Putin fa dell’ideologia lo strumento che guida le sue azioni, come è reso evidente dall’aggressione contro l’Ucraina. Dove trovare le fonti della sua narrazione e quali le conseguenze per la società civile russa?
La ricerca di un nuovo ordine internazionale
La cosiddetta “operazione speciale” in terra ucraina lanciata da Putin il 24 febbraio fu pensata come un’azione tempestiva e risolutiva che secondo il Presidente avrebbe ridato alla Russia lo status di superpotenza mondiale e il potere di modificare un ordine internazionale basato sul liberalismo e sul multilateralismo in un teatro in cui avrebbero fatto ritorno blocchi regionali e sfere di influenza, dove la legge del più forte avrebbe potuto avere il primato sulla forza della legge e dove il sistema democratico sarebbe stato solo una debole alternativa all’autoritarismo professato da Russia e Cina. Mai Putin avrebbe potuto accettare che nel “giardino di casa sua” l’Ucraina rappresentasse un paese libero, indipendente e vicino ai valori occidentali.
La decisione di Putin di dichiarare aperto il conflitto non arriva all’improvviso ma si inserisce nella sua particolare visione delle relazioni internazionali, espressa alla conferenza sulla sicurezza di Monaco nel 2007, frangente nel quale critica l’espansionismo Nato (omettendo che l’adesione all’organizzazione è su base volontaria) e l’unipolarismo americano come fattori destabilizzanti e di minaccia per la Russia e dove afferma come gli ideali liberali non siano per il suo paese dei valori per cui provare interesse . Coerentemente con queste dichiarazioni Putin ha spesso ricordato la promessa Nato di non “allargarsi” verso Est, inglobando quei territori un tempo appartenenti alla sfera di influenza sovietica; è stato dimostrato però come questa “promessa” sia un falso storico che non corrisponde ad accordi reali. Il Presidente russo riscrive così la storia per diffondere l’idea secondo cui la sua nazione è minacciata da nemici interni ed esterni da cui lo Stato è costretto a difendersi attraverso il ricorso alla forza armata.
Storia e ideologia
Le prospettive di Putin appaiono chiare da tempo e sfociano in una narrazione che potremmo definire di stampo ideologico, come si deduce da un suo recente discorso che mira a dimostrare “l’unità storica di russi e ucraini”, in cui afferma che i due popoli siano caratterizzati da un legame inscindibile che le potenze esterne mirano a dividere . Se il Presidente russo dà grande risalto agli avvenimenti passati, non sembra però volere riconoscere la storia più recente e l’esistenza di uno Stato ucraino sovrano e impegnato in un processo di democratizzazione; anche l’Holodomor (carestia che tra il 1931 e il 1932 fece in terra sovietica un totale tra 5 e 7 milioni di morti) viene descritto non come un genocidio, ma come una tragedia collettiva per il popolo sovietico, quando invece è stato dimostrato come sia stata una personale decisione di Stalin pensata tra gli altri motivi anche per colpire l’identità nazionale ucraina . Così come Stalin, Putin non tollera il sentimento nazionale ucraino e per reprimerlo è pronto a tutto, come dimostrano gli attacchi deliberati sui civili e alle infrastrutture elettriche.
La condizione della società civile russa
In questo contesto i cittadini russi sono anch’essi vittime del terrore, chi si oppone alla guerra rischia il carcere e lunghe pene detentive, un’organizzazione premio Nobel per la Pace come Memorial, importante associazione attiva nella divulgazione e nella denuncia dei crimini stalinisti è stata chiusa di recente , un quotidiano libero come Novaya Gazeta ha dovuto sospendere le pubblicazioni e anche manifestazioni di piazza pacifiche possono portare a una violenta repressione da parte delle forze dell’ordine. Già nelle prime settimane dopo l’inizio dell’operazione speciale circa 15’000 persone sono state arrestate per essere scese in strada ad esprimere il loro dissenso .
L’ambizione di Putin è mettere definitivamente in un angolo l’opposizione per perseguire la sua finalità di creare una realtà fittizia a sua immagine e somiglianza, in cui il libero pensiero non solo non è permesso, ma non deve essere nemmeno più possibile. Nostro obiettivo dunque non deve essere solo quello di sostenere sul campo l’esercito ucraino, ma è nostro dovere ricordare e per quanto possibile sostenere chi con tutti i mezzi possibili oggi lotta per la libertà e per abbattere il velo di menzogne che è calato sulla Russia affinché siano la cultura e il potere della parola a fare la Storia, non la cieca violenza.
A questo proposito si deve ricordare ciò che ha detto Ilya Yashin, oppositore russo, il 9 dicembre dello scorso anno. A fronte della sua condanna a 8 anni e 6 mesi per avere denunciato la strage di Bucha dal suo canale Youtube, Yashin, mentre si trovava in tribunale ad ascoltare la sentenza, rivolgendosi direttamente a Putin lo ha incolpato di fare la guerra non solo agli ucraini, ma anche ai suoi compatrioti che a causa delle battaglie sul fronte saranno ridotti “in cenere”, di distruggere il tessuto economico della nazione e ha denunciato la fuga generale dalla Russia in seguito alla mobilitazione parziale e poi “è probabile che le mie parole risuoneranno come la voce che grida nel deserto, ma io la invito, Vladimir Vladimirovic, a fermare subito questa follia” .