Donbass Bakhmut

UCRAINA: Russi pronti a sfondare in Donbass?

Dopo la controffensiva ucraina, che a inizio settembre ha avuto luogo nelle regioni orientali del paese, portando alla liberazione di Izyum e di altre città nell’oblast’ di Kharkiv, i russi si sono visti costretti ad arretrare. La spinta ucraina, pur perdendo di intensità, non si è però arrestata. La liberazione di Lyman, avvenuta il primo ottobre scorso, ha segnato un grossa sconfitta per i russi in quanto la città, difesa dal fiume Seversky Donets e dalle paludi e foreste circostanti, rappresentava un ideale punto di difesa per le truppe di Mosca.

Perduta la città di Lyman, i russi si trovano ora sfilacciati, privi di truppe meccanizzate, costretti a  presidiare con poche riserve di fanteria leggera e vecchi tank un territorio pianeggiante e privo di difese naturali. La via di Lysyčans’k, città conquistata dai russi nel giugno scorso, è dunque aperta ma le truppe di Kiev soffrono la mancanza di carburante e rifornimenti che li costringono a rallentare l’azione per non perdere aderenza logistica. L’attesa gioca a vantaggio dei russi. La rasputiza – il rammollimento del suolo causato dalle piogge autunnali – impedirà agli ucraini un’avanzata rapida. Solo un’offensiva nelle campagne, per prendere le linee ferroviarie che collegano i territori occupati a Severodonetsk e Lysyčans’k, sembra praticabile in questi ultime settimane di guerra prima della brutta stagione.

L’unico settore in cui i russi continuano ad avere iniziativa nella regione, e a ben vedere sull’intero fronte ucraino, è Bakhmut, cittadina collocata sulla linea di contatto durante la guerra del Donbass. Larga parte delle unità mercenarie e battaglioni della Wagner sono stati inviati nelle circostanze ma conquistare Bakhmut non significherebbe conseguire un reale successo militare. Certo, la località è sulla strada di Kramatorsk ma non sembra possibile un’avanzata così profonda, data la lentezza che ha fin qui contraddistinto i russi. Potrebbe essere un successo di bandiera, ma non cambierebbe gli equilibri nella regione. Il Cremlino ha però bisogno di sventolare una vittoria di fronte alla propria opinione pubblica, sempre più tiepida verso le ragioni del conflitto.

Non sembra quindi fondato il clamore attorno alla battaglia per Bakhmut né i russi appaiono in procinto di qualche sfondamento. La battaglia di Bakhmut non è in nessun caso “decisiva per il Donbass“. Parlare con enfasi della capacità offensiva russa fa però parte della strategia comunicativa con cui il Cremlino cerca di convincere l’opinione pubblica occidentale dell’inutilità del sostegno a Kiev, mostrandosi forte e minaccioso. Quando la nostra stampa si presta, per ingenuità o connivenza, a questo gioco, non offre un degno spettacolo. Tuttavia, c’è da ritenere che il cambio di clima politico italiano ed europeo ci metterà ancora davanti a situazioni come questa. Intanto, nel Donbass, la guerra continua.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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