenko; scrive in russo, ma non per questo rinnega la sua identità, come afferma lui stesso la lingua è solo un mezzo per comunicare, e quella russa non appartiene certo alla Federazione.
Tutt’oggi continua a essere denigrato dai giornali nazionali bielorussi che citano persino gli articoli del Codice penale sulla base dei quali rischierebbe fino a dodici anni di carcere.
Le proteste
A partire dall’estate 2020 si svolgono una serie di manifestazioni, prima a Minsk, poi nel resto del Paese, contro il governo bielorusso e il presidente Lukašenko che, al potere dal 1994, vince, contro ogni probabilità logica e verosimile, le elezioni. Gli eventi prendono il nome di “rivoluzione delle ciabatte” per gli indumenti tipicamente estivi con cui scendono in piazza i manifestanti, le cui azioni vengono represse con ogni mezzo possibile. Alcuni oppositori politici, come Viktar Babaryka, sono già stati arrestati nei mesi precedenti alla “vittoria”, altri, come Svetlana Tikhanovskaya, si vedono costretti a fuggire per evitare l’arresto e condanne infondate che porterebbero gli attivisti a essere vittime di processi farlocchi e soprusi costanti.
Queste le principali richieste avanzate dal popolo: le dimissioni di Lukašenko, le elezioni libere, il rilascio dei prigionieri politici e il ripristino della Costituzione democratica precedente agli emendamenti apportati dal presidente a partire dagli anni ’90.
Lo stesso Filipenko prende parte alle manifestazioni e assiste con i propri occhi al risveglio da quel “coma” che aveva preso possesso del Paese. Filipenko partecipa anche alle proteste del 2010, solo in parte paragonabili, per la mole di persone presenti e la risonanza estera, a quelle che avvengono nel corso del 2020-2021, dove i manifestanti non si trovano più all’opposizione, ma sono in netta maggioranza. Questa rinata voglia di agire non cambia comunque la situazione, Lukašenko è ancora al potere.
Scrivere per scuotere
Giovane scrittore, presentatore televisivo, giornalista, ha già pubblicato sei lavori che prendono spunto da eventi storici passati e/o attuali e si basano su documenti d’archivio e sulle sue ricerche personali.
Ex-figlio, romanzo d’esordio del 2014, con cui vince il “Russkija Premija”, riflette, arrivando quasi a profetizzarla, la situazione della Bielorussia nel 2020. L’autore, sentendosi un “ex-figlio”, lascia Minsk a vent’anni, intraprendendo un viaggio la cui fine auspica essere nuovamente la sua città natale e il cui risultato intermedio è questo romanzo. Come azione solidale alla popolazione bielorussa, nel 2020 istituisce il progetto “Letture solidali”, tramite un canale YouTube, che coinvolge trenta artisti provenienti da Bielorussia, Russia e Ucraina nella lettura del romanzo omonimo.
Nel 2017 scrive Croci Rosse, romanzo che lo fa rientrare nella classifica bestseller di Spiegel, nel quale ripercorre le principali vicende russe (e non solo) dal terrore staliniano ai giorni nostri, attraverso la storia di vita di una novantenne malata di Alzheimer che vuole far sopravvivere la sua memoria.
Nel 2021 pubblica una serie di lettere aperte al Presidente della Federazione Internazionale di Hockey René Fasel, che hanno contribuito al trasferimento del Campionato mondiale di hockey su ghiaccio dalla Bielorussia alla Lettonia. Scrive anche una lettera aperta al presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa Peter Maurer, in cui accusa il CICR di non voler ispezionare le carceri bielorusse, dove i prigionieri politici vengono torturati.
Filipenko si fa portavoce del malessere del popolo bielorusso, ma non limita la riflessione al suo Paese, includendo, in una cornice di continuità storica e personale, Russia e Ucraina.
La triade infelice
Il presidente russo Putin ha fatto del concetto di fratellanza uno dei principi fondanti della sua politica. Non è forse proprio questo il concetto su cui poggia la giustificazione per l’invasione dell’Ucraina con l’obiettivo di “salvare i fratelli ucraini e denazificare il paese”? Ma i fratelli russi? Quelli bielorussi? Quelli che vengono mandati al fronte ogni giorno?
Dopo i fatti del 24 febbraio 2022, Filipenko si esprime più volte in merito alla situazione dell’Europa centro-orientale. Bielorussia, Russia e Ucraina, infatti, condividono radici comuni, ma non si dovrebbe trattare di “famiglia”, concetto che Putin ama evocare autodefinendosi suo capostipite, bensì di qualcosa di elementare, qualcosa come vivere in uno spazio comune. Anzi, proprio la nascita di queste nazioni (che diventeranno tali, per così dire, solo negli anni ’90) sui resti di un antico stato, la Rus’ di Kiev, segna il loro scisma.
Putin chiama bielorussi e ucraini fratelli minori, ma nessuno vuole essere un fratello minore, nessuno vuole ristabilire il passato sanguinario dell’URSS, quel passato a cui Putin fa costantemente riferimento, cercando di far orbitare, di nuovo, i satelliti intorno al Pianeta. Ma uno, l’Ucraina, da tempo ha deciso di opporsi al dominio putiniano, scelta che sta gravando su decine di migliaia di individui, che è però dettata dalla volontà di poter vivere come stato indipendente e “avvicinarsi” all’Occidente. L’altro sembra condividere più caratteristiche con il suo Pianeta: mandati presidenziali infiniti, proteste tumultuose, oppositori arrestati sulla base di prove infondate, misure antidemocratiche… E sembra anche condividerle le scelte di questo Pianeta, tra le altre cose, infatti, non condanna la cosiddetta “operazione speciale” voluta da Putin.
Bielorussia, Russia e Ucraina si caratterizzano per avere tre approcci agli antipodi: il silenzio, il monologo, la discussione. Il giorno in cui i fantasmi del passato smetteranno di manifestarsi, si arriverà, forse, al dialogo.