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BALCANI: I dubbi di Bruxelles nel nuovo pacchetto allargamento

Al Pacchetto allargamento 2022 presentato a Bruxelles, la Commissione Affari esteri puntualizza i temi più urgenti per i Balcani occidentali

Mercoledì 12 ottobre la Commissione europea ha adottato il Pacchetto Allargamento per l’anno corrente, nel quale si passano in rassegna le condizioni e le criticità delle varie realtà provenienti dai Balcani occidentali (e Turchia), nell’ottica del percorso di avvicinamento a Bruxelles dei candidati in questione. La novità più rilevante riguarda l’invito della Commissione a concedere lo status di candidato alla Bosnia-Erzegovina

Bosnia-Erzegovina 

La Commissione Europea ha raccomandato lo status di candidato all’adesione all’Ue per la Bosnia-Erzegovina, decisione che dovrà ora essere approvata all’unanimità dai 27 paesi membri. Una raccomandazione significativa, che chiede al paese di adeguarsi agli standard e ai valori dell’Unione.

Il commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato – Olivér Várhelyi – ha espresso il proprio auspicio affinché il governo bosniaco introduca al più presto  una serie di misure sullo stato di diritto, contro la corruzione e per assicurare la libertà di stampa. Lo stesso Várhelyi si è poi rivolto direttamente alla classe politica bosniaca invitandola “a completare le riforme costituzionali”. Nel frattempo i giovani bosniaci, pur consapevoli che il cammino che si prospetta sarà lungo e tortuoso, festeggiano questo primo importante passo verso l’Unione europea.

Serbia

Secondo il rapporto della Commissione Europea, presentato da Várhelyi a Bruxelles, la Serbia non ha rispettato le direttive in materia di politica estera imposte dall’Unione, tanto che – si legge nella conclusione del rapporto – il grado di conformità del paese alla politica estera comunitaria dell’UE è passato dal 64% nel 2020 al 45% nel 2022. Oltre alle discrepanze in materia di politica estera, il rapporto documenta altri due snodi cruciali: il mancato rispetto da parte della Serbia delle sanzioni imposte alla Russia dall’Unione Europea, e il deterioramento delle relazioni della Serbia con i paesi limitrofi – Croazia e Montenegro in primis – al punto tale da essere definite “tese e difficili”. 

Il dossier presentato a Bruxelles solleva inoltre altre criticità importanti: gli scarsi risultati in merito alla lotta a corruzione e criminalità organizzata, il mancato avanzamento in termini di libertà di espressione e diritti umani, il clima di violenza e minacce che si respira in un’informazione pubblica sempre meno pluralista. Una polarizzazione mediatica resasi manifesta, ad esempio, nel contesto delle elezioni generali del 3 aprile scorso, o nel corso dell’organizzazione dell’EuroPride di Belgrado 2022.

Montenegro

Il rapporto presentato a Bruxelles rileva che in Montenegro gli ultimi esecutivi non hanno messo in atto le riforme necessarie per ottenere l’adesione all’Unione Europea. Per il Montenegro, candidato all’adesione dell’UE dal 2010, la priorità rimane il rispetto dei cosiddetti “interim benchmark” dello Stato di diritto. Il paese deve compiere gli sforzi necessari per risolvere la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, per migliorare la credibilità e l’affidabilità del sistema giudiziario, per garantire le libertà di espressione e mediatica –  da segnalare in tal senso le recenti proteste anti Pride tenutesi a Podgorica e sostenute dalla Chiesa Ortodossa Serba.

Alla luce della crisi politica che sta vivendo il paese in questi giorni, la Commissione sottolinea l’importanza di creare una stabilità politica duratura, una stabilità che possa a sua volta condurre ad un governo solido, con un ampio consenso politico in parlamento sulle riforme chiave da attuare.

Kosovo

La Commissione rimarca l’evidente fragilità del Parlamento e il rischio di una sua paralisi interna, confermando di fatto la valutazione del luglio 2018, chiedendo sforzi in materia di pubblica amministrazione, stato di diritto e la lotta alla corruzione. La Commissione inoltre, dichiara ancora una volta che il Kosovo ha soddisfatto i parametri per la liberalizzazione dei visti, un tema molto sentito a Pristina, e la proposta, ancora in sospeso al Consiglio, dovrebbe essere trattata con urgenza

Il rapporto sull’allargamento presentato a Bruxelles contiene anche una sezione dedicata al processo di normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo. Secondo tale sezione il dialogo tra i due paesi, nonostante gli incontri degli ultimi mesi tra i leader serbi e kosovari in merito alla spinosa questione delle targhe e della libertà di circolazione, sarebbe ancora arenato in una situazione di stallo.

Albania e Macedonia del Nord

Per quanto riguarda l’Albania e la Macedonia del Nord la Commissione ritiene che i paesi debbano intensificare ulteriormente gli sforzi nei settori chiave dello stato di diritto, della lotta alla corruzione e della lotta alla criminalità organizzata. L’Albania dovrà anche occuparsi dei diritti di proprietà, delle minoranze e della libertà di espressione.

Era il 24 marzo 2020 quando i ministri degli Affari europei diedero il loro accordo politico all’apertura dei negoziati di adesione con Tirana e Skopje, mentre il 19 luglio di quest’anno l’UE ha ufficialmente avviato i negoziati di adesione dei due paesi. Un ritardo nelle operazioni dovuto principalmente al veto imposto dalla Bulgaria sull’avvio del negoziato della Macedonia del Nord con Bruxelles, rimosso nel giugno di quest’anno, dopo un anno e mezzo. 

Speranze e realtà

Se la Bosnia-Erzegovina ottiene dunque lo status di paese candidato, andrebbe ad unirsi agli altri paesi della regione attualmente candidati: Turchia, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Albania, Ucraina e Moldova. Sebbene Pristina abbia annunciato che entro la fine dell’anno farà richiesta di adesione, il Kosovo, oltre alla Bosnia, è l’unico paese dei Balcani occidentali a cui non è ancora stato riconosciuto lo status di Paese candidato. Da segnalare inoltre che il pacchetto appena presentato è l’ultimo pacchetto allargamento che riguarda i Balcani e la Turchia: dall’anno prossimo – conseguenza del conflitto in Ucraina – sono previsti anche i rapporti su tre paesi post-sovietici: Moldova, Georgia e, appunto. Ucraina. 

Nonostante la difficile realtà, l’Alto rappresentante per la politica estera UE Josep Borrell ha sottolineato come l’aggressione russa dell’Ucraina evidenzi l’importanza cruciale del processo di allargamento dell’Unione Europea, un allargamento che assumerebbe, si spera, un nuovo significato geopolitico, dal momento che “si tratta di un investimento a lungo termine per la pace, la prosperità e la stabilità del nostro continente”. 

Foto: Unsplash/Guillaume Périgois

Chi è Paolo Garatti

Storico e filologo, classe 1983, vive in provincia di Brescia. Grande appassionato di Storia balcanica contemporanea, ha vissuto per qualche periodo tra Sarajevo e Belgrado dove ha scritto le sue tesi di laurea. Viaggiatore solitario e amante dei treni, esplora l'Est principalmente su rotaia

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