Al vaglio il piano di azione congiunto tra Serbia, Austria e Ungheria per tentare di arginare i flussi di migranti che attraversano la rotta balcanica
I leader di Serbia, Austria e Ungheria si sono incontrati lunedì 3 ottobre a Budapest per mettere a punto un piano per il contenimento dei flussi migratori che percorrono la rotta balcanica. In base a quanto dichiarato ai cronisti, il piano d’azione congiunto si snoda su diversi punti principali: lo spostamento della principale “linea di difesa” dell’UE dal confine serbo-ungherese al confine meridionale della Serbia, la creazione dei cosiddetti hotspot fuori dal territorio dell’Unione, il rafforzamento della cooperazione tra le polizie di frontiera, e un sostanziale aumento del sostegno alla Serbia per regolare il rimpatrio dei migranti irregolari verso i paesi di origine.
Le posizioni della Serbia
Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha recentemente dichiarato di voler allineare la politica della Serbia sui visti a quella dell’Unione europea. Secondo Vučić, inoltre, questo piano permetterà alla Serbia di non essere più utilizzata come paese di arrivo per coloro che intendono raggiungere illegalmente l’Unione europea.
Il presidente serbo al momento non ha specificato se tali misure verranno applicate anche ai numerosi cittadini russi che dall’inizio della guerra in Ucraina hanno visto in Belgrado un potenziale rifugio, limitandosi a dire che in Serbia, a causa del conflitto tra Mosca e Kiev, sono stati circa 17.000 i cittadini ucraini e russi che hanno ricevuto permessi di soggiorno temporanei. Il presidente Vučić è stato invece assai esplicito nel chiedere aiuto all’UE in merito alle forniture di gas, in vista del “terribile inverno” alle porte.
Cronache di frontiera
Pur inserendosi in un fenomeno – quello della rotta balcanica – da anni incandescente, gli esiti del recente meeting non si sono fatti attendere. Giovedì 6 ottobre la polizia serba ha lanciato una maxi operazione, facendo irruzione in un campo nei pressi del villaggio di Srpski Krstur, nel comune di Novi Kneževac, nella Vojvodina, e arrestando più di 200 migranti, oltre ad aver sequestrato “una certa quantità di armi e denaro”, come si legge nel comunicato del ministero. Sempre secondo il ministero, “alcuni migranti irregolari sono stati trasferiti in un centro di accoglienza, mentre altri sono stati condotti in procura”.
Pochi giorni prima, un cittadino croato di 52 anni era stato arrestato alla frontiera di Bosanski Šamac, mentre era alla guida di un camion su cui si nascondevano 30 cittadini curdi espulsi dalla Turchia. Le autorità bosniache, dopo aver preso in custodia i migranti, hanno ordinato la loro espulsione per aver tentato illegalmente di attraversare il confine.
I dati attuali della rotta balcanica
Da anni teatro di indicibili violenze e condizioni umanitarie disperate, nel 2022 la rotta balcanica è tornata ad essere, secondo le statistiche dell’Agenzia europea della guardia di frontiera Frontex, la rotta migratoria più attiva del vecchio continente. Da gennaio sono stati registrati oltre 86.000 attraversamenti irregolari di frontiera, andando quasi a raddoppiare i dati del 2021.
Sebbene i campi profughi in Macedonia del Nord, Grecia, Serbia e Bosnia Erzegovina siano già da tempo al collasso, è soprattutto la Bosnia a raccogliere migranti in condizioni sempre più precarie: pur rappresentando per molti di loro l’ultima tappa prima di entrare in Europa, la Bosnia non coincide affatto con la fine del loro viaggio. Essi infatti stazionano qui a tempo indeterminato, imprigionati in un limbo tra due mondi che scoloriscono piano piano.
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