UNGHERIA: Lo scrittore Kertész fugge in Canada, ha chiesto asilo politico

Akos Kertész, 80 anni, scrittore ungherese, nato il 18 luglio 1932, intellettuale magiaro critico e libertario, è arrivato ieri a Montreal, in Canada. Sbarcato in aeroporto si è subito recato all’ufficio della polizia dove ha chiesto asilo politico.

Kertész è ebreo e non ha mai perdonato al suo paese di non aver fatto i conti con la Storia. Soprattutto con la lunga notte della dittatura fascista dell’ammiraglio Horthy e poi dei nazisti delle Croci Frecciate che segnarono l’oblio della nazione, alleati di Hitler fino all’ultimo e complici nella Shoà.

Oggi quelle stesse croci frecciate, con lievi differenze di stile, stanno sulle fasce del partito ultranazionalista Jobbik. Un partito cui il governo di Viktor Orban ha sempre guardato con insufficiente severità, tollerandone le derive antisemite e omofobe oltre ogni misura.

Contro di loro e contro Orban, ha scritto cose durissime, com’è dovere e diritto di ogni intellettuale. Nell’agosto dell’anno scorso Kertész ha scritto una lettera aperta all’edizione americana di Népszava in cui denunciava l’attitudine del suo popolo all’autoritarismo, indicando nell’incapacità di fare i conti col passato la radice della (per lui grave) situazione attuale. La sua requisitoria aveva come oggetto non tanto la politica di Budapest ma il popolo ungherese: “come maiali che si rotolano soddisfatti nel fango senza pensare al macellaio che sta per tagliare le loro gole”. Esagerazioni?

Da quel giorno Kertész si è ritrovato vittima di intimidazioni politiche e fisiche. Il sindaco di Budapest, Istvàn Tarlos, esponente di spicco della Fidesz (il partito di governo) gli ha ritirato la cittadinanza onoraria della capitale. Sulle televisioni nazionali, sempre più filo-governativi dopo le restrittive leggi sui media, lo diffamano. Le teste rasate vestite in cachi con la fascia frecciata dello Jobbik lo minacciano in strada.

Allora Kertész, che avendo visto il fascismo di Horty, il nazismo di Imre Szalasi, il comunismo di Kadar, di regimi e dei loro pericoli se ne intende, si è deciso al gesto estremo. Nient’affatto simbolico. Un gesto che potrebbe avere contraccolpi non solo per l’immagine del governo ungherese. Viktor Orban è infatti a caccia di soldi, la crisi economica (aggravata in patria dalla sua politica finanziaria non lungimirante) strozza un’Ungheria assopita dalle chimere del nazionalismo e sul filo della bancarotta. Inevitabile senza quei venti miliardi di dollari che i creditori d’oltreoceano potrebbero, forse, concedere con minor leggerezza. Nel caso vedremo se in Ungheria si griderà al complotto giudaico.

foto di Paperblog

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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19 commenti

  1. Gentilissimo, non si possono tranciare giudizi così netti, né da una parte né dell’altra. Gli insulti dello scrittore che infamano l’intero popolo ungherese sono di una gravità unica, ma la risposta del sindaco è miope e stupida e danneggia l’Ungheria.
    Il termine “fugge” usato da questo e da altri Media è improprio.
    La questione non si può risolvere con alcune righe di reciproca diffamazione. Le angoscie di uno scrittore ebreo ottantenne si possono capire, ma la sua reazione è sproporzionata.
    E poi ci sono i soliti svarioni storici: il regime di Horthy non era fascista.
    Il fascista Gömbös, detto Gömbölini, non riuscì ad instaurare la dittatura fascista sul modello italiano in Ungheria.
    Lo stesso Horthy fu rapito dai nazisti nel 1944 e deportato in Germania: solo allora in Ungheria si affermarono i fascisti-nazisti crocefrecciati.
    Comunque, il discorso è lungo e complesso beato Lei che riesce a farlo in 10 righe.
    Saluti cordiali

    • Gent. lettore

      quando si parla d’Ungheria si accendono gli animi. La nostra posizione su Orban è assai critica, ma abbiamo anche fatto qualche distinguo cercando di mostrarlo per quello che è (un politico poco capace) più che dipingerlo a tinte fosche (cosa che abbiamo comunque fatto, perché Fidesz ci sembra assai lontano dalle idee di Voltaire).

