La riunione del Coreper II ha dato il via libera alle negoziazioni sulla liberalizzazione dei visti per il Kosovo.
Mercoledì 30 novembre si è tenuto a Bruxelles un incontro del Coreper II, ovvero il comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri presso il Consiglio dell’Unione Europea. Durante tale incontro è stato approvato il mandato negoziale sulla questione della liberalizzazione dei visti in Kosovo. Questo vuol dire che il Consiglio potrà ora avviare i negoziati con il Parlamento europeo ai fini di portare a termine tale procedura, che si è stabilito dovrà concludersi entro il 1° gennaio 2024. Sebbene non sia stata ancora detta l’ultima parola sulla faccenda, si tratta comunque di uno step fondamentale. I cittadini kosovari hanno motivo di sperare che l’agonia relativa ai visti, che si protrae da ormai più di un decennio, sia giunta alle battute conclusive.
Il compromesso
Nell’agenda dell’incontro del 30 novembre la questione inerente ai visti kosovari era stata inclusa nell’elenco dei punti non in discussione, in quanto il consenso era già stato raggiunto in precedenza. Infatti, il gruppo di lavoro in seno al Consiglio dell’UE che si occupa dei visti aveva già discusso ampiamente della questione in due precedenti occasioni, il 13 ottobre e il 9 novembre. Durante questi incontri erano emerse alcune titubanze da parte di alcuni Paesi, in particolare la Francia, sul procedere con l’avanzamento dell’iter. È ben nota la ritrosia di Parigi (e non solo) di concedere la libertà di ingresso ai cittadini kosovari nel territorio dell’Unione per via del paventato rischio di ritrovarsi sommersi da un’ondata migratoria.
Oltre a ciò, vanno anche considerate le perplessità dei 5 Stati membri che non riconoscono l’indipendenza del Kosovo. Per questo motivo, durante la riunione di ottobre la Francia, con il sostegno di Belgio, Paesi Bassi, Spagna e Svezia, aveva proposto di collegare il processo di liberalizzazione dei visti del Kosovo all’operatività del sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS), cosa che aveva indispettito Pristina. Questo sistema, che dovrebbe essere lanciato entro novembre 2023, dovrà essere utilizzato dai cittadini di paesi terzi che non necessitano di visto per recarsi nello spazio Schengen per ottenere un’autorizzazione di viaggio.
Nell’incontro di novembre si è trovato un compromesso: la liberalizzazione dei visti per il Kosovo verrà ancorata all’introduzione del sistema ETIAS; tuttavia, nel caso in cui esso non dovesse diventare operativo entro il 1° gennaio 2024, i cittadini kosovari saranno comunque autorizzati a viaggiare senza visti a partire da tale data.
Il ruolo di Praga
Un grande merito per il superamento dell’impasse europeo sulla questione dei visti lo ha avuto la Repubblica Ceca, che detiene la presidenza del Consiglio dell’UE fino al 31 dicembre e che aveva inserito la liberalizzazione dei visti tra le priorità del suo mandato. Il ruolo proattivo assunto da Praga nel raggiungere un accordo sulla questione appare quasi sorprendente, se si pensa che in passato l’attuale Presidente ceco, Miloš Zeman, aveva dichiarato di voler rimettere in discussione il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo da parte del suo Paese.
Una presa di posizione tuttavia isolata, dato che i diversi governi in carica a Praga non hanno mai messo in dubbio la posizione ceca sul tema, e i toni amichevoli usati dai leader politici di entrambi i Paesi lo dimostra. A seguito dell’incontro del 30 novembre, il ministro degli Esteri della Repubblica Ceca, Jan Lipavský, ha elogiato il Kosovo per gli sforzi fatti nel rafforzare i controlli alle frontiere, la gestione della migrazione e la sicurezza, i quali hanno permesso al piccolo paese balcanico di fare questi step nel processo di liberalizzazione dei visti. D’altra parte, il primo ministro kosovaro, Albin Kurti, non ha mancato di ringraziare la presidenza ceca del Consiglio per la decisione raggiunta dal Coreper II.
Originariamente, la discussione sui visti del Kosovo era stata messa in agenda per l’incontro settimanale dei rappresentanti permanenti del 23 novembre. Tuttavia, la presidenza ceca aveva deciso di rimuovere la questione dall’ordine del giorno di quella settimana a causa dell’escalation delle tensioni tra Belgrado e Pristina sulla questione delle targhe, a seguito del fallimentare incontro a Bruxelles tra Albin Kurti e il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić. Si è trattata della prima volta in cui la liberalizzazione dei visti per il Kosovo è stata formalmente collegata all’esito del dialogo Belgrado-Pristina. Tuttavia, l’accordo sulle targhe del 23 novembre ha permesso di superare l’ennesimo ostacolo in questa tortuosa strada intrapresa nel 2012 e della quale inizia a intravedersi una fine.
Gli ultimi step
La palla ora passa al Consiglio dell’UE nel format “Giustizia e Affari Interni”, ovvero quello che riunisce i/le ministri/e degli Affari Interni e al Parlamento europeo. Entrambi gli organi sono ora tenuti a porre la loro controfirma sugli accordi trovati in seno al gruppo di lavoro dei visti e approvati dal Coreper II. In entrambi i casi è sufficiente un voto favorevole a maggioranza qualificata, anche se va detto che per tali questioni è prassi del Consiglio raggiungere un consenso unanime. Difficile aspettarsi sorprese dal Parlamento, il quale da anni si esprime con larghe maggioranze in maniera favorevole alla liberalizzazione dei visti del Kosovo. Qualche brutta sorpresa potrebbe riservarla il Consiglio dove i colpi di scena sono sempre dietro l’angolo, come il veto della Bulgaria sull’inizio delle negoziazioni con la Macedonia del Nord e l’Albania ha avuto modo di dimostrare nel recente passato.
Si tratterebbe di un colpo basso difficile da pronosticare e ancor più difficile da accettare per i cittadini kosovari, che dal 2018 – anno in cui la Commissione europea aveva stabilito che il Kosovo aveva soddisfatto tutti i criteri necessari per ottenere la liberalizzazione dei visti – si aspettano di poter viaggiare liberamente all’interno dell’area Schengen. Il tema della liberalizzazione dei visti è molto sentito dalla maggioranza della popolazione, a prescindere dall’etnia di appartenenza. Ad oggi, difatti, tutti i cittadini del Kosovo sono costretti ad un processo particolarmente lungo e costoso per entrare nei paesi dell’Unione europea anche per pochi giorni. Se si considera che i kosovari che vivono all’estero sono molti, si comprende la frustrazione per i tanti familiari che devono sobbarcarsi enormi sforzi per una semplice visita, spesso senza successo. Il sentimento di rabbia è ancor più alimentato dal fatto che il Kosovo è rimasto l’unico paese dei Balcani che deve sottostare a tale disciplina, nonché il solo in tutta Europa insieme alla Bielorussia, la Russia e la Turchia. Mentre i giovani albanesi, serbi o macedoni possono viaggiare liberamente in UE per un massimo di 90 giorni, i giovani kosovari non hanno questa opportunità.
Dopo anni di continue promesse non mantenute, un ulteriore rinvio potrebbe compromettere in maniera irrimediabile la fiducia che i cittadini kosovari ancora ripongono nelle istituzioni europee.
Foto: Euractiv.it