Mobilitazione minoranze

RUSSIA: La mobilitazione parziale sta decimando le minoranze etniche

Sebbene la Russia abbia annunciato la mobilitazione parziale, quella in corso tra le minoranze etniche sembrerebbe totale.

Il 21 settembre, il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha annunciato la mobilitazione parziale per cercare di far fronte alle battute d’arresto registrate sul campo di battaglia, nell’est e nel sud dell’Ucraina, in particolare nelle regioni di Kharkiv e di Kherson.

Sebbene il Cremlino abbia promesso di mobilitare solo riservisti con esperienza militare, in molte aree rurali quella in corso sembrerebbe una “mobilitazione totale”. Come ha affermato Samuel Ramani, ricercatore di Oxford e esperto di Russia, la mobilitazione potrebbe addirittura “rappresentare una pulizia etnica”. In effetti, l’impatto che la guerra ha avuto sulle comunità di asiatici-russi, nonché sulle minoranze, può essere definito “drastico”. Come ha evidenziato Ramani, “è più facile reclutare soldati nelle regioni più povere”, ribadendo che gran parte delle aree rurali sono economicamente svantaggiate e abitate da minoranze etniche. Il reclutamento sproporzionato di minoranze, sommato al reinsediamento degli ucraini in Russia, che Kiev definisce “deportazione”, farebbe dedurre che “uno degli obiettivi del Cremlino sia quello di rendere la Russia più bianca”, ha analizzato Ramani.

La Repubblica di Calmucchia

Il rischio che nella Federazione sia in corso una “pulizia etnica” è legato al fatto che il decreto firmato da Putin sembra essere “particolarmente spietato” nei confronti di comunità di asiatici-russi e di altre minoranze etniche, ha affermato l’autorevole testata The Diplomat. A confermare i timori sulla pulizia etnica è stato un rappresentante della fondazione Free Kalmykia, Aldar Erendjenov. Il gruppo attivista è stato fondato al fine di fornire supporto ai calmucchi in fuga dalla Russia. In tal contesto, è importante premettere che la Calmucchia, situata nel sud-ovest della Federazione, è l’unica regione europea a maggioranza buddista. Erendjenov ha dichiarato: “La sproporzione è visibile a occhio nudo”, aggiungendo che dalle regioni con alti tassi di minoranze etniche è stata registrata una quota di mobilitati maggiore di “tre, quattro volte rispetto alle regioni slave”. Erendjenov ha fatto notare che, dall’inizio della mobilitazione, la popolazione di alcuni villaggi della Calmucchia è diminuita del 20%.

La Repubblica di Buriazia

Un altro esempio è la Repubblica di Buriazia, una regione situata in Siberia e nota per essere tra le più povere della Russia. Alexandra Garmazhapova, presidente dell’organizzazione contro la guerra Free Buryatia Foundation (FBF), ha dichiarato che il volume degli avvisi di leva distribuiti in Buriatia, a fine settembre, faceva pensare ad una “mobilitazione totale”. “A riceverlo sono state persone appartenenti a diverse fasce d’età, ma anche disabili e, addirittura, persone non più in vita”, ha rivelato Garmazhapova. In almeno una segnalazione, a ricevere l’avviso di leva è stato un uomo deceduto due anni fa a causa della pandemia. “Stanno mobilitando tutti quelli che possono e li mandano in guerra”, ha detto la presidente di FBF, aggiungendo: “Questa non è una mobilitazione parziale, ma una mobilitazione completa”. Secondo i rapporti, il 21 settembre sono stati mobilitati tra i 3.000 e i 5.000 uomini dalla sola Repubblica di Buriazia. 

La Repubblica di Sakha

Maggiori dettagli sul funzionamento della mobilitazione nelle aree rurali abitate da minoranze sono stati forniti da Sakha Pacifist Association, un gruppo impegnato nel combattere la mobilitazione nella Repubblica di Sakha, una regione russa vasta indicativamente quanto l’India, situata nella taiga della Siberia nord-orientale. Sakha Pacifist Association ha sottolineato che la mobilitazione in corso “riflette la politica coloniale a lungo termine dello Stato russo e mira a ridurre la quantità delle popolazioni indigene”. “Crediamo che lo scopo sia quello di sfruttare ulteriormente le risorse naturali delle nostre terre, in particolare il petrolio e il gas”.