      Lei sa bene che si possono esprimere tutti i giudizi che si desiderano. Lei può esprimere il suo, che ritiene il presente articolo frettolo e impreciso, io posso esprimere il mio.

      Che poi, parlando di Orban, dello Jobbik, e compagnia cantante, si finisca sempre a parlare del passato, è singolare. Certo in dieci righe non potevo mettermi a dire del Terrore Bianco, del fascismo di Szeged, e delle persecuzioni del regime di Horthy. Nemmeno potevo alambiccare su quanto e come Horthy abbia appoggiato Hitler, ma vero è che all’operazione Barbarossa parteciparono pure gli ungheresi. E si figuri se potevo dire di Gyula Gombos, davvero non c’entrava nulla.

      Quello che c’entra, purtroppo, è che il passato fascista (ribadisco) sia sempre oggetto di distinguo e non venga mai preso per quello che è, condannato a voce alta, dannato per sempre. E non sto parlando della ricerca storica, che i distinguo li deve pur fare, ma della sensibilità pubblica. La stessa che consente a certi capo-popolo di prendere il potere. Orban è uno di questi. E Orban, accecato da un antisocialismo al limite del paranoico, è piuttosto tollerante con Jobbik che è, sì, “neofascista”.

      Ha ragione, la situazione è complessa, e l’abbiamo affrontata in decine di altre righe. Ma se lei pensa che quelli di Kertész siano “insulti che infamano” allora davvero abbiamo opinioni distanti. Credo che un popolo che si assopisce vada preso a calci e ridestato: personalmente ci ho visto pietà in quelle parole: “come i maiali che non pensano al macellaio”. Ci ho persino visto un po’ di Pasolini, ma forse esagero io adesso.

      Per me ogni uso organizzato della violenza è fascismo, ogni concreta intolleranza, ogni limitazione della libertà (anche la più piccola) compiuta per desiderio di controllo e di potere. Non mi avventuro a dire che quello di Orban è fascismo (un minimo riesco ancora a conservare le proporzioni storiche) ma non mi faccio problemi a dirlo di Horthy che, in questo articolo, non c’entra comunque nulla.

      Un saluto

      Matteo

  2. claudio vito buttazzo

    Come al solito, si mischiano fave e foglie. Cosa c’ entra Kadar con l’oggetto dell’articolo? Tanto per non perdere occasione di rispolverare la teoria degli opposti estremismi? Non ci si rende conto che, in tal modo, si finisce per sminuire e banalizzare il pericolo nazifascista, l’unico che davvero minaccia oggi la democrazia e l’umanità? Il rinascente nazifascismo gode quando è paragonato al comunismo (proprio a quello di Kadar, poi?), perchè vede in questo (cioè nella presunta, e oggi inesistente, minaccia comunista) la giustificazione alla propria esistenza. E’ infatti grazie a tale equiparazione, sancita in tutte le Costituzioni esteuropee, che il nazifascizmo sta rifiorendo alla grande in tutti quei paesi.
    Ma i più fingono di non rendersene conto.
    Se ne rende ben conto, però, lo scrittore Kertesz, il quale, infatti, si guarda bene dal fare questa insulsa equiparazione.

  3. Gentilissimi,
    sono d’accordissimo con il Sig. Buttazzo, tanto per stabilire che io NON sono di destra. Sono però sempre più deciso ad evitare di incappare in queste notizie. Lei Dott. Zola tende a fare un lavoro utile se non fosse che le sue fonti sono alquanto scomposte. Evito di correggerla punto per punto sulla sua risposta, anche li le imprecisioni sono troppe.
    La prego di comunicare a noi lettori da quale formazione lei viene, e soprattutto chi sono i suoi referenti sul territorio. Lei parla ungherese? Insomma, viste le sue velleità giornalistiche perché non si occupa dell’Italia in maniera seria? non mi sembra il paese che in questo momento possa insegnare qualcosa a qualcuno. Ci dica quali sono gli storici concordi con le sue affermazioni.
    Quindi a conclusione, lei rischia di fare il lavoro opposto, la stessa tecnica che ha tenuto in vita Berlusconi in Italia per anni per merito di una sinistra pretestuosa e sterile.
    Il problema in Ungheria esiste e come ma così come la mette lei si rischia di finire su Roma e Lazio.
    Grazie comunque per il lavoro che lei fa, credo lei sia giovane dal modo in cui scrive, e proprio per questo la invito a continuare, ogni iniziativa giovane va sostenuta, ma la prego si informi, studi!
    Buona fortuna la seguirò comunque con piacere.
    Giovanni

