Titolo: Erdoğan. Il nuovo sultano
Autore: Can Dündar, Anwar
Editore: Nutrimenti
Pagine: 320
Prezzo: euro 24
Che si sia più o meno esperti della Turchia, ma soprattutto se si sa poco, e quel poco che si sa è che è un Paese democratico sulla carta, ma governato da un leader autoritario nella pratica, beh, questo è il libro, anzi, la graphic novel giusta per saperne di più.
Pubblicata in Italia da Nutrimenti, è la prima opera della casa editrice turco-tedesca Özgürüz Press (Noi siamo liberi), “un rifugio per autori perseguitati, una casa per libri proibiti”. Frutto dell’omonima radio e dell’attività redazionale di Correctiv, tutte realtà fondate da Can Dündar, il giornalista turco in esilio a Berlino dal 2016. È suo il racconto, mentre la matita è quella di Anwar, giovane fumettista egiziano-sudanese che nel 2019 è stato espulso dall’Egitto e vive adesso anche lui a Berlino collaborando con Correctiv.
In questa graphic novel c’è tutta l’ossessione per un personaggio che ha stravolto volente o nolente la politica contemporanea turca, ossessione motivata dall’incredibile storia personale del soprannominato “nuovo sultano”, Recep Tayyip Erdoğan.
Una vetta da raggiungere
Infatti, la copertina rossa ha sullo sfondo una montagna, una vetta da scalare. Ebbene, non è un caso, ma la metafora di tutta la vita dell’attuale presidente della repubblica turca che ha passato l’esistenza a superare sfide che sembravano insormontabili, tenendo sempre ben saldo l’obiettivo che si prefissava di raggiungere.
Perché e per come Erdoğan ottiene questo largo consenso? Perché i turchi lo votano? Da dove viene e perché crede nei valori che promulga?
In Erdoğan, di Can Dündar e Anwar ci sono tutte le risposte, e si capisce che nulla è avvenuto per caso.
Pur essendo un romanzo a fumetti, come specificato nella post fazione, lo studio dei tratti salienti della biografia personale e politica di Erdoğan è minuzioso. Dündar ci tiene a dire che si tratta di un lavoro durato tre anni e mezzo in cui sono state consultate tante fonti scritte quanto visuali che Anwar ha cercato di riprodurre nei suoi disegni basandosi su fotografie reali. “Le informazioni non combacianti sono state confrontate scrupolosamente; i dati non certi sono stati eliminati dal testo“, scrive. Quindi, Erdoğan di Can Dündar e Anwar è un testo da cui si impara molto, un fumetto bello e chiaro da leggere e comprendere, ma anche e soprattutto una storia indiscutibilmente perfetta per essere romanzata.
Una storia che si apre con una meta storia, quella di come sia nata l’idea del libro in sé, con i suoi retroscena, le sue difficoltà per due intellettuali in esilio che sanno di fare qualcosa di poco apprezzato per il soggetto che viene raccontato e caricaturizzato. Da lì, i capitoli sono suddivisi cronologicamente per includere la storia politica generale della Turchia dal 1954 a oggi e quella personale e poi politica di Erdoğan.
La persona e il personaggio: una storia incredibile
Nato a Istanbul, nel quartiere di Kasımpaşa da una famiglia originaria di Rize, sul mar Nero, Erdoğan è stato educato “tra la moschea e il campo”, tra la preghiera, il liceo religioso Imam Hatip e le partite di calcio che ne fecero un professionista, ma la cui carriera fu fortemente ostacolata dal padre. Padre violento che gli impartiva una disciplina ferrea, disciplina e irascibilità che imporrà e mostrerà al suo popolo una volta diventato presidente.
Cruciale è la figura di Necmettin Erbakan, suo mentore che diventerà prima leader del Partito della Salvezza Nazionale (Millî Selâmet Partisi, MSP) e poi di quello del Benessere (Refah Partisi) durante il quale ricopre anche brevemente la carica di Primo Ministro sotto il presidente Süleyman Demirel dal 1996 al 1997. Proprio grazie a Erbakan, Erdoğan ottiene il suo primo ruolo politico come presidente dell’ala giovanile dell’MSP nella municipalità di Beyoğlu, a Istanbul. Erbakan sarà un altro punto di riferimento da cui, tuttavia, dovrà distaccarsi, tanto quanto farà dal suo padre di sangue. Distanze che non lo lasciano sprofondare nella solitudine solo grazie all’appoggio della moglie Emine con cui ha un vero e proprio colpo di fulmine nel 1977. Strappi necessari a farlo diventare chi è oggi, e il filo rosso delle poesie che recita e che lo aiutano a veicolare i suoi messaggi, in particolare una, quella di Ziya Gokalp recitata a 18 anni, ripetuta in un comizio nel 1997 che eppure l’anno dopo gli valse la condanna a 4 mesi di carcere e l’interdizione dall’attività politica, stessa sorte che oggi per ripicca sembra riservare al sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu.
“I minareti sono le nostre baionette, le cupole i nostri elmetti, le moschee le nostre caserme, i fedeli i nostri guerrieri. Questo esercito sacro attende la mia preghiera, Dio è grande“: un vero e proprio slogan dell’islam politico che includerà coloro i quali erano stati esclusi dagli ideali dei repubblicani, che si aprirà a fette della società mai coinvolte prima e che tanto condizionerà non solo la vita interna al Paese, ma anche le relazioni con il resto del Medio Oriente, con Israele, con gli Stati Uniti in cui tanto gioca l’amicizia poi diventata astio e vero e proprio odio con Fetullah Gülen.
Scampato a un incidente quasi mortale nel 1996 e a innumerevoli sconfitte, ma fomentato anche da vittorie e cariche portate avanti per decenni, come quella a sindaco di Istanbul e non ultima quella di Primo Ministro e poi di Presidente della Repubblica, Erdoğan di Can Dündar e Anwar ci svela la persona dietro il personaggio, dietro l’imam di Istanbul, dietro il sultano dell’Islam moderato, l’uomo a due facce che tiene in pugno la nazione turca e che, chissà, lo farà ancora per un bel po’ o almeno finché un altra figura altrettanto carismatica, per quanto controversa, riuscirà a raggiungere la cima di questa montagna apparentemente inarrivabile.