Un viaggio a piedi per raccogliere denaro a sostegno dello sforzo di autodifesa ucraino, è la storia di Yevgen Zelik, e l’abbiamo intervistato…
Yevgen Zelik è un giovane ucraino di Vinnytsia che ha deciso di mettere il suo contributo per aiutare le Forze Armate dell’Ucraina intraprendendo un viaggio da Kiev a Zaporizhzhya. A piedi. Da solo. Lo scopo di questa escursione? Raccogliere un milione di hryvne per aiutare le associazioni dei volontari ucraini. Alla fine del suo percorso, la nostra redazione ha avuto l’occasione di parlare direttamente con lui.
Ciao, Zhenya. Come è nata l’idea di questa escursione? E perché proprio Zaporizhzhya?
L’idea del percorso nasce da un’ispirazione. Infatti, in uno dei miei post su Instagram ho scritto di un ragazzo che ha percorso 1.500 km in bicicletta e ha raccolto un milione di hryvne. Così ho pensato di fare qualcosa di simile. Ho scelto Zaporizhzhya perché quando hanno c’è stato un bombardamento su Khortytsia – l’isola più grande del fiume Dnipro nonché la patria dei Cosacchi di Zaporizhzhya – ho visto quanto fosse bella e piena di natura. E dato che amo fare le cerimonie del tè, ho pensato che avrei colto due piccioni con una fava conducendone una proprio sull’isola. Questo è il primo motivo. In secondo luogo, volevo essere più vicino alla guerra, vivere quasi sulla linea del fronte, ma non è stato possibile. A giugno era abbastanza tranquillo. E in terzo luogo, la distanza da Kiev a Zaporizhzhya è di 520 km. Questo è fantastico. Se avessi percorso solo 100 km, la gente non sarebbe rimasta colpita e quindi non sarei riuscito a raccogliere la somma da me prefissata.
Com’è stato il primo giorno? Qual è stata la reazione al primo denaro raccolto?
Ho calcolato i giorni in anticipo. In 25 giorni avrei dovuto raggiungere Zaporizhzhya. Il primo giorno è stato molto difficile, mentalmente e fisicamente. Però è stato un sollievo quando – ancor prima di avviarmi – avevo già raccolto ventimila hryvne. Il potere dei social media! Nonostante ciò, ho avuto un infortunio: il mio ginocchio si è slogato e ho pensato di mollare. Ma poi mi sono ripreso e ho deciso di andare fino in fondo anche perché verso sera avevo già centoventimila hryvne. Devo dire che il secondo giorno è stato ancora più difficile perché dubitavo di poter raggiungere la meta data la distorsione al ginocchio. Nonostante questo, sono stato molto fortunato perché arrivai a destinazione, precisamente a Stayki – un villaggio in Kyivskaya Oblast – e una famiglia mi ha accolto a casa loro, dandomi del cibo e anche delle pomate curative per il ginocchio. Mi hanno raccontato che sono la quinta generazione dei cosacchi di quel villaggio. Infatti, la loro casa è molto autentica, proprio quelle che vediamo nei film – tetto di paglia e le pareti intonacate con argilla. Sono molto grato a queste persone.
Quali erano le fermate? E qual è il posto che ti è piaciuto di più?
Considerando che quest’avventura è durata 25 giorni, le fermate erano molte. Non pensare che abbia sempre dormito a casa di qualcuno… Certe volte piantavo una tenda in qualche foresta o campo. Però tutte le persone che mi hanno accolto erano premurose ed entusiaste per quest’iniziativa. Ognuno ha aiutato secondo le proprie possibilità. Ad esempio, un imprenditore ha donato undicimila hryvne, una signora mi ha semplicemente preparato i pyrizhky per il resto del tragitto. Ma anche le persone che mi hanno offerto un pernottamento hanno reso quest’iniziativa avverabile. Se c’è una cosa che ho imparato da questa esperienza è che la guerra ci ha uniti e resi più buoni gli uni con gli altri. Infatti, dopo la guerra, uno dei miei obiettivi è quello riscoprire l’Ucraina sotto questa nuova luce.
Hai già deciso a chi andranno i soldi raccolti?
Ho pensato di dividere questi soldi in quattro parti uguali. La prima parte andrà ai miei amici che si occupano della ristrutturazione dei villaggi. Ancora duecentocinquantamila saranno di aiuto per i paramedici nell’est dell’Ucraina. La terza parte verrà spesa per i vestiti invernali destinati ad un’unità militare. Ed in fine, ho deciso di donare l’ultima parte ad una ragazza che fa volontariato per un’unità un’unità di guardie di frontiera.
So che prima del 2014 facevi parte degli ucraini russofoni e poi hai deciso di passare alla lingua di stato dopo l’EuroMaidan. Raccontami di questo passaggio.
Sono di Vinnytsia. In un contesto dove la maggior parte delle persone parlano la lingua russa è stato difficile passare all’ucraino. Infatti, nel 2014, avevo deciso di parlare entrambe le lingue e, in generale, non sentivo alcun tipo di odio o aggressione nei confronti di chi parlasse esclusivamente il russo. Però dopo il 24 febbraio, ho sentito il bisogno di parlare solo nella lingua ufficiale del mio paese per contrastare l’occupante sul mio fronte personale. Oggi parlo solo ucraino perché credo sia necessario iniziare a «riucrainizzarci» di nuovo, bisogna partire da qualcosa e la lingua è uno strumento importante. Ovviamente, vorrei sottolineare che quando ho a che fare con persone che in questo periodo fanno di tutto pur di aiutare il paese e le persone in difficoltà, mi interessa poco in che lingua si parla. I fatti contano molto di più.
Che piani hai per il futuro?
Come ho già detto, mi piace molto condurre le cerimonie del tè. Vorrei provare a farlo diventare un lavoro. Inoltre, mi interesserebbe compiere qualche iniziativa sociale volta ad aiutare i volontari ucraini. Però devo dire che mi piacerebbe anche vivere nei piccoli villaggi, vicino Kharkiv o Mykolaiv, per non dimenticarmi che la guerra c’è e ci sarà ancora per lungo.
Grazie, Zhenya. Ti auguriamo tanta fortuna per i tuoi piani.
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