    • Gent. Giovanni

      più che le mie fonti, a essere scomposto è probabilmente il mio punto di vista. Ho un giudizio negativo su Orban che nel tempo ho cercato di stemperare. Credo che, al di là delle leggi cosiddette “liberticide” (gravi, sì, ma assai diversamente da come vengono poste in molta stampa nostrana), Orban abbia cercato una via magiara per uscire dalla crisi. Credo che abbia cercato dentro l’Ungheria le forze, ma temo che abbia anche smosso certe tendenze, mai sopite, di ultradestra, tipiche di tutti i Paesi che hanno avuto un regime di destra. Tendenze ancora più forti in un Paese che ha subito la dittatura comunista e, in tempi più recenti, il malgoverno dei socialisti che ora, con buona dose di ipocrisia, gridano alla dittatura. Comprendo, come ho già detto altrove, che l’Ungheria abbia cercato in Fidesz un rinnovamento ma credo che Orban non sia Havel.

      Il mio punto di vista, benché io sia quello che “dirige” la baracca, non è per forza quello della testata: https://eastjournal.net/2010/03/15/lungheria-di-viktor-orban/ e ho sempre cercato di dare spazio a opinioni che divergevano dalla mia: https://eastjournal.net/2010/08/18/ungheria-orban-contro-il-fondo-monetario-internazionale/ e qui: https://eastjournal.net/2010/04/26/ungheria-la-storia-si-e-conclusa-l11-aprile-chi-ha-perso-dopo-il-voto/ e qui: https://eastjournal.net/2010/06/02/ungheria-la-polemica-sulla-cittadinanza-non-si-placa/
      Nel mio modo di “dirigere” non c’è l’interesse a far passare una sola “verità”, un solo punto di vista.

      Accolgo l’invito a studiare di più, il tempo forse mi farà mutare d’opinione come già avvenuto in passato su altri argomenti. La mia formazione la trova alla pagina redazione.

      Non tutte le ciambelle escono col buco, e certo l’Ungheria è uno dei temi più ardui da affrontare. Non vivo né ho vissuto in Ungheria, leggo esclusivamente stampa estera, incrocio le fonti, racconto quello che in Italia non si racconta di una regione secondo me strategica per i destini dell’Europa. Non mi occupo di Italia perché sono già in molto (troppi) a farlo e non credo potrei aggiungere molto di più. East Journal ha, come vedrà cliccando i link sopra, ragazzi che in Ungheria ci vivono e che ci fanno da corrispondenti.

      Il suo disaccordo, però, mi pare essere incentrato più su Horthy che su Orban, e francamente non mi sono mai avventurato di scrivere di storia magiara (conosco, un po’ più che superficialmente, solo la storia medievale dell’Ungheria) ma da quel che so non mi pare che la reggenza di Horthy sia stata caratterizzata dal trionfo delle libertà democratiche e dal rispetto delle minoranze. O no? Magari ne parleremo in un articolo dedicato. Magari potrebbe farlo lei stesso.

      Sulle affermazioni di Kertész: la mia opinione è che il popolo ungherese abbia bisogno di qualche calcio nei denti, metaforico s’intende. Poiché trovo che l’assopimento delle coscienze e il compromesso al ribasso facciano male, in prospettiva, a quegli stessi popoli. Se vede abbiamo dedicato un’intera sezione all’estermismo di destra: ce n’è per tutti. Credo che da lì lei possa desumere cosa penso della situazione italiana ma vede, parlando di “est” parliamo anche di Europa tutta intera, poiché i problemi sono comuni. Altrove ho scritto che la crisi europea, prima che economica, è di identità. A meno che io non abbia capito nulla, e che l’identità europea sia quelle di oggi, e Voltaire sia un’eccezione.

