La Romania accelera sulle rinnovabili con nuovi impianti di energia pulita, per ridurre le bollette e promuovere la sostenibilità.
In tutta Europa la questione energetica è centrale e continuerà a esserlo per tutto l’inverno, tra il panico da bollette che salgono e l’incertezza delle forniture di gas russo; mentre la crisi climatica impone a tutti i Paesi dei radicali ripensamenti del proprio paniere energetico in un’ottica di sostenibilità, in Ucraina migliaia di persone sono al freddo (e al buio) a causa dell’invasione russa e dei danni subiti dalle centrali elettriche. Su questo sfondo, la novità arriva dalla Romania, che ha finalmente iniziato a puntare con decisione sulle rinnovabili.
A inizio novembre, infatti, il produttore di energia pulita Rezolv Energy ha annunciato l’acquisito dei diritti per costruire e gestire un impianto fotovoltaico da 1.044 Megawatt nella Romania occidentale, nel quale sono previsti circa 1,6 milioni di nuovi pannelli solari; quando sarà completo sarà il più grande impianto di tipo fotovoltaico d’Europa, con circa un milione e mezzo di megawattora (Mwh) prodotti ogni anno. I lavori per la realizzazione inizieranno nel primo semestre del 2023, per iniziare le attività nel 2025. La stessa Rezlov Energy a ottobre aveva annunciato la collaborazione con Low Carbon – una società d’investimenti in progetti di energia rinnovabile su larga scala – a un altro progetto, questa volta per un parco eolico onshore da 450 MW, sempre in Romania, che risulterà uno tra i maggiori investimenti nelle rinnovabili non solo del Paese, ma del continente, dando così un importante contributo alla transizione ecologica europea, aiutando nella difficile impresa di raggiungere l’obiettivo di zero emissioni inquinanti, fissato per il 2050.
Bucarest, quindi, si candida – per ora sulla carta – a diventare un faro europeo di sostenibilità, almeno per quanto riguarda il settore energetico, grazie a una nuova disposizione legislativa entrata in vigore nel maggio scorso, che ha reso più semplice e rapido l’iter per ottenere l’autorizzazione a realizzare impianti di produzione di energia solare, eolica, biomassa e biogas, grazie a procedure burocratiche semplificate.
Anche la Bulgaria ci prova
Non sarà facile, comunque, archiviare il carbone, che rimane ancora oggi una delle fonti energetiche prevalenti in buona parte dell’Europa centro-orientale, con migliaia di posti di lavoro. I progressi, innegabili e a lungo auspicati, inoltre, non risolvono altri problemi ecologici, come il denso traffico automobilistico e la deforestazione dei Carpazi, che danneggia a ritmi allarmanti un vero e proprio polmone di livello continentale, fonte d’ossigeno, capace di assorbire importanti quantità di anidride carbonica e fulcro di biodiversità.
Anche la Bulgaria – patria della più grande miniera di carbone d’Europa, dall’estensione di oltre 240 kilometri quadrati, situata presso l’agglomerato di centrali termiche a lignite di Maritsa Iztok – si sta muovendo in questa direzione. Al centro della novità ci sono i nuovi progetti dedicati all’energia rinnovabile per un totale di 24 gigawatt, che renderebbero la Bulgaria uno dei Paesi europei più interessanti e dinamici per il solare; le buone notizie non devono, però, far dimenticare che proprio la miniera di Mini Maritsa Iztok nei primi nove mesi del 2022 ha moltiplicato gli introiti grazie all’aumento della produzione e dei prezzi, legato anche alla congiuntura internazionale.
Sta ora anche all’attenzione internazionale vigilare sull’efficacia e sulle tempistiche di queste promettenti iniziative, per poter finalmente guardare oltre il carbone.