Serbia e Kosovo raggiungono un accordo sulla questione delle targhe delle auto, ma lo scenario rimane incerto.
Poco prima della mezzanotte di mercoledì 23 novembre, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha annunciato con un tweet il raggiungimento di un accordo tra Kosovo e Serbia sulla questione delle targhe. Belgrado si impegna ad interrompere l’emissione di nuove targhe con denominazioni di città del Kosovo, mentre Pristina pone fine alla sua graduale politica di re-immatricolazione dei veicoli che ne fanno già uso. Si tratta di un piccolo passo in avanti che però non allontana le grandi incertezze che aleggiano intorno ai futuri “equilibri” politico-istituzionali nel nord del Kosovo e al futuro del dialogo stesso.
La rottura prima dell’accordo
L’accordo è arrivato a seguito di un incontro tenutosi a Bruxelles tra i capi negoziatori per il Kosovo e la Serbia, Besnik Bislimi e Petar Petković, facilitato dal rappresentante speciale dell’UE per il dialogo, Miroslav Lajčák. Tale incontro, corrispondente al livello “tecnico” del dialogo, è avvenuto solo due giorni dopo quello di “alto livello”, tenutosi sempre a Bruxelles e convocato d’urgenza da Borrell per porre fine alle crescenti tensioni.
Nonostante otto ore di discussioni con il primo ministro kosovaro, Albin Kurti, e il presidente della Repubblica serbo, Aleksandar Vučić, il meeting di lunedì si era concluso con un nulla di fatto non privo di strascichi. Infatti, nella successiva conferenza stampa, l’Alto rappresentante aveva criticato in maniera sorprendentemente diretta Kurti, accusandolo di aver rifiutato, a differenza di Vučić, la proposta dell’UE per risolvere la questione delle targhe. Borrell aveva inoltre dichiarato, in maniera velatamente minacciosa, che avrebbe informato i paesi membri dell’UE “sul comportamento delle diverse parti e sul mancato rispetto degli obblighi giuridici internazionali, e devo dire che questo vale in particolare per il Kosovo”.
Questo duro attacco aveva scatenato l’ira di Kurti, il quale si era giustificato definendo “inaccettabile” la proposta dell’UE se non accompagnata da “un accordo per impegnarsi urgentemente per un accordo definitivo di piena normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia”. Il premier kosovaro aveva inoltre accusato Borrell di aver “abbandonato” una presunta “scadenza di marzo 2023” per trovare tale accordo definitivo, accusa respinta attraverso un comunicato del portavoce UE Peter Stano. Non è stato solo Kurti ad attaccare l’UE e i suoi rappresentanti: parole ben più dure erano state infatti usate dalla presidente del Kosovo, Vjosa Osmani, la quale aveva definito le dichiarazioni di Borrell “di parte”.
Le rassicurazioni degli alleati
Confrontando le dichiarazioni di Borrell, l’accordo raggiunto mercoledì sembrerebbe ricalcare quello proposto da lui stesso lunedì e rifiutato dal Kosovo. Come mai, dunque, Pristina ha cambiato idea dopo solo 48 ore? Un ruolo importante lo hanno avuto sicuramente gli Stati Uniti. Infatti, a seguito del fallimentare incontro di Bruxelles del 22 novembre, l’ambasciatore statunitense in Kosovo, Jeffrey Hovenier, aveva rilasciato un comunicato nel quale chiedeva all’esecutivo kosovaro di posticipare di altre 48 ore l’inizio dell’imposizione delle multe per le targhe incriminate, richiesta che era stata accolta.
Il ruolo decisivo di Washington è stato confermato anche dalle dichiarazioni successive all’accordo, nelle quali sia Kurti che Osmani hanno snobbato l’UE e ringraziato solo Hovenier. In realtà, nonostante i veleni delle ultime ore, il compromesso è stato raggiunto anche grazie alle rassicurazioni fatte da Bruxelles al premier kosovaro sul proseguimento del dialogo sulla base della “proposta franco-tedesca” per un accordo finale tra Kosovo e Serbia. Non a caso, nel video in cui ha annunciato il raggiungimento dell’accordo sulle targhe, Borrell afferma di voler invitare a breve le due parti per discutere i prossimi step relativi a tale proposta. La richiesta di Kurti di inserire la questione delle targhe all’interno di un piu’ ampio processo negoziale tra i due paesi sembra dunque essere stato accolta.
Le reazioni serbe
Sono in molti a sostenere che Vučić sia uscito vincitore da questo accordo, mostrandosi apparentemente disponibile a un compromesso sulla questione delle targhe mentre Pristina litigava con Bruxelles. Lo stesso presidente serbo lo ha definito una “vittoria tattica”, seppur “piccola” nelle dimensioni.
Tuttavia, Vučić si è dimostrato decisamente meno conciliatorio sulle altre questioni, come ad esempio quella dei serbi nel nord del Kosovo che lo scorso 5 novembre avevano deciso di abbandonare le istituzioni kosovare e che l’UE si aspetta ritornino ai loro posti. Alla domanda su cosa accadrà con le elezioni anticipate per i sindaci dei quattro comuni a maggioranza serba nel nord del Kosovo, fissate per il 18 dicembre, Vučić ha affermato che la condizione stabilita dai kosovari serbi per il ritorno alle loro posizioni è l’istituzione dell’Associazione/Comunità delle municipalità serbe, prevista dagli accordi di Bruxelles del 2013 e mai realizzata da Pristina. Per ora dunque non ritrattano i rappresentanti politici di Srpska Lista, il principale partito serbo in Kosovo al quale appartenevano i quattro sindaci delle municipalità del nord che si sono dimessi, che rimangono fermi nella loro decisione di boicottare le elezioni municipali anticipate.
Nessuna elezione suppletiva è invece prevista per per il parlamento, dato che 9 dei 10 parlamentari di Srpska Lista che hanno rinunciato al proprio seggio sono stati sostituiti da altrettanti rappresentanti dello stesso partito, che hanno deciso di non dimettersi in modo da non lasciare spazio a serbi appartenenti ad altri partiti.
Uno scenario incerto
Aldilà della questione delle targhe, lo scenario complessivo rimane alquanto incerto. L’abbandono delle istituzioni kosovare da parte dei rappresentanti serbi, anche se limitato al nord del paese, è stato su vasta scala, e ha coinvolto anche il settore giudiziario e le forze di polizia, di fatto annullando il maggiore risultato degli accordi del 2013 sull’integrazione dei serbi nelle istituzioni kosovare. Un rapido ritorno alla normalità appare alquanto improbabile e legato a doppio filo agli sviluppi sul fronte del dialogo, sul cui futuro aleggiano altrettante incertezze.
Presto si tornerà a discutere della proposta franco-tedesca, del cui effettivo contenuto non si ha ancora conferma e su cui ad oggi manca unità d’intenti. Se da una parte Kurti sembrerebbe approvarla, dall’altra Vučić si è mostrato poco incline a volerla discutere. A rendere lo scenario ancora più complesso, l’ormai annosa questione dell’Associazione/comunità delle municipalità serbe. Borrell ha ribadito che gli accordi raggiunti precedentemente all’interno del dialogo devono essere messi in atto: basteranno a convincere Kurti e ad ammorbidire Vučić?
Foto: AGI