      Grazie del dibattito stimolante

      Matteo

  4. Intanto penso sia importante partire da quello che Kertesz scrive: “l’ungherese è geneticamente un suddito…… non è capace e non vuole studiare o lavorare sa solo invidiare e se ha l’occasione assassinare chi con il lavoro e lo studio acquista qualche posizione”. Sse provassimo ad immaginare un pensiero del genere detto da un esponente vicino al fidesz e magari cambiando nome del popolo, magari al posto di ungheresi ci mettiamo rom, penso che la stampa internazionale si sarebbe indignata per il razzismo contenuto in queste idee. Trovo scandaloso parlare di un popolo in termini di genetica, e trovo le argomentazioni di Kertesz offensive. Queste posizioni sono state criticate quasi da tutti in Ungheria, non solo fidesz e jobbik, ma anche il centro-sinistra, la sinistra radicale e intellettuali ebrei hanno chiesto a Kertesz di scusarsi. Cosa che lui non ha mai fatto.

    Ora è vero che in Ungheria antisemitismo e razzismo aumentano, ma come fare per combatterli? Con questi scritti? Con la messa fuorilegge, l’arresto dei militanti di estrema destra e la repressione poliziesca? Questo è già stato fatto dai socialisti nel 2006, risultato l’estrema destra si è rafforzata arrivando al 16%. Sarebbe interessante aprire un dibattito su come fermare la diffusione del razzismo, perchè purtroppo non è così facile e scontato come sembri.

  5. Un ultima nota sui provvedimenti contro la libertà di stampa presi dal Fidesz, che solitamente tornano quasi sempre nel dibattito. Tra l’altro provvedimenti a cui io sono fortemente contrario. Vorrei consigliare di notare la classifica dell’associazione freedom press. La libertà di stampa in Ungheria nel 2011, seppur diminuita, è maggiore che in Italia e in tutti i paesi dei balcani. L’Ungheria è considerata libera, l’italia solo parzialmente libera. Questo non toglie i problemi della nuova legislazione ungherese però leggendo alcuni articoli della stampa internazionale sembra che il paese sia preda di una dittatura nazifascista.

    • Ciao Aron

      nel tempo che ti ho letto, credo di aver compreso che hai un punto di vista sulle cose ungheresi molto più complesso di come, talvolta, può sembrare ai lettori. Quel che ti chiedo è se “giustificare” il presente ungherese con un passato assai travagliato e peculiare non sia un fondo un rischio. A parte certe esagerazioni, che riconosco di fare, non credo che in Ungheria ci sia un regime nazifascista. Ma credo che si sottovaluti la piega che l’Ungheria, come altri Paesi, stanno prendendo. E non parlo di politici, ma di “popoli” che si fanno facilmente attrarre da retoriche nazionaliste ed esclusive. Il problema non è Orban, è ciò che produce (e riproduce) Orban. Come possiamo, secondo te, affrontare con lucidità quanto avviene in Ungheria senza buttarla sempre sul “pericolo nero”?

