La musicista Petra Nachtmanova, mossa dal suo amore per la tradizione musicale anatolica, imbraccia il suo saz e ne segue le tracce dall’Europa orientale all’Iran.
Gli strumenti musicali, come forse pochi altri manufatti culturali, hanno la capacità di condensare in sé tanta storia, tradizione, identità: sospesi tra la concretezza dell’artigianato e la loro funzione artistica, costituiscono una perfetta sintesi tra la dimensione materiale e immaginaria della cultura.
Proprio per questo, insieme alle musiche di cui si fanno interpreti, gli strumenti raccontano molto dei popoli che li hanno concepiti, costruiti e infine suonati.
Possiamo seguire la diffusione, i diversi utilizzi e le innumerevoli trasformazioni del saz, il liuto lungo centro-asiatico, unendoci al viaggio intrapreso da Petra Nachtmanova e narrato in un interessante docu-film, dal titolo SAZ – the Key of Trust.
Una famiglia numerosa: i liuti
Se le identità nazionali passano anche attraverso le tradizioni musicali e gli strumenti – più o meno esclusivi ed emblematici – che le incarnano, ciò vale più che mai per i Balcani e i paesi del Mediterraneo Orientale.
Date però le vicende storiche complesse dell’area, che ne fanno un crogiuolo multietnico e dalle mille identità, non esiste un solo strumento che ne rappresenti le innumerevoli tradizioni, qualcosa insomma di paragonabile al pianoforte per la musica colta occidentale. Dall’altro lato, permanendo uno strato profondo comune, legato in particolare ai secoli di dominazione imperiale ottomana e alla sua koinè culturale, esiste viceversa una famiglia di strumenti, quella dei liuti, che riesce a rappresentare e declinare questa “unità nella diversità”, questo incrocio di affinità e differenze.
I liuti, nelle loro moltissime varianti, sono infatti presenti in tutte le tradizioni mediterranee, e ne sono quindi la rappresentazione più fedele: è proprio nella loro vocazione alla trasformazione e all’adattamento, che riescono ad interpretare le infinite variazioni dei linguaggi musicali orientali.
Il prototipo del liuto lungo: il saz
Come è possibile immaginare, la classificazione di una famiglia tanto numerosa e ramificata è un’operazione piuttosto complessa, ma la suddivisione principale distingue quelli a manico lungo da quelli a manico corto. Il gruppo più numeroso ed esteso di quelli lunghi comprende strumenti con un certo grado di affinità, che per approssimazione possiamo chiamare saz — il termine turco che letteralmente significa “strumento”, ma che in genere si riferisce all’insieme dei liuti anatolici a manico lungo, nelle loro diverse taglie e relative denominazioni (tra cui quella di bağlama, sinonimo più comune di saz).
Oltre ai bağlama saz turchi in senso stretto, però, esistono degli strumenti molto affini nelle caratteristiche organologiche (forme, proporzioni, tastatura, incordatura), ma anche nelle sonorità e nelle tecniche, che sono diffusi in tutta l’area che va dai Balcani all’Asia Centrale.
Quanto questi ultimi possano essere definiti varianti dello stesso strumento o semplici parenti di vario grado dei saz anatolici è materia piuttosto tecnica: qui ci interessa cogliere un’evidente “somiglianza di famiglia”, che evoca storie di migrazioni, scambi, conquiste.
On the road
Il modo migliore per seguire le linee di questa affascinante storia e intricata genealogia è mettersi in viaggio, affidandosi all’intuito e alle suggestioni più che alle certezze e alle definizioni.
È così che ha fatto Petra Nachtmanova, mossa dal suo amore per la tradizione popolare anatolica, imbracciando il suo saz e seguendone le tracce dall’Europa orientale fino alla città di Neyshabur, nel Razavi Khorasan iraniano, sua probabile terra d’origine.
Caso non raro, la protagonista di questa esplorazione e della sua narrazione è una musicista non indigena della cultura in oggetto, supportata però da una grande passione e competenza, oltre che ispirata da una formazione cosmopolita: come rivelerà nell’antefatto berlinese del viaggio, Petra vive nella capitale tedesca, ma è nata a Vienna ed è di famiglia polacca. Decisamente poliglotta, parla fluentemente le lingue utilizzate nel film — cioè turco, francese, inglese e tedesco — ma ne padroneggia altre quattro.
Partendo appunto da Berlino e dall’incontro con immigrati turchi di lungo corso, la musicista intraprende il viaggio alla scoperta del saz, definito “uno strumento dai mille volti, che è nascosto dovunque, dall’Europa fino alla Cina, ma è sempre lo strumento”; convinta che esso nasconda un segreto, dopo averlo cercato a lungo nei libri, si risolve a scoprirlo on the road.
In compagnia dell’amico francese Florent come operatore audio (oltre che di un operatore video che documenta il tutto), la Nachtmanova parte quindi per un itinerario che la porterà in Bosnia, Albania, Bulgaria, Turchia (Istanbul e Anatolia), Azerbaijan, per finire come si accennava in Iran, nel presunto “luogo delle origini” dello strumento.
Lasciamo il piacere di scoprire i dettagli, le suggestioni e le intuizioni di questo viaggio alla visione di chi vorrà seguire Petra Nachtmanova nella sua avventura, sul sito SAZ – the Key of Trust o su YouTube.
foto: SazFilm.com