Gli asiatici-russi: la storia che si ripete

Palando di asiatici-russi, è rilevante sottolineare che si tratta di una comunità piuttosto estesa ed eterogenea. Secondo il censimento del 2010, la Russia ospita più di 160 gruppi etnici diversi. Tra gli altri, è rilevante citare i turcomanni, i tungusi e i calmucchi-mongoli. Anche dal punto di vista geografico, tali minoranze abitano aree eterogenee, dai calmucchi che sono presenti vicino al Caucaso settentrionale, agli alemiti divisi dal confine russo con l’Alaska. Tuttavia, uno degli elementi chiave che accomuna gli asiatici-russi e, in generale, le minoranze etniche, è che, a un certo punto della storia imperialista russa, lo Stato in espansione li ha colonizzati. The Diplomat ha spiegato che Mosca, nel tempo, “ha spesso sfruttato le vaste risorse della popolazione russo-asiatica, la quale era oppressa dal regime”. In tempi di pace, si aumentava la tassazione; in tempi bellicosi, venivano reclutati per servire l’Impero, lo stesso che li aveva colonizzati.

Quanto affermato sopra rende necessario un parallelismo storico tra la situazione attuale e i fatti della Prima Guerra mondiale, con particolare riferimento ai movimenti di resistenza delle comunità asiatiche-russe. Tra i gruppi anti-coloniali più attivi dell’Impero russo prima e dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche dopo vi è quello dei Basmachi. Si tratta di un movimento di liberazione nazionale dell’Asia centrale che nacque in risposta alla coscrizione forzata della Prima Guerra mondiale. La resistenza anti-coloniale da parte di attivisti di minoranze etniche non cessò mai del tutto, sebbene il Cremlino abbia sempre tentato di reprimere tali azioni. “È assurdo pensare al numero di attivisti incarcerati”, ha dichiarato Leyla Latypova, giornalista e studiosa della Baschiria. Come allora, gli asiatici-russi sono oggi nuovamente oggetto di leva forzata, mobilitati per combattere una guerra in Europa, a migliaia di chilometri di distanza dalla loro patria. 

Una delle prime conseguenza sono state le proteste di dissenso, come quelle spontanee registrate a Jakutsk, la capitale della Repubblica di Sakha, in Siberia. L’attivista tuvano Vasily Matenov, rappresentante del gruppo di attivisti Asiatici di Russia, ha dichiarato: “Dall’inizio della guerra in Ucraina, è stata significativa la resistenza dei popoli asiatici della Russia. La gente ha creato movimenti contro la guerra, ha partecipato a raduni e si è espressa contro il conflitto. La sensazione generale è che la mobilitazione sia una vendetta di Putin sui nostri popoli, attuata attraverso la pulizia etnica”. Tuva è una regione al confine sud-occidentale della Russia con la Cina.

Dall’inizio della mobilitazione parziale, circa 700.000 persone hanno lasciato la Russia, contro le 300.000 previste per la mobilitazione. I rifugiati non hanno molte vie di fuga. Dopo l’annuncio della mobilitazione, diversi Paesi dell’UE, tra cui le Repubbliche Baltiche, hanno sottolineato che i loro Stati non avrebbero ospitato i civili in fuga dalla leva. Al contrario, gli Stati dell’Asia centrale – soprattutto Kazakistan e Mongolia – hanno accolto i rifugiati.

Chi è Anna Peverieri

Nata nel 1996 a Fabriano, vive a Roma. Laureata magistrale in interpretariato e traduzione russa con una tesi multidisciplinare e di ricerca, dal titolo “Il genere nell’interpretazione simultanea dal russo all’italiano”. È assistente alla cattedra nel dipartimento di Scienze Politiche della LUISS. Scrive per East Journal dal maggio 2022.

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