      Matteo

      • premetto che secondo me in Ungheria esiste il “pericolo nero”. solo che dovremmo definire questo questa area neofascista. dal mio punto di vista associare jobbik e fidesz, come spesso avviene nella stampa internazionale, è un grande errore e alla fine non fa altro che avvicinare gli elettori dei due partiti e i due partiti stessi cosa che secondo me si dovrebbe evitare. Il “pericolo nero” in ungheria è rappresentato da jobbik e da altri gruppi alla sua destra. Il fidesz è un partito conservatore, nazionalista, cattolico che può piacere o no però non fa parte, almeno per ora, del “pericolo nero”. In futuro non nego che potrebbe anche fare una svolta verso jobbik ma per il momento no, e penso che le forze democratiche debbano soprattutto evitare questa possibilità, e questo non lo si fa associando jobbik e fidesz.
        Io sono assolutamente contrario a giustificare il presente cn il passato, però se vogliamo analizzare dove nasce il “pericolo nero”, quali sono i gruppi sociali che lo votano e quindi anche come isolarlo dobbiamo andare a vedere nel passato, soprattutto recente, non mi spingo all’epoca Horthy. Però, dal mio punto di vista, è indubbio che alla crescita di jobbik abbia giocato un ruolo soprattutto il partito socialista ungherese che gli ha fatto una pubblicità gratutia immensa. oppure pensando al settembre 2006, quando fu incendiata la sede della tv, dal mio punto di vista gli scontri sono stati causati ad arte dal governo socialista per poter utilizzare la carta del “pericolo fascista”. Questa teoria tra l’altro è espressa anche da Thurmer Gyula, leader del partito comunista ungherese, e segretario di Kadar fino alo 1989. Se andiamo a vedere la campagna elettorale del 2010 il fidesz ha cercato in tutti i modi di marginalizzare lo jobbik.
        In conclusione io voglio dire che esiste un “pericolo nero” ed esiste un’area nazionalista e conservatrice, fino ad ora sono state concorrenziali, questo non esclude che in futuro si possano alleare. Ma indicarle come la stessa cosa fin da oggi (come fa il partito socialista) non fa che favorire questo avvicinamento.
        L’ultima cosa riguarda Kertesz. L’opposizione mediatica a Orban cerca di far emergere martiri e idoli dell’ungheria democratica. Il tuo parallelismo tra Kertesz e Pasolini in questo mi sembra drammatico, I due non possono essere associati. Le parole che Kertesz dice sono di una pericolosità estrema dal mio punto di vista.

  6. Gentilissimo Sig. Aron,
    complimenti ha fatto bene a citare la classifica freedom press.
    Quindi Dott. Zola le ricordo la frase del vangelo.
    Matteo 7,5 « Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello»
    con stima
    Giovanni

    • Giovanni, lo dico con simpatia (peccato che su internet non si possa sentire la voce), ma la “trave” me la sono tolta da tempo. Senza spocchia le dico che lavoro (indegnamente) tutti i giorni per un giornale che si occupa di mafia, che è da diciott’anni in prima linea, che ha prodotto un movimento chiamato “Libera” che a sua volta ha lavorato per l’approvazione di leggi fondamentali per la lotta alla mafia in Italia. Credo di occuparmi “di Italia” a sufficienza. Nel mio tempo libero potrò scrivere di quel che mi pare? Posto che esiste l’informazione di settore, e se si scrive di est Europa non si può scrivere di Italia.
      E una cosa ancora, Aron è un collaboratore di East Journal. Come vede il dibattito interno e il nostro approccio alle cose è assai variegato. Un saluto

      Matteo

  7. Gentilissimo non per fare ulteriore polemica,
    ma le do uno spunto di riflessione, vediamo se ha il coraggio di farlo:
    anche alla luce del fatto odierno. Perché non fa un bel reportage sulle nostre rappresentanze all’estero? Per l’appunto, l’Ungheria. Scriva cosa fa l’istituto italiano di cultura, il suo direttore, i suoi compensi e le strane anomalie. Quanto ci costano, l’ambasciatore, le zavorre diplomatiche e tutti gli scandali di cui si sente parlare a Budapest in seno all’istituto e all’ambasciata, dei quali voi giornalisti non ne fate mai accenno. Questo significa fare giornalismo Dottore, parli di loro e poi dell’Ungheria, a meno che non lei non abbia qualche inconveniente a parlarne.
    Questo è il mio invito. Se poi ci vogliamo conoscere di persona, gli input potrei darglieli io.
    Vergognamoci delle nostre rappresentanze prima di parlare di ungheresi, lo lasci fare agli ungheresi.
    Saluti e auguri

  8. Comunque non se la prenda, ribadisco che il suo lavoro è lodevole, per questo che da lettore attendo dico che un peccato che non sia perfetto, per così poco. Rimango un suo estimatore comunque. Saluti

  9. claudio vito buttazzo

    Sul che le nostre rappresentanze diplomatiche, compresi gli istituti di cultura, siano delle centrali di delinquenza, corruzione e clientelismo non ci piove. Su questo ha ragione Giovanni.
    Scrive, poi, Zola che Orban non è Havel, sottintendendo un giudizio positivo su quest’ultimo. Forse sarebbe il momento di analizzare seriamente chi fossero certi personaggi dell’Est europa troppo frettolosamente spacciati per eroi e campioni di democrazia. Se indagassimo a fondo, senza apologismi aprioristici, su vita, opere e miracoli di certe anime belle come Havel, Walesa e compagnia cantnte, capiremmo forse qualcosa in più sulle cause della deriva antidemocratica che sta investendo l’est europeo.

