Sopravvissuto al genocidio di Srebrenica, Ramiz Nukić si è spento a 63 anni, dopo averne trascorsi quasi trenta a cercare i resti delle vittime
La notizia scuote il villaggio di Buljim, nella municipalità di Bratunac, luogo natale di Ramiz Nukić, e tutta la Bosnia: Ramiz, ribattezzato il “cercatore di ossa”, ha lasciato per sempre la sua terra, spegnendosi nella giornata di martedì 8 novembre presso l’Univerzitetski Klinički Centar di Tuzla, dove era stato più volte ricoverato in seguito alla recente diagnosi di cancro ai polmoni. Ramiz ha dunque lasciato quella terra che aveva scavato con assiduità per tanti anni, alla ricerca di ossa di parenti, amici e compaesani falciati dal genocidio.
Ramiz infatti si era lanciato in una vera e propria missione per cercare di recuperare quanti più resti possibile delle vittime del genocidio perpetrato nell’enclave di Srebrenica nel luglio ’95. Grazie alla caparbietà del suo lavoro, Ramiz è riuscito a consegnare oltre 300 resti all’International Commission on Missing Persons (ICMP). Finora i resti di 6.721 vittime del genocidio sono stati tumulati presso il Srebrenica Memorial Centre, ma secondo l’ICMP sono circa 1.200 i resti delle altre vittime che devono ancora essere ritrovati.
Sopravvissuto fisicamente al massacro, altri istinti e meccanismi di sopravvivenza lo hanno dunque condotto a questa sua missione, che incarna contemporaneamente un’urgenza privata e una collettiva: scavare la terra per cercare i frammenti delle vite spezzate in quel tragico luglio e riconsegnarli alle famiglie. E tra le migliaia di vite spezzate, figurano anche quelle del padre e dei fratelli di Ramiz, morti durante la marcia per fuggire da Srebrenica nei giorni del massacro. Una perdita enorme e inconsolabile che, insieme a tutte le altre, ha scandito i ritmi dell’instancabile ricerca di Ramiz, portandolo a camminare anche “30 o 40 chilometri al giorno fino a trovare qualcosa”, come egli stesso dichiarò nel 2016 in un’intervista a BIRN.
Senza mai chiedere nulla in cambio, così Ramiz ha scavato la terra senza il timore delle mine di cui era ancora disseminata, anno dopo anno, osso dopo osso, polemica dopo polemica, sentenza dopo sentenza. Una vita spesa con le mani immerse nella terra per estrarre, oltre ai resti, anche un po’ di sollievo: “Non posso semplicemente lasciare che queste ossa si decompongano, mentre la madre o la sorella di qualcuno continuano a piangere e a cercare”. Anche nei giorni più difficili, quando il cancro lo prostrava, Ramiz Nukić ha continuato a camminare per i boschi e le foreste, alla ricerca dei resti e della propria e altrui pace.
Sui social sono molti i messaggi di cordoglio pubblicati dopo la notizia della morte di Razim. Adem Mehmedovic, giornalista di Srebrenica, ha twittato: “Per anni ha raccolto le ossa delle vittime del genocidio di Srebrenica, sulle colline di Podrinje. Conosceva ogni centimetro dei nostri sentieri”. La ricercatrice Arnesa Buljubasic Kustura ha dedicato un tweet alla notizia, scrivendo: “Ramiz ha dedicato la sua vita a trovare i resti dei suoi vicini, amici, persone care e estranei le cui vite sono state brutalmente strappate durante il genocidio bosniaco”. Anche l’associazione Madri di Srebrenica e il direttore generale dell’ICMP Kathryne Bomberger hanno espresso il proprio dolore per la perdita.
Nel suo indomito scavare, Razim ha riportato alla luce decine e decine di resti di esseri umani travolti dalla furia umana. Un lavoro prezioso, volto a non dimenticare le vittime del genocidio di Srebrenica.
Foto: Independent.co.uk