    • E’ vero, dovremmo farlo. Ci sono santini che non sono affatto da adorare. E dovremmo raccontare un po’ più a fondo certi personaggi. Quando avremo il tempo, senz’altro lo faremo.

      Matteo

  10. Mamma mia, cosa tocca leggere. Sipario.

  11. “Assai lontano dalle idee di Voltaire”. Eufemismo per indicare un preteso filoneonazista.

    Si dimentica che Voltaire fu uno dei padri dell’antisemitismo moderno.

    Questo per dire che, se da un lato quelli che vanno in giro con le svastiche sono palesemente degli spostati o dei disperati o dei dementi (ma, essendo minoritari ed isolati, non credo rapresentino un vero pericolo per la democrazia più di quanto non lo rappresenti un qualsiasi deviante), dall’altro non è affatto detto che tutto ciò che si presenta come libertario e democratico sia immune da storture.

    Non è detto che il giusto stia tutto e solo da una parte.

    Non conosco la situazione ungherese. Ma se uno mi dà del maiale, non ci vedo raffinati sottintesi kafkiani od orwelliani, e semplicemente mi offendo.

    • D’accordo. Solo una nota, sul caso ungherese (che di quello si parla) i neonazisti hanno preso il 17% alle ultime elezioni del 2010, terzo partito dopo Fidesz (destra nazionalista/populista) e il Partito Socialista (molto più legato al passato regime comunista di altri partiti socialisti est-europei).

      Matteo

  12. Che un quinto degli ungheresi voti per i neonazisti è preoccupante, e insieme significativo (anche se i loro deputati saranno comunque isolati dalle coalizioni, presumo). Evidentemente, in Ungheria c’è un diffuso disagio sociale. Certo che se l’alternativa è fra neo-nazisti e neo-comunisti, la scelta diventa difficile. Ho la sensazione che là non ci sia un equilibrio che possa mediare fra gli opposti estremismi.
    Ad ogni modo, da quel poco che ho letto in rete sui neonazisti ungheresi, credo di poter dire che tutte le estreme destre europee sono accomunate da un singolare binomio: da un lato l’opposizione (comprensibile) alle logiche perverse e speculative dell’alta finanza; dall’altro l’antisemitismo (che invece è assurdo).
    Il nesso nasce da una generalizzazione indebita. E’ innegabile che l’alta finanza mondiale sia quasi tutta in mano ad ebrei. E’ altrettanto vero che la lobby ebraica (la quale, lo si voglia o no, esiste, ma è una lobby fra le tante che affliggono il mondo, non certo l’unica, e forse nemmeno la peggiore) controlla, per larga parte, la cultura, l’università, l’informazione. Tuttavia, ciò non deve portare all’odio indiscriminato contro tutti gli ebrei, ma solo all’avversione per le logiche lobbistiche che inquinano il mondo, siano esse di matrice ebraica, o di altra natura.
    E’ curioso come l’avversione contro il capitalismo speculativo accomuni l’estrema destra e l’estrema sinistra, e sia invece stato abbandonato dalla sinistra moderata (che ormai di sinistra ha ben poco, se non un laicismo a volte discutibile). Ciò rende possibile paradossi come il nazimaoismo, di cui è oggi espressione il quotidiano “Rinascita”. Una logica perversa, distorta, ma riconoscibile, a suo modo consequenziale.
    Ad ogni modo, si può aver,e per converso, la sensazione che, dietro le maschere e i simboli, ormai svuotati di significato, inalberati dai partiti, la logica del grande capitale resti invincibile. Gli equilibri, e i disequilibri, del mondo occidentale non sono in pericolo. Non so se ciò sia un bene.

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